80. Non voglio averci a che fare

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Stamattina mi sono svegliata con un sorriso a trecentosessanta gradi stampato sulle labbra, tralasciando le solite nausee alla quale mi sono ormai abituata. Adesso sono seduta sul letto e aspetto che Devlin torni dalla cucina. È sceso giù a comunicare a Lia di prepararci la colazione. Mi sta viziando e coccolando come fossi una bambina, ridacchio. Seppur ho dormito poco e ho passato una notte movimentata, non mi sento affatto stanca, anzi mi sento serena cosa che non sono stata per niente nell'ultima settimana.

I problemi da risolvere sono ancora molti, mio padre e Spencer sono quello che stanno in cima alla nostra lista. Apprezzo molto il fatto che Devlin voglia accantonare tutto per me e il bambino. È giusto prenderci una pausa da tutto, rafforzare il nostro rapporto e soprattutto tutelare nostro figlio. Allo stesso tempo, però, credo che se non la facciamo pagare a Spencer adesso che possiamo, quest'ultimo potrebbe causarci problemi non indifferenti. Quell'uomo è imprevedibile e agisce quando meno te lo aspetti. Io ho paura per la creatura che porto in grembo, poiché vorrei che nascesse in un ambiente sicuro e sereno. E il nostro, al momento, non lo è affatto. Stropiccio il lenzuolo tra le mani, mentre penso che forse dovremmo...

Il cellulare vibra sul comodino interrompendo i miei pensieri. Mi chiedo chi possa essere a quest'ora, forse mia sorella? Quando lo prendo però mi accorgo che non è lei. È un numero che non ho salvato in rubrica, quindi può essere chiunque. E se fosse papà? Non ho il suo numero e non lo conosco a memoria. Sì, potrebbe essere lui, mia sorella potrebbe avergli dato il numero. Sbarro gli occhi. No, non voglio parlargli. Riflettendo il mio numero è nuovo e gli unici ad averlo sono Devlin e Genevieve. Resto per un attimo immobile a fissare lo schermo del cellulare, indecisa sul da farsi. Alla fine vince la curiosità, quindi rispondo.

«Pronto?» dico incerta.

«Pronto, parlo con Isabelle?»

Mi acciglio. È la voce di una donna a me sconosciuta. È leggera quasi un sussurro. «Mi dica chi è lei piuttosto» ribatto diffidente.

«Il mio nome è Beatrice. Ho incontrato tuo marito in ospedale ieri e... mi ha ricordato tanto una persona.»

Le sue parole mi gelano. Mi passo una mano sulla fronte. Lei è quella Beatrice?
«Come fa ad avere il mio numero?» chiedo sospettosa.

«Tuo marito ha dimenticato il suo cellulare sulla sedia in sala d'aspetto. Ho pensato di prenderlo e consegnarglielo di persona. Ieri ci siamo persi di vista e non ho potuto ridarglielo. E dal suo cellulare che mi sono permessa di prendere il tuo numero. Qualcuno dovevo pur avvisare.»

Sono basita nell'apprendere questa notizia. Devlin non mi ha detto di aver perso il cellulare. Che non se ne sia ancora accorto? «Sì, sì capisco. Grazie per non averlo lasciato lì.»

«Gli dirai che ho bisogno di vederlo? Così gli ridò l'aggeggio e magari ci facciamo due chiacchiere. Abbiamo molto di cui parlare.»

«Sì, glielo dirò.»

«Bene, ora... hai carta e penna? Ti dico il mio indirizzo.»

Sospiro. «Sì, un attimo» rispondo proprio mentre Devlin ritorna in stanza.

«Eccomi, stai ancora...» Appena si accorge che sto parlando al cellulare si interrompe. Io gli faccio segno di scrivere sul blocchetto di post-it sulla mensola alla sua destra.

Mia per vendettaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora