14. Tu non mi dai ordini

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De Rossi si stacca da me rimettendomi a terra. Le gambe mi tremano e io sono costretta a tenermi alle sue braccia.
La vergogna che sto provando in questo momento è quasi palpabile. Getto uno sguardo veloce al suo volto, lui a differenza mia non sembra per niente imbarazzato.

«Che ci fate qui?» chiede brusco girando il volto nella direzione della porta, mentre mi tiene ancora per i fianchi.
Il suo corpo, nudo, davanti a me copre la visuale e quindi non riesco a vedere chi è entrato in stanza. Dalla voce si tratta indubbiamente di una donna.

«Siamo di passaggio a Las Vegas e abbiamo pensato di venire a far visita al nostro fratellone.»

Io sgrano leggermente gli occhi.
Fratellone? Voglio morire.
L'idea che le sue sorelle ci abbiano trovato a fare... cose, mi fa provare un imbarazzo esagerato.
Vorrei sprofondare nel pavimento.
Ringrazio la presenza massiccia di De Rossi che nasconde quasi interamente la mia figura agli occhi delle ragazze.

«Beh, avreste potuto aspettare giù, anziché fare irruzione nella mia stanza» sbotta lui spostandomi di scatto dalla porta del bagno e aprendola per entrarci dentro.
Stronzo.
Bastardo.
Ti uccido.

«Che palle, come sei scorbutico. Volevamo farti una sorpresa, mica pensavamo che ti avremmo trovato con le chiappe al vento» dice la ragazza alta e bionda sbuffando.

«Bene ma adesso uscite e fatemi rivestire» risponde lui dal bagno.

Ma lei non lo ascolta.
Io dal canto mio resto immobile come una statua di cera.
Ora che non c'è più lui davanti a me la mia visuale è libera e di conseguenza anche quella delle sue sorelle. Una è dentro la stanza, l'altra, invece, è rimasta “gentilmente” fuori.
Mi sento dannatamente a disagio, resto di fronte a loro senza articolare mezza parola, in compenso, però, cerco di rendermi il più presentabile possibile lisciando le innumerevoli pieghe del vestitino corto e totalmente stropicciato, inoltre è ancora umido perciò aderisce al mio corpo come una seconda pelle.
Dal canto suo la sorella dentro la stanza mi osserva con un certo interesse.
Poi un allegro sorriso si forma sul suo bel viso abbronzato e a passo deciso si avvicina a me porgendomi la mano.

«Ciao! Io sono...»

«Sabrina!»
La voce ferma e perentoria di suo fratello dal bagno ci fa sussultare entrambe.

«Okay, credo che sia meglio sloggiare prima che si incazzi sul serio» mi dice lei a voce bassa, le scappa anche un risolino a frase terminata e io mi chiedo che cosa ci sia da ridere.

«Ti lascio da sola con lui, magari riesci a calmarlo» termina, schiacciandomi l'occhio e facendomi un sorriso malizioso, poi esce dalla stanza richiudendo la porta alla sue spalle.

«Non ce la posso fare» dico, scuotendo la testa ancora stordita e soprattutto imbarazzata dalle parole di Sabrina, così mi pare si chiami quel terremoto di ragazza.

«Isabelle, vieni qui!»
La voce di De Rossi mi fa sussultare ancora una volta. Ma io dico che bisogno c'è di usare questo tono perennemente incazzato?

«Che cazzo vuoi?» dico aprendo di prepotenza la porta ed entrando nel bagno.

Mi blocco.
Dio, perché mi fai questo?
De Rossi è sotto la doccia, dai vetri trasparenti, mi da le spalle e in questo momento sta sciacquando i capelli dagli ultimi residui di schiuma.
Faccio scorrere il mio sguardo per tutta la lunghezza del suo corpo, dalle spalle larghe, al culo sodo, alle cosce muscolose e poi lo sguardo ricade sul culo e...

«Non mi piace il tuo modo scurrile di esprimerti. Ti ho detto che devi portarmi rispetto.»

Trasalisco e distolgo lo sguardo dal suo corpo perfetto.
A volte mi sento una maniaca.
Meglio concentrarmi su altro.

«Rispetto un cazzo. Tu non mi dai ordini De Rossi» gli ricordo incrociando le braccia al petto.
Mi sforzo di guardare ovunque in quel bagno, tranne che nella sua direzione.
La vista del suo corpo nudo mi fa attorcigliare le budella, mi fa ricordare troppo che fino a pochi minuti prima eravamo avvinghiati l'uno a l'altra.
Da adesso in poi devo cercare in tutti i modi di non lasciarmi sopraffare dalla specie di possessione demoniaca che mi prende quando sono vicino a lui. Devo fare di tutto per resistergli.
Per me è oltre modo umiliante sottostare agli ordini di un uomo e dannatamente frustrante cedere ai miei e ai suoi più bassi istinti.

«Cerca di non tirare troppo la corda, signorina» esclama e la sua voce mi suona fin troppo vicina.
Quando diavolo è che si è avvicinato a me?
Troppo presa dai miei pensieri non mi sono accorta che ha accorciato le distanze tra noi.
Ora si trova a qualche passo da me, col corpo completamente nudo e spruzzato di goccioline d'acqua che scivolano ovunque.
Mi manca il fiato e involontariamente i miei occhi sono attratti da un punto ben preciso del suo corpo.
Lo vedo indurirsi immediatamente sotto al mio sguardo e io lo trovo semplicemente magnifico.
Deglutisco a fatica e distolgo lo sguardo.
Ma seriamente mi sto ritrovando a fare i complimenti a un uccello in tiro?
No, non sto bene per niente.

«Perché mi hai detto di venire in bagno?» gli chiedo con la gola improvvisamente secca e con lo sguardo fisso sul suo petto abbronzato.

«Chiudi la porta.»
I miei occhi si decidono a incontrare i suoi e per un istante mi perdo nel blu profondo del suo sguardo intenso.
So quello che vuole.
Di colpo mi balena un'idea in testa.
Gli regalo un sorriso sghembo. Vedo i suoi occhi brillare di una luce maliziosa.

«Certo» dico con voce suadente, girandomi e avviandomi verso la porta con passo lento e il più provocante possibile.
Sento il suo sguardo bruciarmi la schiena e un brivido mi attraversa la spina dorsale.
Afferro la maniglia della porta.

«Sai De Rossi avrei bisogno anch'io di una bella doccia» dico allusiva, lanciandogli uno sguardo di sottecchi. Lo vedo sorridere e leccarsi le labbra, mentre fa scorrere i suoi occhi su tutto il mio corpo.
Sfilo la chiave dalla serratura, lentamente e la stringo nel pugno.
Sto giocando col fuoco, lo so.

«Ma sai cosa? È che proprio non digerisco il tuo comportamento scostante.»

Lui mi guarda per un attimo senza capire.
«È meglio se ti schiarisci un po' le idee. Da solo» sottolineo e veloce come un fulmine, prima che lui possa fare qualsiasi mossa, esco dal bagno chiudendo la porta.

«Che cazzo fai, Isabelle?» ringhia non appena sente la chiave scattare nella serratura. Lo sento fiondarsi sulla porta e cercare di aprirla scuotendo la maniglia su e giù più d'una volta.
Io rido soddisfatta.
«Ti conviene correre, perché se ti prendo vedrai come ti passa la voglia di ridere» sbraita dando un pugno alla porta, che trema sotto il suo assalto.

«Hai detto che volevi che chiudessi la porta. Bene l'ho fatto, stronzo!» urlo io perfida.
Un altro pugno potente alla porta mi fa capire che forse è meglio tagliare la corda prima che la distrugga.

«Merda, appena esco da qui ti darò una lezione che ricorderai per tutto il resto della tua maledetta vita.» Gli sento dire, mentre corro verso la mia camera e mi chiudo dentro a chiave per sicurezza.
Sorrido soddisfatta.
Probabilmente la mia piccola vendetta è servita solo a farlo agitare ancora di più.
Ma la soddisfazione nell'averlo lasciata a bocca asciutta è impagabile.
Rido come se fossi matta..
O, forse, in realtà lo sono davvero.

Mia per vendettaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora