91. Genevieve

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Genevieve

Sono quasi le due e io sono ancora al casinò, arriverò in ritardo da mia sorella. Purtroppo ho finito adesso di sbrigare le mie mansioni. Ho giusto il tempo di cambiarmi nello spogliatoio del mio ufficio. Tolgo l'uniforme da lavoro e indosso velocemente un paio di jeans e un top, non mi va di andare in giro con un cartellino che porta su il mio nome.
Dopo aver finito passo in ufficio da papà per informarlo che sto per uscire. Busso alla porta semi-aperta.

«Papà?»

Lui alza gli occhi dalla marea di scartoffie che ha sopra la scrivania.  «Dimmi.»

«Ho bisogno di due ore libere. È un problema per te?»

Lui mi osserva per qualche secondo, aspira una boccata di fumo dal sigaro. «Cosa devi fare?»

Qui viene il bello. Devo decidere in tipo cinque secondi se dirgli la verità oppure una bugia. Mi passo una mano sui jeans. Non sono molto brava a inventare le bugie, quindi...

«Devo vedermi con Belle. Perciò... vado da lei.»

Lui si raddrizza sulla poltrona. «Da lei? Da lei dove?»

Sento un pizzico di risentimento nella sua voce.

«Nella villa di De Rossi. Ormai è casa sua, no?»

«Casa sua è la stessa casa in cui abiti tu.» Punta l'indice verso di me. «Non dimenticarlo, Genevieve.»

Annuisco, ma poi non riesco a non dirglielo perché sinceramente la sua aria di superiorità mi disturba.

«Stanno per sposarsi, quindi non credi che diventerà a tutti gli effetti casa sua dopo che ciò avverrà?»

A questo punto la sua espressione si trasforma in qualcosa di memorabile. Il sigaro quasi non gli cade dalla bocca tanto sono lo stupore e lo sgomento.

Non te lo aspettavi, eh papà? Colpito e affondato.

«Cosa hai detto? Ripetilo.»

«Belle e Devlin De Rossi stanno per sposarsi. È per questo che sto andando da lei.»

Chiaro, non me lo ha ancora detto ma sono sicura che sia per questo che mi ha invitato da lei. Lui comunque si lascia ricadere sulla poltrona. Sembra che sia andato quasi in trance.  Si toglie il sigaro dalla bocca e lo spegne nel posacenere. È proprio un duro colpo per lui, ma ben gli sta.

«Se ti fossi comportato bene con lei te lo avrebbe detto, non trovi?» dico appoggiandomi allo stipite della porta con le braccia incrociate al petto. Non mi importa di mettere il dito nella piaga se lo merita. Il modo in cui l'ha trattata la sera della cena è stato deplorevole.

«Vai, Genevieve. Prenditi tutto il giorno libero se ti serve. Non ho bisogno di te per oggi.»

«Benissimo. Ciao papà.»

Lui non risponde, ma questo era ovvio. Com'è ovvio che passerà tutto il pomeriggio a rimuginare su ciò che gli ho appena detto. Spero che faccia tesoro delle mie parole e che non usi l'informazione contro di loro, ma che capisca di aver sbagliato e di aver quasi perso una figlia, probabilmente. Perché sono certa che Belle non vorrà dirgli del matrimonio, bisognerà fare un lavoro enorme per convincerla. Se lo inviterà lo farà per me e per la mamma, non di certo per lui dato che non se lo merita.

Mia per vendettaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora