36. Un tuo bacio può uccidermi?

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«Comunque ho una cosa da darti. Così almeno eviterai di usare impropriamente il mio cellulare» mi dice mentre entriamo nel vialetto della villa.

«Davvero e cosa sarebbe?»
Sono proprio curiosa di saperlo.

«Vedrai appena arriveremo in casa.»

«Ok. Comunque per cosa ti serviva il mio aiuto?»

«Mmh?» Devlin si acciglia rivolgendomi un'occhiata interrogativa.

«Hai detto che ti serviva il mio aiuto ancora per una sera. Mi piacerebbe sapere per cosa.»

Non risponde subito, aspetta di aver parcheggiato l'auto in garage e di essere entrati in casa prima di farlo.

«Domani sera al casinò di tuo padre ci saranno ospiti importanti. Vorrei che mi accompagnassi.»

«Ah sì? In quanto prigioniera o in quanto finta fidanzata?»

«In quanto donna libera di scegliere ciò che più desidera.» È serio. I suoi occhi, che attraverso i miei mi fanno tremare l'anima, lo sono. Penso alla risposta da dargli anche se in cuor mio già so ciò che voglio fare.
«Verrò con te, ma a una condizione.»

Lui annuisce. «Dimmela allora.»

«Voglio stare insieme alla mia famiglia. Potrai comunque contare sul mio aiuto, ma non puoi tenermi ancora segregata in casa. Capisci anche tu l'assurdità della cosa. Sai quante volte ho avuto la possibilità di scappare? Ma non l'ho mai fatto. Merito la tua fiducia.»
Ecco l'ho messo al corrente della mia condizione. Quale migliore occasione per farlo se non questa?

«Ok. Parliamone meglio nel mio studio.» Mi fa strada verso l'ascensore situato tra le due scale che portano al piano superiore. Entriamo e saliamo fino al quarto piano. Questo posto più che una villa sembra un hotel per quanto è grande. In questo piano non vi ero mai salita. L'ascensore si ferma proprio davanti a una grande sala dalle pareti interamente di vetro e dal pavimento di un nero talmente lucido che i raggi del sole lo fanno brillare come uno specchio . Al centro vi è un lungo tavolo rettangolare anch'esso in vetro con almeno dodici sedie di colore nero, pochi mobili, tutti tra il bianco e il nero, occupano strategicamente la sala. Lo stile è moderno e minimal come tutta la villa del resto. Devlin poggia una mano sulla mia schiena e mi invita a proseguire verso sinistra, dove intravedo quello che deve essere il suo studio, attraverso la vetrata.
Mi guardo ancora un attimo intorno, mentre Devlin apre la porta. Fuori dalla sala intravedo un'enorme terrazza con qualche pianta qua e là, un piccolo tavolino rotondo e diverse sedie sdraio.

«Prego, accomodati.» Devlin mi distrae dall'accurata ispezione e mi fa segno di entrare all'interno dello studio. Mi siedo in una delle due poltrone in pelle nera situate di fronte alla scrivania. Lui prima di sedersi fa tappa al tavolinetto dei liquori e si versa qualcosa nel bicchiere.

«Vuoi qualcosa da bere?»

«Sì, grazie.»

«Preferenze?» mi chiede riferendosi ai vari liquori sul tavolino. Io scuoto il capo.

«Fai tu... comunque ritornando al discorso di prima... sei d'accordo con ciò che ti ho detto?»

Lui mi porge il bicchiere e si siede di fronte a me.

«Chi mi dice che non correrai a denunciarmi una volta che tornerai al sicuro dalla tua famiglia?» mi domanda mentre fa roteare distrattamente il contenuto del bicchiere.

«Il tuo cuore, Devlin.» Alla mia risposta i suoi occhi blu si posano su di me.

«Fai troppo affidamento su di esso. In fondo è solo un muscolo non la macchina della verità.»

Mia per vendettaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora