Trovo le scale che portano al piano inferiore, le scendo velocemente cercando di non inciampare sul tappeto che le copre, arrivata a metà, più o meno, mi sento afferrare saldamente per il braccio da una stretta brutale, che mi spinge contro al suo petto solido. Trattengo l'urlo di frustrazione che mi è salito in gola. Senza perdere tempo mi dimeno dalla stretta di quell'uomo e cerco in tutti i modi di liberami dalle sue manacce.
«Sta ferma. Cosa cazzo sei un'anguilla?» mi urla in un orecchio, assordandomi.
«Ora ti porto dal signor De Rossi così ti passa la voglia di scherzare.»
Detto questo mi carica su una spalla, come fossi un peso piuma e fa retromarcia risalendo le scale.
«Lasciami animale!» comincio a urlare come una pazza scappata da un manicomio e lo tempesto di pugni dietro la schiena, con tutta la forza che ho.
«Ahia, maledetta stronza!»
Soffre il troglodita, ma comunque non ha nessuna intenzione di mettermi giù.
«Tanto te la faccio pagare mentecatto senza cervello!»
Lui ride di gusto.
«Sì, parla, parla. Adesso vedi che bella lezione che ti da il capo.»
Ancora con questa storia.
«Ah sì? E perché non me la dai tu una bella lezione visto che ti senti tanto forte?» Lo prendo in giro io, fuori di me. So che a volte esagero, ma nessuno si può permettere di trattarmi in questo modo.
«Se potessi farlo, non ci penserei due volte, stanne certa.»
«È certo voi siete bestie, mica uomini» dico con una smorfia, «con tutto il rispetto per gli animali, mille volte meglio di voi» continuo stavolta a voce meno alta.
Mi sento stanca e il cuore va a mille.
Comunque lui non fa in tempo a rispondermi, perché sta già bussando a una porta, che suppongo sia quella della camera di De Rossi.
«Chi è?» La sua risposta scontrosa non tarda ad arrivare.
Bene è incazzato, ovviamente.
«Sono Tyler, posso entrare capo?»
Sento uno sbuffo, ma comunque lo "invita" a entrare.
«Dimmi e vatte...» Non termina la frase, probabilmente si è appena accorto della mia... presenza sulle spalle del bestione.
«Che cosa significa questo?» chiede gelido.
La sua voce mi fa rizzare i capelli dietro la nuca e improvvisamente capisco che preferirei soggiornare un altro po' sulle spalle di Tyler, piuttosto che restare da sola in stanza con De Rossi.
«Ha cercato di scappare.»
Sento una risata nervosa uscire dalle sue labbra. «Come sarebbe a dire scappare? Se non ricordo male era legata a un fottuto letto. O mi sbaglio?»
Ora la sua voce e minacciosa, rabbrividisco e sento Tyler irrigidirsi. Credo sia a disagio o forse addirittura spaventato.
«Signore... posso spiegarle...»
«Mettila giù e vattene» gli ordina perentorio.
L'uomo esegue senza battere ciglio e dopo avermi messa giù si dilegua alla velocità della luce.
Resto ferma a fissare la porta chiusa della camera.
«Che cosa fai lì impalata? Girati e spiegami cos'è successo.»
Prendo un bel respiro e faccio come mi dice.
Non l'avessi mai fatto.
De Rossi è seduto su un enorme letto nero e rosso scuro, coperto da lenzuola di seta dalla vita in giù.
È a petto nudo, e io lo sto fissando con un certo interesse. Percorro il suo corpo con lentezza, dai piedi fino alla punta dei capelli.
Esattamente come ha fatto lui con me poche ore fa.
In fondo gli occhi sono fatti per guardare, anche in situazioni come queste.
Incontro i suoi e noto che il cipiglio arrabbiato di poco prima è scomparso dal suo volto.
«Sei soddisfatta? O preferisci fare un' ispezione più completa?»
Capisco quali sono le sue intenzioni dal momento in cui poggia una mano sulle lenzuola, pronto a sfilarsele di dosso.
«No, va bene così» rispondo di getto mettendo le mani avanti.
Non perché abbia timore di guardare ciò che c'è sotto, figurarsi.
Semplicemente non ho voglia di vedere le sue grazie.
«Peccato» dice alzando le spalle.
«Siediti» mi ordina subito dopo, dando due colpetti sul letto. Io alzo un sopracciglio.
Seriamente pensa che mi siederò al suo fianco?
Pazzo.
«Avanti non farmi perdere la pazienza. Hai già toccato il limite per oggi.»
Fisso il suo volto serio sconcertata, è incredibile la velocità con cui cambia umore.
Un momento è ironico, quello dopo muta la sua espressione in quella di un serial killer.
Peggio di me quando ho le mie cose, penso scioccata.
Comunque faccio come mi dice, mi avvicino senza fare storie e mi siedo tenendo le gambe fuori dal letto, stringendo nervosamente il lenzuolo che mi copre.
Cerco di non toccarlo con nessuna parte del mio corpo, non voglio contatti con certi elementi.
«Belle» inizia lui, usando ancora quello stupido diminutivo. Lo fa per provocarmi, non ho alcun dubbio.
«Vorrei spiegarti alcune cose prima di darti la parola. Qui non sei a casa tua, lo capisci vero?» Si rivolge a me come se fossi tarda di comprendonio.
«Certo, non cerco di scappare da casa mia, genio.»
Mi lancia un'occhiata glaciale.
«Ti ho detto che devi rivolgerti a me con rispetto» mi ricorda a denti stretti, afferrandomi per un braccio.
Io sussulto e faccio per alzarmi lui, però, me lo impedisce e strattonandomi per il braccio mi attira a sé.
I nostri occhi si scontrano insieme ai nostri corpi.
«Ti ripeto: non mettere a dura prova la mia pazienza. È già abbastanza esigua di suo, non esasperarmi oltre. Sono stato fin troppo buono con te» mi dice scandendo bene l'ultima frase.
E io gli credo. So bene le voci che corrono su di lui e sul suo pessimo carattere.
«Noto con immenso dispiacere che il naso è quasi del tutto illeso.»
Non riesco a non provocarlo, è più forte di me. Le sue belle labbra si deformano in un ghigno sinistro.
«Non mi metti al tappeto facilmente.»
«Però a letto sì, oppure sei solito fare il sonnellino pomeridiano?»
Faccio un mezzo sorriso, mentre mi guarda come un toro inferocito. Penso che a breve vedrò uscirgli del fumo dal naso e dalle orecchie. La cosa mi farebbe anche sorridere se non fossi io la causa della sua incazzatura.
«Ti mancano gli schiaffi. Si vede che non ne hai mai ricevuti» replica cercando di mantenere un tono di voce calmo.
A casa mia nessuno si è mai permesso di sfiorarmi neppure con un dito. Soprattutto mio padre, sono la sua principessa, è così che mi chiama.
«Le donne non si toccano nemmeno con un fiore» decanto io.
Lui ride, lasciando intravedere i denti bianchi.
«Sapessi come ho voglia di toccarti io. E con cosa poi» mi sussurra all'orecchio, monitorando con lo sguardo la mia reazione.
Le sue parole non mi imbarazzano, non mi fanno arrossire, ma in compenso hanno il potere di farmi rabbrividire e non di paura.
Il suo fiato sul mio collo mi riscalda la pelle e le sue dita tracciano una scia da esso fino all'orlo del lenzuolo che mi copre il seno.
Non mi dispiace, ma nessuno gli ha dato il permesso di toccarmi.
«Poco fa ho sentito un movimento sospetto provenire dal corridoio» mi fissa senza capire, sorrido languida. «Sei svenuto per caso?»
Vedo il suo volto perdere ogni tipi di espressione.
Una maschera senz'anima.
L'ho ferito nell' orgoglio e adesso mi becco le conseguenze.
Lascia cadere la mano con cui mi stava accarezzando poco prima.
Succede tutto così velocemente da non renderme quasi conto.
In un attimo mi ritrovo con la faccia premuta contro al cuscino e i polsi serrate dalla sua mano sinistra.
Mi sta schiacciando col suo peso notevole contro al letto, mentre con la destra strappa il lenzuolo leggero che mi tiene coperto il corpo.
Non mi muovo.
Non riuscirei a farlo neanche se volessi.
Sono nuda, ora, sotto di lui.
Nudo esattamente come me.
Sento ogni fibra del suo corpo caldo entrare in contatto con il mio.
Butto fuori il respiro che non mi ero resa conto di trattenere fino a adesso.
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Mia per vendetta
Chick-Lit⚠️La storia è in revisione, quindi se trovate incongruenze è perché la sto modificando Si odiano, ma sono inevitabilmente attratti l'uno dall'altra. ..... "Amore mio starò via solo cinque minuti" così gli disse sua madre, mentre erano di fronte all...