71. La cosa giusta da fare

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Alle sue parole la mia espressione muta, facendosi sospettosa.

«Non le ho mai detto di chiamarmi Isabelle.» A meno che suor Prudence non abbia il potere di sdoppiarsi, qui c'è qualcosa che non mi convince.

«Lo so. Ma non è questo il punto, dimmi perché sei qui. Parla chiaro e anch'io lo farò con te. Sappiamo bene entrambe che non hai davvero bisogno di Saint Claire. Ho occhio per certe cose ormai.»

«Di cosa sta parlando?»

«Ti ho vista arrivare, sai? Da lì...» indica l'unica finestra sul lato sinistro dall'ufficio, che affaccia sull'ingresso. «Sembra un auto costosa quella con cui sei venuta qui.»

«E allora? Qual è il nesso tra le due cose?»

«Le ragazze che arrivano qui sono tutte in difficoltà economiche, hanno una vita difficile, come ti dicevo prima. Vengono a Saint  Claire perché altrimenti non saprebbero come mantenere i loro bambini.»

Capisco perfettamente cosa intende, adesso. Alzo le spalle.«Potrei essere scappata di casa, potrei aver rubato l'auto... ci sono un mucchio di motivi per il quale potrei essere venuta con quell'auto. Lei, però,  si sta basando solo su ciò che vede e non su ciò che potrebbe esserci oltre, su quale potrebbe realmente essere la mia storia. Chi fa il suo lavoro non dovrebbe agire in questo modo superficiale.»

Lei alza un sopracciglio castano. «Vuoi insegnarmi tu come fare il mio lavoro?» mi domanda stizzita.«Perché piuttosto non mi dici chiaramente il motivo per cui sei qui, piccola arrogantella.»

«Nessun problema.» Che vecchia megera. Non vorrei inimicarmela più di tanto o significherebbe aver fatto tutta questa strada per nulla. «Vorrei delle informazioni su una persona.» Ora mi butta fuori a calci, me lo sento.

«Mmh.» Fa un mezzo cenno di assenso con il capo e mi invita a proseguire. Mi sembra... strano non vedere neanche un accenno di stupore nel suo viso.

«Può darmele o sono riservate?» continuo.

Lei inizia a tamburellare lentamente le dita sulla scrivania. «Come le avresti cercate queste informazioni se io non ti avessi scoperta?»

Bella domanda. «Probabilmente le avrei cercate da me. Sarebbe uscita prima o poi dal suo ufficio, no?» Alzo le spalle. Ho deciso di cambiare approccio, visto che come attrice e  investigatrice faccio pietà, opto per la verità.

«Che ragazzaccia, un po' di penitenza non ti farebbe male.» Scuote il capo. «Comunque sia, visto che hai ammesso le tue colpe ti sei salvata in curva. Quindi, diciamo che potrei uscire da qui, magari per prendere una boccata d'aria, così l'ufficio sarà vuoto.»

Io la guardo stupita. «Mi sta dicendo che mi lascerà da sola a curiosare tra le sue cose?» Roba da non credere.

«Le informazioni inerenti agli ospiti di Saint  Claire sono strettamente personali e non si possono divulgare senza il permesso dei legittimi proprietari, ma, se io non sarò presente quando tu lo farai, allora sarà come se io ne fosse all'oscuro.»

Certo è un ottimo modo per lavarsene le mani, però poco mi importa in fondo è stato più facile di ciò che pensavo. «Bene, ci sto. Le dico di chi si tratta allora.»

Lei annuisce.

«Devlin De Rossi.» Pronunciare il suo nome qui dentro mi da una stranissima sensazione, credo sia... disagio. Vergogna. Per quello che sto per fare, sto per profanare la sua infanzia e all'improvviso non mi sembra più la cosa giusta da fare. Dovrei lasciare fosse lui a raccontarmi tutto quando si sentirà pronto, io non dovrei intromettermi.

«Ti senti bene?»

«Eh?» Fisso la suora che mi guarda preoccupata, nei limiti di quanto possa esserlo una persona come lei.

Mia per vendettaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora