23. Un pezzo di ghiaccio

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Sono le otto di sera e io sono pronta da più di mezz'ora. Sabrina mi ha detto che sarebbero arrivati per le otto e trenta e io scenderò in sala da pranzo esattamente per quell'ora. Anzi uscirò di camera solo quando vedrò la sua auto arrivare davanti al cancello della villa, aspetterò che entri dentro e solo allora mi presenterò in sala.

Non lo faccio perché non voglio rischiare di restare da sola con De Rossi, sia chiaro.
Semplicemente non ho voglia di aspettare giù il loro arrivo.
Annuisco per dare più convinzione ai miei pensieri.

Getto un altro sguardo al mio riflesso sul grande specchio dell'armadio di fronte al letto. Con entrambe le mani stiro nervosamente le pieghe inesistenti del tubino nero e aderente che indosso, dopodiché, visto che ci sono, do una sistematina alle forcine che trattengono i capelli, acconciati in un morbido chignon.
Non riesco a tenere le mani al posto, sono troppo in ansia. Ho le budella totalmente attorcigliate e la gola così serrata, che sono certa non riuscirò neanche a mangiare. Spero quanto meno di riuscire a parlare, almeno per i saluti. Prendo un bel respiro e butto fuori l'aria, chiudendo gli occhi e cercando di rilassarmi il più possibile.
La restante mezz'ora la passo ad arrovellarmi il cervello su come comportarmi in presenza della famiglia De Rossi al completo. Soprattutto con il capo famiglia.

Appena sento il rumore di un'auto che si avvicina alla villa mi appresto a sbirciare da dietro le tende bianche della finestra.

Una macchina sportiva di un rosso fiammante è ferma davanti al cancello della villa, riconosco subito i capelli chiari di Sabrina, sembra da sola.
Mi acciglio, non doveva venire con tutta la settima generazione dei De Rossi?

Il cancello si apre lasciandola passare. Riesco a vedere l'auto finché non inforca il viale di sinistra, verso il garage, poi la perdo di vista.
Allora cambio postazione e mi avvio verso la porta. Piano, piano la apro cercando di fare il meno rumore possibile e affaccio la testa nel corridoio deserto.
Sopra sembra non esserci nessuno, saranno tutti indaffarati in sala da pranzo e in cucina.
Aspetto di sentire il suono del campanello, infatti dopo pochi minuti il trillare del videocitofono fa scattare sull'attenti il maggiordomo, che si precipita ad aprire la porta.

Subito la voce squillante e allegra di Sabrina riempie l'atrio della villa, seguita a ruota da una vocina infantile, ma ugualmente gioiosa.
Riccardo. Sono certa sia lui.

Bene, sono arrivati i pezzi forte della serata. Direi che posso tranquillamente scendere per conoscere il piccolo De Rossi.
Rientro per un attimo in stanza per dare un ultima sbirciatina veloce al mio aspetto generale.
Mi sembra tutto a posto.
Mi avvio nuovamente verso l'uscita, ma improvvisamente i miei piedi non ne vogliono sapere di fare un solo passo. Un nome. Un colpo al cuore.

«Devlin!» il tono di Riccardo è gioviale e sono certa che stia sorridendo. A differenza mia.

«Hey campione! Ma quanto sei diventato alto?»
la voce profonda e calorosa di De Rossi fa sussultare ogni parte più sensibile del mio corpo. Il cuore, per esempio, perde un battito.

Non posso vederlo, ma lo immagino mentre si rivolge al ragazzino con un sorriso affettuoso, scompigliandogli i capelli.
Scaccio via la tenera immagine che mi si è formata in testa e lo stupido sorriso che mi è nato sulle labbra.

No, lui non è capace di tali gesti, mi convinco.
È solo un freddo e maledetto calcolatore. 

Freddo.
Ripenso alle sue labbra calde che baciano il mio corpo.
Un pezzo di ghiaccio.
La sua pelle bollente al contatto con la mia e i suoi occhi che mi accendono come una miccia pronta a esplodere.

«Dannazione» mormoro stringendo le labbra e  impedendo al mio cervello di continuare a riprodurre certe immagini fuori luogo.
Ho la gola secca e inizio ad avvertire un leggero mal di testa.

Vorrei rientrare in stanza, indossare il pigiama e fossilizzarmi sotto le coperte per tutto il resto della serata, invece mi ritrovo a scendere le scale che mi porteranno al pianterreno. Di malavoglia e con un dolore sempre più pressante alla bocca dello stomaco. Il rumore dei miei tacchi risuona sul marmo lucido del pavimento, che come il ticchettio di un orologio, sembrano scandire i secondi che mi separano dalla sala da pranzo di fronte a me.

Sento già un chiacchiericcio allegro provenire da lì, ma non sento più la voce di De Rossi.
Quando mi trovo a un passo dalle enormi porte chiuse, di un bianco lucido, mi arresto. Prendo un bel respiro, poggio le mani sui freddi pomelli dorati e con molta calma separo le due porte scorrevoli.

Noto subito il grande tavolo al centro di essa, coperto da una lunga tovaglia bianca e apparecchiato di tutto punto. In alto al centro un grande lampadario di cristallo illumina tutta la stanza. Al mio lato destro vi è un enorme vetrata che funge da parete, da sull'esterno della villa. Attraverso di essa vedo uno spiazzale con un tavolino e qualche sedia, in una di esse è seduto un bambino, sta sorseggiando qualcosa dal suo bicchiere, forse un succo.

«Belle, finalmente sei scesa. Sono appena salita in camera e non ti ho trovata, infatti!» Sabrina si avvicina a me e mi scocca due baci, uno per guancia, mentre io resto ferma immobile.

«Vieni sono impaziente di presentarti Rickey» mi afferra per una mano e mi trascina verso la vetrata, che come quella del salotto costituisce anche una porta.
Usciamo fuori e subito Riccardo mi sorride, alzandosi in piedi.

«Ciao io sono Riccardo. Ma tu puoi chiamarmi Rickey se ti fa piacere.» Il ragazzino, che credo non abbia più di undici anni, mi saluta porgendomi educatamente la mano.

«Ciao Rickey è un vero piacere conoscerti. Io sono Isabelle, ma tu puoi chiamarmi Isa» gli dico dolcemente, lui annuisce, lo vedo anche arrossire lievemente e ciò mi fa sorridere d'istinto. È alto quasi quanto me, io non sono altissima, ma lui per essere un bambino lo è. Ha due grandi occhi neri, capelli lisci, castani e la pelle olivastra. È davvero un bel bambino.

«Posso darti un bacio?» mi chiede timidamente, io rispondo affermativamente e lascio che mi baci una guancia, per poi scompigliarli affettuosamente i capelli.

Sento un movimento, come un fruscio, in prossimità del mio lato sinistro. Improvvisamente un formicolio si irradia dietro la schiena. Non c'è bisogno di spiegarmi il perché di questa sensazione, è facilmente intuibile.

Ne ho la piena consapevolezza appena i miei occhi mettono a fuoco l'alta sagoma di De Rossi.
In piedi con una spalla poggiata al muro della parete, da dentro non avevo scorto la sua imponente figura, in penombra.
Si stacca lentamente dalla parete e si avvicina a Riccardo, posando una mano sulla sua spalla.
Adesso che è illuminato dalla luce dei piccoli lampioni posso vederlo in tutto il suo infernale splendore.

Se solo tu volessi potresti renderlo finalmente felice, Isabelle.”

Questo è ciò che penso appena i miei occhi incrociano i suoi.

🌹🌹🌹
Raga, ma sti personaggi che ho scelto vi piacciono almeno un po'? Fatemi sapere💕

Mia per vendettaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora