41. Sei la mia Dea

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Fisso il mio riflesso allo specchio e, come al solito, non riesco a ritenermi soddisfatta del mio aspetto finale.
Mi giro quel tanto che basta per mettere in mostra le mie spalle e la mia schiena nuda. Mi mordo l'interno di una guancia, dubbiosa. Forse questo abito rosso scuro è un po' troppo provocante. La scollatura a U lascia scoperta gran parte della schiena, davanti invece le bretelle sono intrecciate a formare una X e lo scollo è a cuore. Un profondo spacco sul lato destro lascia la gamba e la coscia scoperta quando cammino, lasciando intravedere un paio di décolleté nere intrecciate fino a sopra la caviglia.
Io personalmente non so se lo avrei mai scelto, ma è stato un regalo. Lo ha scelto del suo colore preferito. Faccio un sorriso sghembo e mi appresto a ritoccare le labbra con un rossetto bordeaux, opaco, prima che lo senta urlare dalle scale impaziente di vedermi scendere; sono chiusa dentro questa stanza da almeno tre ore.

Una miriade di sensazioni mi si annidano dentro. Stasera rivedrò la mia famiglia per la prima volta dopo quasi tre mesi. Sono emozionata ma allo stesso tempo nervosa, perché non so come reagiranno. Sono certa che odino Devlin, poiché credono che per tutto questo tempo lui mi abbia tenuta come una specie di prigioniera. Ma io so che non è così, forse all'inizio ma adesso mi sento tutto fuorché una reclusa. Certo è pur vero che la nostra storia è iniziata col piede sbagliato e per avermi rapita meriterebbe sicuramente una punizione, ma oramai io qui mi sento a casa.
Non sarà facile farlo capire alla mia famiglia, ci vorranno giorni, mesi se non anni per riuscire a fargli apprezzare un uomo come Devlin. Un De Rossi.
Per mio padre Mike è il meglio del meglio. L'uomo ideale. Aveva progettato tutto. Matrimonio, figli, gestione del casino. Tutto. Senza mai chiedermi se questo era ciò che realmente desideravo.
Non avendo altri metri di paragone, ed essendo lui il mio primo e unico fidanzato, a me andava pure bene fare tutti questi progetti in grande. Ma adesso... sospiro.
Solo adesso mi rendo conto che non era quello che volevo. Che Michael non è l'uomo che desidero al mio fianco. Non più. Lui stesso in questi tre anni non ha fatto altro che assecondare il volere di mio padre. Il carattere forte e autorevole di quest'ultimo hanno sempre prevalso sul suo più mite e accondiscendente.
Ormai stavano insieme per abitudine, come una coppia sposata da anni e anni. Nulla di nuovo, nulla di diverso, nulla di speciale.
E sono certa che se anche tra me e Devlin non dovesse funzionare io non ritornerei più con Mike, perché ho finalmente capito ciò che voglio. E non è di certo lui.

«... signorina Isabelle?»

Continua a fissare lo specchio, mentre sono seduta sul letto e non mi accorgo immediatamente della ragazza dai capelli ramati che è appena entrata timidamente nella stanza.

«Signorina Isabelle?» La sua voce è delicata e mi distoglie a fatica dai miei pensieri.

«Mmh?» La guardo confusa, lei mi fa un piccolo sorriso. Per un nano secondo credo che la ragazza davanti a me sia quella stronza di Emilia, ma poi mi ricordo che che al momento è in ferie in Italia.

«Mi scusi, ma il signor De Rossi vorrebbe sapere se è pronta. Siete in ritardo» mi fa presente, timida.

«Sì, sì sono pronta. Per favore riferiscigli che sto per scendere, Elvira.»

Lei annuisce e fa come le ho detto.
Elvira è la sorella gemella di Emilia. Sono quasi identiche fuori, ma caratterialmente sono l'esatto opposto. Per fortuna, aggiungerei. Quando meno lei non si scopa il padone di casa.

Mi affretto a scendere le scale e lo trovo ad aspettarmi nell'atrio. Sta battendo un piede, impaziente, sul pavimento mentre passa una mano tra i capelli, scompigliandoli inevitabilmente. Appena capta la mia presenza si blocca e prende a fissarmi da capo a piedi con mal celata approvazione. Io, dal canto mio, faccio lo stesso. Il completo nero, come la sottile cravatta e le scarpe lucide, che indossa sembra sia stato dipinto sulla sua pelle dalla mano esperta di un pittore. La camicia, quasi dello stesso colore del mio vestito, gli dona particolarmente e fa pendant con il fazzoletto nel taschino della giacca. Risalgo i miei occhi verso i suoi e li trovo a fissare i miei con malizioso e inequivocabile desiderio. Stringo le labbra e abbasso di un poco il capo per nascondergli meglio il sorriso che è affiorato sulle mie labbra.

Lo sento schiarirsi la voce. «Andiamo?» Mi porge il braccio e io poggio la mano sui suoi muscoli saldi. «Certo.» Annuisco.

Sento il suo sguardo su di me per tutta la durata del tragitto, dal vialetto fino a quando saliamo in auto.
Beh, devo ammettere che sinceramente mi aspettavo almeno un blando complimento. Anche un semplice "Sei bellissima" o qualcosa del genere insomma. Ma fa niente, non mi offendo.

«Sei pronto ad affrontare il branco?» chiedo ironica una volta arrivati di fronte al Casino di mio padre.

«Io sono sempre pronto, tesoro.» Lo sguardo intenso che mi lancia lascia libero spazio alla mia immaginazione. Ridacchio, intanto che osservo l'esterno del Casinò. Devo dire che mi è mancato venire qui. Ho sempre adorato osservarlo la sera, quando tutte le luci sono accesse creano un'ambientazione quasi magica. Le fontane che grondano acqua luminosa, le miniature del Louvre e della Tour Eiffel che cambiano colore e il grande palazzo che rappresenta fedelmente la Reggia di Versailles. Sembra di stare davvero in Francia.

«Signorina LaCroix è un piacere rivederla dopo tutto questo tempo.» William, il ragazzo addetto alle auto dei clienti, elargisce un grande sorriso nella mia direzione.

«Grazie Willy, vale lo stesso per me.»

Continua a fissarmi come se fosse imbambolato.

«Sì, sì Willy Wonka vedi di affrettarti a fare il tuo lavoro.» Devlin si posiziona davanti a me e gli lancia le chiavi della sua auto, irritato.

Il ragazzo le afferra goffamente rischiando più d'una volta di farle cadere al suolo.

«E vedi di non rigarla» gli intima avvicinandosi e puntandogli il dito contro con fare minaccioso.

«S-sì signore.» Le orecchie del povero ragazzo diventano rosse quasi quanto al mio vestito, mentre si affretta a eseguire gli ordini. Roteo gli occhi.

«Certo che sei stronzo, però. Farai così con tutti quelli che oseranno posare lo sguardo su di me?»

«Mmh. Probabile.»

Gli do una spallata e lui ridacchia.

«Sei stato tu a scegliere questo abito, è colpa tua.»

«E allora? La bellezza non va nascosta, ma valorizzata. E tu...» I suoi occhi intensi catturano i miei, la sua voce calda e sensuale si apre un varco tra le profondità più nascoste del mio cuore «tu sei bella come una Dea. La mia Dea. Che sia solo per un giorno, per un mese o per tutta la vita.»

Le sue parole mi fanno vibrare come la corda di un violino. Desideravo solo che mi facesse uno stupido complimento, invece, ha fatto molto di più. Mi ha pericolosamente lasciato intravedere una piccola crepa nella dura corazza in cui si è trincerato finora.

Mia per vendettaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora