Devlin
Un fastidioso rumore mi si attacca al cervello con un'insistenza snervante.
«Mmh» mugolo infastidito rigirandomi nel letto. Mi passo una mano sul volto stropicciandomi gli occhi e sbadigliando. Il fastidioso rumore persiste. Sbuffo e apro gli occhi. Il cellulare sta vibrando sul comodino. Allungo una mano per prenderlo e avvicinarlo ai miei occhi stanchi e assonnati.
«Che vuoi, Vinnie?» rispondo brusco al mio braccio destro. Lui si occupa della gestione del casino quando non ci sono.
«Hey, capo, mi spiace disturbarti.»
«È successo qualcosa?» Mi metto a sedere di scatto, pronto a precipitarmi al casino anche in boxer se è necessario... o nudo in questo caso. Alzo le lenzuola che mi coprono dalla vita in giù e faccio un mezzo sorriso, che mi muore in gola tre secondi dopo.
«Tua sorella Valentina avrà fatto una ventina di chiamate sul telefono del casino. Hai espressamente chiesto di non risponderle, è vero, ma vedi ecco con tutte quelle chiamate stava intasando la linea. E noi non possiamo permettercelo.»
«Giusto. Quindi hai risposto?» Mentre glielo chiedo controllo se sul cellulare ci sono sue chiamate e come volevasi dimostrare, sì, ci sono.
«Trentadue chiamate. Dannazione.»
«Hey amico mi senti?»
«Sì» dico rimettendo il cellulare all'orecchio.
«Ti stavo dicendo che le ho risposto e lei era... ecco... sembrava... come se stesse piangendo, la voce le tremava, sembrava disperata. Dice che tu la eviti e non le rispondi al cellulare. Mi ha chiesto di fartelo sapere semmai mi avessi risposto.»
Faccio un pesante sospiro e chiudo gli occhi per un istante.
«Va bene. Hai fatto bene a risponderle, ci penso io adesso.» Stacco la chiamata e mi precipito in bagno per una doccia, nel frattempo che chiamo Valentina.
«Devie finalmen...»
«Fa silenzio e ascoltami attentamente» dico perentorio facendola zittire all'istante.
«Vediamoci alla tenuta di campagna fra un'ora.»
Non le do il tempo di replicare, perché stacco la chiamata subito, prima di entrare in doccia.
«Cazzo Valentina. Vaffanculo tu e le tue smanie da psicopatica» impreco tra i denti.
Devo sistemare questa spiacevole situazione prima che degeneri e che sfoci in una fottuta catastrofe.
°•°•°•°
Isabelle"Ti amo Devlin."
Questa dannata rivelazione non fa altro che rimbombarmi nella testa. La scuoto con forza così chissà che non riesca a farla uscire dal mio cervello.
Sono sotto la doccia da almeno un'ora e sto cercando di trovare una giustificazione adeguata per i messaggi inviato da Valentina. Ma niente, non c'è niente che possa giustificare o minimizzare ciò che ho letto. Non esiste altra spiegazione se non quella che le parole di quei messaggi mi forniscono già. Chiudo di scatto l'acqua e apro la porta in vetro della doccia, talmente forte che credo sia un miracolo non vedermela crollare addosso come una pioggia mortale.Mi appoggio per un attimo al lavandino e fisso il mio volto allo specchio. Fisso i miei occhi gonfi e arrossati. Sì, ho pianto. Non posso certo nasconderlo a me stessa per quando sia una cosa stupida e ridicola. Piangere per un uomo che nemmeno conosco. Per un uomo che mi ha rapita per i suoi assurdi scopi. Per un uomo che non è altro che il mio rapitore... il mio nemico. Gli occhi mi si riempiono ancora una volta di lacrime salate. Stringo le labbra forte e le mani si serrano sul lavandino. La donna che mi fissa dallo specchio non sono io. L'Isabelle che conosco non lo avrebbe mai fatto. Sono stata cresciuta per prendere il posto di mio padre un giorno e non per piagnucolare per un fottuto bastardo che si scopa sua sorella.
Prendo quanta più aria possibile e poi la butto fuori lentamente in un sospiro tremante. Lo faccio diverse volte finché non riesco a riprendere il controllo delle mie maledette emozioni e il respiro non ritorna regolare, gli occhi mi si asciugano e il mio viso non somiglia più a quello di un'anima in pena.«Tu sei Isabelle LaCroix» parlo al mio riflesso come se davvero non fossi io «e Isabelle LaCroix non soffre per nessuno. Non piange... per nessuno.»
“Non devi piangere per me, Belle. Mai. Non devi farlo mai.”
Un sorriso amaro mi si forma sulle labbra.
«Bene De Rossi. Pare che sia bastato uno stupido messaggio per infrangere quella pseudo-promessa.»
«Ma non succederà ancora. Non preoccuparti» dichiaro più a me stessa che a lui, visto che sono da sola in camera.
Esco dal bagno e indosso velocemente il pantalone nero di una tuta, un top bianco, scarpe da ginnastica dello stesso colore e una felpa con cappuccio nera. Lego i capelli ancora umidi in una coda alta ed esco dalla camera, mentre indosso i miei occhiali da vista.
Vorrei tanto uscire fuori a schiarirmi le idee, ma dannazione al mio carceriere, non posso!
Oppure fumare una sigaretta. Sono secoli che non ne fumo una e solo Dio sa quanto ne avrei bisogno in questo momento. Sospiro pesantemente mentre percorro il corridoio. Mi accontenterò di scendere in cucina a bere dell'acqua in mancanza di meglio.
Sono arrivata nelle vicinanze delle scale quando vedo la figura imponente di De Rossi percorrere il corridoio opposto al mio. Si sta avvicinando anche lui alle scale. I miei piedi rallentano il passo, lo guardo per un attimo, indecisa se continuare per la mia strada oppure girare e ritornare in camera.
Lui, però, mi precede e aumenta il passo venendomi incontro con un sorriso. Un sorriso sincero, ma per certi versi... incerto. Io dal canto mio non riesco a ricambiare. Non sono brava a fingere e questo mi pare abbastanza assodato. So che dovrei fare buon viso a cattivo gioco, dato che lui non sa che io so, ma proprio non ci riesco.«Belle, dove vai?» mi chiede togliendosi il paio di occhiali da sole, che finora oscuravano i suoi occhi.
«In cucina. Tu?» gli chiedo assottigliando gli occhi e squadrandolo dalla testa ai piedi. Sì, sembra proprio che stia per uscire, ma non credo stia andando al casino. Il suo abbigliamento è troppo informale. Scarpe da ginnastica, jeans, t-shirt blu e giubbotto di pelle. No, decisamente non andrà al casino, né a un incontro formale. Avrà letto i messaggi amorosi della sua incestuosa amante e si stare fiondando da lei, penso stizzita. E sì, anche infastidita sinceramente. Vediamo che razza di scusa inventerà.
«Devo vedermi con mia sorella Valentina.»
La sua sincerità mi spiazza. Sono letteralmente a bocca aperta. Scaccio quell'espressione sorpresa con un sorriso smagliante.
«Ottimo. Vengo con te.» Le parole scappano dalla mia bocca ancor di prima di averle pensate.
“Cosa?”
«Cosa?»
Bene io e De Rossi ci chiediamo la stessa cosa vedo.
«Che c'è non posso venire con te a trovare tua sorella? O hai qualcosa da nascondere?» dico alzando un sopracciglio e avvicinandomi a lui con aria di sfida, mentre la mia me interiore si domanda cosa diavolo io stia facendo.
Lui mi osserva per qualche secondo senza rispondere. Dalla sua espressione imperturbabile non trapela nulla. Sembra tranquillo.
«Okay. Andiamo» afferma, rinforcandosi gli occhiali da sole e facendo per scendere le scale.
«Davvero?» domando incredula. Insomma non mi aspettavo una risposta affermativa. Lui si ferma a metà scala e gira il volto nella mia direzione.
«Davvero» ribadisce, per poi accigliarsi subito dopo «si può sapere che diavolo hai? Sei strana stamattina.»
«Oh, non immagini quanto mio caro. Non immagini proprio» confermo iniziando a scendere le scale anch'io e superandolo, mentre lui resta ancora fermo ad osservarmi pensieroso.
Non sono certa di star facendo la cosa giusta. Ma ultimamente sto facendo tutto e dico tutto tranne la cosa giusta. E poi sinceramente tra restare a casa ad arrovellarmi il cervello su quello che i due potrebbero dire o... fare o presentarmi insieme a lui davanti alla porta di Valentina e vedere il suo sorriso spegnersi lentamente sulle sue labbra. Beh, la scelta è senza dubbio facile. E soddisfacente.
Apro la porta di casa e il sole mattutino illumina il mio viso sorridente."Sta arrivando quella che tu hai definito puttana, mia cara Valentina."
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Mia per vendetta
ChickLit⚠️La storia è in revisione, quindi se trovate incongruenze è perché la sto modificando Si odiano, ma sono inevitabilmente attratti l'uno dall'altra. ..... "Amore mio starò via solo cinque minuti" così gli disse sua madre, mentre erano di fronte all...