40. Su questo letto a fare cose

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Le prime cose che mi saltano all'occhio sono due chiavi, che spero siano dello studio. A questo punto, dato che le ho trovate, la cosa migliore sarebbe chiudere il portagioie e riporlo al suo posto, ma qualcosa di ben diverso e senza dubbio più particolare delle chiavi attira la mia attenzione. Prendo il piccolo oggetto e lo rigiro tra le miei dita. È una sottile catenella d'oro, di quelle che si vedevano una volta, con un ciondolo dorato portafoto, grande come un chicco d'uva più o meno. Lo giro dal lato opposto e proprio lì vi scopro una breve incisione: “Famiglia”, scritto in un elegante corsivo. “B, D e V ” tre lettere o più probabilmente le iniziali di tre nomi, incise poco più sotto.

«Famiglia» ripeto accarezzandone le lettere. È scritto in italiano. Forse un regalo di Vittorio De Rossi, il suo patrigno? La mia domanda trova una risposta non appena apro il ciondolo d'oro. E altre mille domande prendono il posto della precedente.

La piccola foto di un bambino di all'incirca due anni cattura i miei occhi e io lo riconosco immediatamente. Grandi occhi di un intenso blu scuro, capelli ricciuti, neri come il carbone e due guanciotte paffute e rosee.

«Devlin» mormoro e mi viene da sorridere. Era un bimbo davvero bellissimo e il suo sorriso tenero e spensierato mi colpisce al cuore. Mi concentro sulla foto di sinistra, che invece raffigura una giovane ragazza di non più di diciotto anni. I capelli sono biondi come l'oro, ma gli occhi... gli occhi sono quelli di Devlin.

«Oh. Mio. Dio. È sua madre.» Deglutisco a fatica e chiudo di scatto il ciondolo; non riesco a guardarlo oltre. Un nodo mi si forma alla gola e sono quasi tentata di riporre tutto al posto e di uscire da questa camera, però, non ci riesco. È come se una forza a me sconosciuta mi obbligasse ad andare avanti. Passo le mani sudate sui jeans e riprendo a ispezionare il contenuto del portagioie. C'è un piccolo cofanetto in velluto rosso, lo apro e dentro trovo un anello con un diamante al centro. Semplice e meraviglioso. Che fosse di sua madre? Non ne sono certa, ma per essere qui dentro probabile che la risposta sia affermativa. Lo roteo con la massima delicatezza e noto che anche all'interno di esso vi è un'incisione, ma che a differenza della collana qui vi è incisa quella che suppongo sia una data: “21-04-1989”. Che sia la data di un fidanzamento o di un matrimonio? Cerco di trovare una possibile spiegazione controllando ancora all'interno dello scrigno. L' unica cose che trovo, però, è una foto.
Raffigura la stessa ragazza del ciondolo, solo un po' più giovane, ma tanto bella da sembrare un angelo. È seduta su uno scooter, con un vestitino bianco a fiori rosa scuro e due lunghe trecce a incorniciare il viso perfetto e sorridente. Sembra così felice in questa foto e io più la osservo e più noto l'incredibile somiglianza con Devlin. Stesse labbra, stesso sorriso.

Giro la foto, magari trovo qualcosa scritto dietro come si usa fare spesso.

“Estate 1988
Non dimenticarmi mai V.
Tua per sempre,
Beatrice De Santis.”

Ecco infatti cosa vi trovo scritto a penna.
Tutto ciò che ho trovato non fa altro che confondermi ulteriormente. Domande su domande si accumulano senza trovare risposta alcuna.
Beatrice De Santis è senza dubbio sua madre biologica. Ma chi è questo fantomatico V? Un uomo suppongo. Il padre di Devlin, forse?
Più scopro meno ne capisco.

Mi massaggio le tempie doloranti, tutte queste scoperte in una sola volta, tutti questi misteri che mi portano a pormi altrettante domande, mi hanno fatto venire un gran mal di testa. Credo che per oggi possa bastare così, non me la sento di indagare oltre. Ripongo tutto nel portagioie, comprese le chiavi, e rimetto tutto al posto richiudendo la finestra.

Sono oltremodo confusa e avida di risposte. Mi chiedo come faccia Devlin stesso a convivere con tutto questo complicato, intricato mistero che è la sua vita precedente all'adozione dei De Rossi. Mi chiedo se abbia mai indagato sul suo passato e magari scoperto il nome del suo vero padre. Vorrei tanto chiederglielo, ma non mi arrischio a farlo. Se mai scoprisse che ho curiosato tra le sue cose taglierebbe i ponti con me e io non voglio che succeda. Proprio ora che abbiamo trovato un certo equilibrio.

«Isabelle.» La sua voce profonda e totalmente inaspettata mi fa saltare in aria come se avessi una bomba a orologeria sotto al sedere.

«Eh?» farfuglio rimettendomi in piedi e guardandolo con gli occhi sgranati.

Lui mi guarda interrogativo.

«Rilassati ragazza. Ti ho spaventata?» mi dice appoggiando la spalla allo stipite della porta.

“Sì, cazzo! Se mai fossi entrato cinque minuti prima mi avresti trovato con le mani nel sacco.”

«No. Sei... tornato presto» butto lì la prima frase che mi è venuta in mente.

«Presto?» guarda l'orologio che ha al polso «tre ore passate a sorbirmi le inutili chiacchiere di mister Reeds per me equivalgono a un'eternità.» Rotea gli occhi e inizia ad allentare la cravatta.

Tre ore? Sono passate tre ore da quando sono entrata in questa stanza? Beh, se si calcola il tempo che ho perso a cercare le chiavi direi che è più che possibile.

«Non lo conosco questo mister e qualcosa.»

«Per tua fortuna.» Sorride di sbieco e mi lancia la sua cravatta addosso.

«E cosa stavi facendo tu dentro la mia camera da letto?» mi chiede assottigliando gli occhi.

Io divento rigida come un pezzo di legno. Rigiro la cravatta tra le dita, che iniziano a sudare.

«Io? Ehm... niente, il letto è comodo e...»

«Stavi ripensando a ieri, uhm?» si avvicina lentamente e io sento il mio copro vibrare. «A me e te... su questo letto a fare cose» sussurra al mio orecchio, stringendo i miei fianchi con le sue mani calde. Il mio cervello comincia a mal funzionare e questo non è proprio un buon momento.

«A fare cose cosa?» Sto al gioco. Tutto pur di non fargli scoprire la verità.

«Vuoi che ti faccia un disegnino? O forse sarebbe meglio rinfrescarti la memoria in un modo più... esplicativo?» Lecca il lobo del mio orecchio sinistro per poi mordicchiarlo. La sua voce profonda mi fa rabbrividire in modo indecente.

«Tutto dipende da quanto sei bravo a disegnare.»

Ride sul mio collo.

«Allora uscirebbe fuori una vera schifezza.»

Rido a mia volta e porto la mia mano ad accarezzargli la testa, le mie dita affondano tra i suoi folti capelli.

«Beh, se la poni in questo modo allora meglio che utilizzi un modo più esplicativo.»

«Tipo strapparti di dosso i vestiti e schiacciarti su quel letto?» mi chiede. La voce arrocchita dal desiderio, mentre porta i suoi occhi a scrutare i miei.

«Certo. Ma sarò io a strapparti i vestiti di dosso e a schiacciarti su quel letto. Se non ti dispiace» controbatto afferandolo per la camicia con entrambe le mani. La sua espressione si fa di colpo seria, le pupille si dilatano e ogni parte del suo corpo mi risponde senza bisogno di parlare.

«Sono tutto tuo.» È serio. E io ci credo. Cazzo, se ci credo.

«Sì» annuisco con sicurezza «lo sei.»

Non aggiungo altro, i miei occhi si incatenano ai suoi.
Con un colpo secco e deciso apro i due lembi della sua camicia bianca di alta sartoria. Il rumore dei bottoni che si strappano e cadono sul pavimento riecheggia per tutta la stanza. Le nostre labbra si uniscono con la forza di un desiderio selvaggio e incontrollabile, esattamente come poco dopo fanno i nostri corpi avvinghiati e uniti in uno solo.

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Buon pomeriggio bimbe belle💕
Volevo informarvi che il tempo per scrivere è davvero limitato per via del lavoro, però  continuerò ad aggiornare la storia, ovviamente e cercherò di non farvi aspettare tanto.
Spero di riuscire ad aggiornare una volta a settimana almeno.
Fatemi sapere se vi va bene💎.
Ah, comunque se volete seguirmi su instagram il nome è sempre uguale: LadyBlackie98.
Un bacio e al prossimo capitolo!❤

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