16.
«A che cazzo di gioco stai giocando De Rossi?» sbotto io spingendolo lontano dal mio corpo e alzandomi di scatto dal divano.
Le sue sorelle sono andate via quasi subito, Valentina non ha preso bene la notizia. Per niente. Ora siamo rimasti da soli in salotto.
«Prego?»
Lo guardo in cagnesco.
«Cos'è adesso fingi anche di non capire? Sai benissimo di cosa sto parlando!» sbraito mettendomi di fronte a lui.
Fa una risata cupa e si accarezza il mento.
«Innanzi tutto fossi in te eviterei di adottare questo tono nei miei confronti, dato che la tua incolumità è già abbastanza in pericolo» la sua espressione si fa più seria «non peggiorare la situazione, Belle» termina alzandosi in piedi e fronteggiandomi.
La sua altezza e la prestanza fisica mi sovrastano, facendomi sembrare un nanetto da giardino in confronto. Nonostante ciò, però, non mi sento per niente intimorita da lui. Sono troppo arrabbiata per poter provare qualsiasi altra emozione.
«Stai scherzando spero. Se pensi che me ne starò zitta e buona mentre tu farnetichi con le tue cazzate ti sbagli di grosso» gli urlo contro spingendolo dal petto. Lui non si scompone minimamente. Il suo volto è una maschera inespressiva ora.
«Invece ti stupirà sapere che mi aspettavo una reazione del genere. Tu non sai stare zitta e buona.»
Metto le mani sui fianchi per evitare di tirargli un pugno in mezzo agli occhi.
«Certo stupido coglione. Come ti salta in mente di dire alle tue sorelle che siamo fidanzati? La mia opinione non conta un cazzo per te, giusto?»
Vedo i suoi occhi scurirsi e stringersi in due fessure minacciose.
«Senti Isabelle lascia che metta in chiaro un paio di cosette: primo non deve più permetterti di utilizzare certi termini nei miei riguardi e non voglio ripetertelo ancora, perché adesso mi sono seriamente stancato. Uomo avvisato mezzo salvato» dice abbassandosi verso di me, cosicché il suo viso sia all'altezza del mio. Io cerco di restare impassibile.
«Secondo: non credere che mi faccia piacere far sapere in giro che un De Rossi, il quale sono, sta insieme a una LaCroix, ma è un sacrificio che devo fare per entrare meglio a far parte della tua famiglia.»
Questo secondo punto mi fa storcere il naso ancora più del primo.
«Che cosa significa far parte della mia famiglia? Spiegati una volta per tutte, dannazione a te!»
Lui mi fulmina con i suoi occhi penetranti, ma comunque evita di riproverarmi ancora.
«Faccio parte del Casino Versailles tanto quanto tuo padre, adesso.»
Mentre mi mette al corrente di questa catastrofe un sorriso cattivo deforma i suoi linearmenti perfetti.
Gode nel farmi soffrire, il bastardo.
Mi sforzo di mantenere una calma che forse non ho mai posseduto nella mia vita.
«Come diavolo è possibile?»
«Siamo soci. Ora ti è più chiaro?» mi chiede ironico, alzando un sopracciglio.
Dio, quanto vorrei togliergli quell'espressione di superiorità dal viso. A suon di schiaffi, magari.
Mi sento male. Mi manca l'aria.
Stringo forte i pugni e chiudo per un attimo gli occhi prendendo un profondo respiro.
«È questo ciò che vuoi? Stai facendo tutto questo per avere il casinò si mio padre? Che cosa te ne fai, non ti basta il tuo?»
«Non voglio il casinò di tuo padre» dice scuotendo la testa e io sono sempre più confusa.
«Allora perché lo fai?» sbotto allargando le braccia.
«Non posso e non voglio dirtelo. L'unica cosa che ti basta sapere è che adesso che sono il nuovo socio di tuo padre dovrai venire con me al casinò. Sarai la mia fidanzata agli occhi dei clienti di tuo padre.»
La sua affermazione sembra non ammettere repliche. Scuoto la testa e lo guardo con astio.
«Non puoi chiedermi questo. Cazzo, mi hai rapita, mi hai portata in casa tua con l’inganno e ora mi dici anche che devo fingere di essere la tua dolce metà? Tu sei fuori di testa. Stai facendo di tutto per rovinare la mia famiglia e seppure io non possa far nulla per fermarti sappi che non sarò mai tua complice. Hai capito? Non parteciperò alla rovina della mia famiglia solo perché un pazzo criminale come te me lo impone!»
Lo strattono forte per la camicia, con entrambe le mani strette a pugno, tanto da far saltare un paio di bottoni appena sotto il colletto. La mia voce è alta, sta tremando per la rabbia.
Lui copre le mie mani con le sue e le strappa dalla sua camicia, portandomele dietro la schiena e bloccandomi ogni movimento.
I suoi occhi adesso brillano di una luce maliziosa.
Ride.
E la sua risata roca mi ferisce le orecchie.
«Tu non capisci, mia cara. Adesso te lo piego meglio: sarà proprio se non farai esattamente come ti dico io che la tua famiglia finirà in rovina. Io non voglio farvi del male, semplicemente mi servite per i miei scopi. Tutto qui. E se ognuno di voi svolgerà adeguatamente il proprio compito allora io, quando avrò terminato il mio lavoro, vi lascerò liberi» mi spiega, e le sue labbra sono così vicine da sentire il suo alito caldo solleticare le mie.
Deglutisco.
«Stai scombussolando l'intera esistenza di una famiglia solo per i tuoi fottuti scopi.»
Sputo queste parole con disprezzo. Rimarcando ogni singola sillaba.
«Tuo padre me lo deve.»
«E va bene, ammetto di non sapere in cosa tu e mio padre siate invischiati, quindi mettiamo il caso che mio padre te lo debba. Però perché mettere in mezzo tutta la sua famiglia? Perché mettere in mezzo me?»
«Perché la gente si chiederà come mai un LaCroix è in società con un De Rossi. Sei fondamentale Isabelle. Più di tutti gli altri» mi risponde dopo una breve pausa fatta di sguardi penetranti ed enigmatici.
«Non capisco.» La mia voce è maledettamente roca.
«Isabelle LaCroix si è perdutamente innamorata di Devlin De Rossi tanto che ha lasciato il suo ragazzo per lui» esordisce, concludendo con un mezzo sorriso soddisfatto.
«Cosa? Guarda che io e Mike non stiamo più insieme da un mese.»
Lui alza le spalle.
«Tanto meglio. Ora faccio parte della famiglia. Sarà facile pensare che sia questo il motivo per cui tuo padre mi ha integrato come socio.»
Stringo le labbra e con uno strattone mi libero dalla sua presa per niente salda.
«Sei un dannato calcolatore. C'è qualcosa che non riesci a tenere sotto controllo nella tua fottuta vita, eh?» Lo spingo in un impeto di rabbia e lui prontamente mi riblocca le mani attirandomi più vicino a sé.
«No» sussurra chinandosi verso di me.
Le sue labbra carnose si producono in un mezzo sorriso attirando l'attenzione dei miei occhi, che inevitabilmente si concentrano sul loro lento movimento.
«Sicuro?» chiedo alzando un sopracciglio.
«Tutto è sotto il mio controllo. Anche tu, Belle» scandisce bene il mio nome per poi leccarsi le labbra subito dopo.
Il cuore prende a palpitarmi più velocemente nel petto e fatico a respirare.
Mi rendo conto di colpo della sua pericolosa vicinanza. Del suo corpo duro che mi sovrasta, riempiendomi di un calore che si impossessa prepotentemente delle mie guance, riscaldandole e colorandole di rosso. Un calore sbagliato, fuori luogo, ma che mio malgrado si irradia per tutto il corpo.
«Aspetta e spera De Rossi.»
«Sperare non fanno parte del mio vocabolario. Io non spero di avere qualcosa da te» e nel dirlo preme una mano al centro della mia schiena e spinge il mio corpo ancora di più al suo. «Qualcosa che già ho.»
La sua voce roca solletica il mio corpo come una carezza peccaminosa.
Io faccio una risata nervosa.
«Davvero, De Rossi, se ci fosse un’altra al posto mio saresti più credibile.»
«Inoltre devi imparare a crescere. Sei una donna adulta ormai e non ti si possono più perdonare certe marachelle» continua lui ignorando le mie parole.
«Parli del piccolo scherzetto del bagno? Beh, te lo sei meritato.»
«Devi tenere bene a mente che a ogni azione corrisponde una reazione. Il tuo è stato un gesto infantile oltre che assai fastidioso. Forse dovrei iniziare a trattarti come una bimbetta capricciosa, che ne pensi?»
Deglutisco a fatica, la gola si fa improvvisamente secca.
«Cosa intendi?»
«Ti devo delle sculacciate, Belle. Forse è arrivato il momento di accontentarti.»
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Mia per vendetta
ChickLit⚠️La storia è in revisione, quindi se trovate incongruenze è perché la sto modificando Si odiano, ma sono inevitabilmente attratti l'uno dall'altra. ..... "Amore mio starò via solo cinque minuti" così gli disse sua madre, mentre erano di fronte all...