«Spencer.»
«Sì, Hector Spencer veniva spesso a trovare mio padre, sia a casa sia al lavoro. Non sapevo neanche da dove venisse, che lavoro facesse, sapevo solo che mi metteva un gran timore. Aveva degli occhi gelidi, il sinistro era sormontato da una cicatrice lunga fino alla guancia, coperta da una benda che lo rendeva ancora più minaccioso. Io e mia sorella cercavamo sempre un modo per non incontrarlo, ma nostro padre ci obbligava a sopportarlo durante le cene o i pranzi in cui era ospite. Ci teneva a lui, a fare bella figura, come se da lui dipendesse tutto. A nulla servivano le nostre proteste, alla fine ci ritrovavamo sempre a eseguire i suoi ordini come dei bravi soldati. Papà non capiva, sembrava non accorgersene... il modo in cui quell'uomo guardava Genevieve... mi metteva i brividi. Spencer aveva più o meno l'età di mio padre, eppure non la guardava come un padre guarderebbe la propria figlia. Come potevano non accorgersene ne lui e neppure mia madre? Possibile che solo io me ne accorgessi? Io e Gen cercavamo sempre di stargli alla larga quando mio padre non c'era, ci chiudevamo in camera a chiave e solo così ci sentivamo al sicuro.»
Vedo Devlin serrare la mascella. Non dice nulla, ma la sua espressione è eloquente.
«Una sera, durante il periodo estivo, i miei genitori avrebbero indetto una serata in gala al casino, in cui era presente anche Spencer. Io e mia sorella per fortuna riuscimmo a scansarcela, così restammo da sole in casa, con noi solo due cameriere e qualche uomo di guardia fuori dalla villa. Matias, però, era bravo a eludere la sorveglianza, aveva imparato in orfanotrofio diceva. Riuscì a salire in camera di mia sorella senza essere visto. Passammo la serata a guardare una maratona di film horror, a ridere e scherzare con la giusta spensieratezza dei nostri anni. Ci sentivamo liberi, nessuno ci sentiva, le cameriere dormivano nella dependance. Quando ti diverti le ore sembrano scorrere più velocemente, di fatto si fece mezzanotte in un batter d'occhio. I miei non sorebbero tornati prima delle tre probabilmente e io volevo lasciare le ultime ore di libertà ai due piccioncini. Così decisi che per me era arrivato il momento di tornare in camera mia. Mi addormentai quasi subito, praticamente col sorriso stampato sulle labbra.»
Mi interrompo un attimo e faccio un profondo respiro a occhi chiusi. Quella che sta per arrivare è una delle parti più dolorose. Non so se riuscirò a mantenere la calma, la voce ferma, il controllo delle mie emozioni.
«Stai bene?» Devlin è preoccupato per la mia brusca interruzione. Poggia una mano sul mio ginocchio con delicatezza.
Annuisco. «Sì, non preoccuparti. Ce la faccio.» Lo rassicuro. Lui non ne sembra tanto convinto, però ugualmente mi lascia continuare senza dire null'altro.
«Venni svegliata nel cuore della notte da urla, pianti e rumori sommessi. Di colpo fui vigile. Capii che il frastuono proveniva da camera di mia sorella. Subito, scalza, ancora assonnata, mi precipitai lì. Non so cosa successe prima del mio risveglio, ma posso immaginarlo dato ciò che vidi in camera sua. Là per là non fui subito in grado di interpretarlo, tutto era confuso: mia sorella era nel suo letto, teneva le lenzuola strette attorno al corpo, piangeva a dirotto e le sue parole suonavano spezzate e confuse dalla disperazione, mentre si rivolgeva a mio padre. Mia madre era vicino alla porta, teneva una mano sulle labbra, sconvolta con gli occhi sbarrati e umidi di lacrime. Sembrava pietrificata mentre fissava mio padre, arrabbiato come mai l'avevo visto. Aveva la mano serrata sul braccio di Matias, quasi volesse spezzargliela di netto. Quest'ultimo era nudo come un verme, negli occhi e nella postura l'aria fiera e sicura di chi sta dalla parte della ragione. Sembrava non temere l'ira di mio padre, che si stava abbattendo su di lui. Io restai impietrita sull'uscio della porta. Il cuore in gola, la paura ben visibile nei miei occhi, mentre mio padre urlava contro Matias. Tutto suonava poco chiaro alle mie orecchie, ma ricordo che gli disse qualcosa come: "ti ho accolto in casa mia come un figlio e tu come mi ringrazi? Infilandoti nel letto di mia figlia?" Un attimo dopo gli tirò uno schiaffo in pieno viso. L'impatto fu fortissimo, tanto che urlai dallo spavento, senza neanche rendermene conto. Fu allora che tutti si accorsero di me. Mio padre fu per un attimo destabilizzato dalla mia presenza, quasi parve sentirsi in colpa per la scena alla quale stavo assistendo. "Portala via!" Sbraitò in direzione di mia madre. Lei, con le guance bagnate dal pianto, si precipitò verso di me. "Vieni Isabelle, usciamo." Mi prese per mano e cercò di trascinarmi fuori dalla camera, ma io sentivo le gambe rigide, come tronchi d'albero che avevano affondato radici profonde nel terreno. Non volevo andare via. Non volevo lasciare mia sorella e Matias in balia dell'ira dell'uomo, che in quel momento, non sembrava neanche mio padre. "No!" Urlai, liberandomi dalla stretta di mia madre e correndo verso quest'ultimo. "Non picchiarlo papà! Lui la ama!" Disperata e confusa afferrai la camicia di mio padre e iniziai a strattonarla. Lui non volle sentire ragioni, mi prese per un polso e quasi sollevandomi da terra mi trascinò fuori dalla camera, mentre io scalciavo e urlavo come una matta. "Chiudila nella sua camera e non farla uscire!" Ordinò ancora una volta a mia madre. "Non sono cose che una bambina deve vedere." Lo sentii mormorare, mentre si richiudeva la porta alle spalle. Lanciai un ultimo sguardo a mia sorella e a Matias. In quel momento mi sentii inutile. Stavolta non avrei potuto salvarlo. Non avrei potuto nasconderlo da mio padre. Nè lui nè Genevieve.»
«Hey, eri solo una bambina, Isabelle. Quello che hai fatto è stato molto coraggioso. Se è per questo che ti senti in colpa...» Devlin mi asciuga il volto bagnato con un fazzoletto, mentre mi accarezza i capelli. Io scuoto il capo.
«Non è solo per questo. Magari lo fosse. Ma ripensare a tutto ciò che è accaduto mi fa male. Nessuno ne ha più parlato da quel giorno, con la speranza che più passasse il tempo più il ricordo di Matias si dissolvesse magicamente. Fingiamo tutti che niente sia mai accaduto. Ci rifiutiamo di ricordare, perchè parlarne apertamente ci causerebbe troppo dolore.»
«Non è quello che facciamo tutti?» mormora lui.
«Sì, ma il rifiuto ci rende scontrosi, ci rende egoisti, diffidenti l'uno dall'altro. Non sarebbe meglio parlarne e affrontarlo tutti insieme? Non ci sentiremmo più liberi e leggeri?»
«È più facile fingere che non sia successo. Anche se ciò significa costruire una bella casa su fondamenta marce. Rifiutare di ricordare un passato disastroso a volte sembra la scelta più giusta. La scelta meno dolorosa.»
Capisco che non è solo di me che sta parlando.«Lo so. Anch'io l'ho fatto finora. Ma adesso sono stanca di fingere che niente sia successo. Di vivere un'esistenza vuota fatta di facciate. Chi ha sbagliato deve pagare. Anche se ciò significa mettere in gioco me stessa e la mia famiglia.»
Devlin annuisce. Orgoglioso di me e delle mie parole. «Sfogati, Belle, liberati da tutto il peso che ti opprime. Solo così potremmo trovare insieme la soluzione più adeguata.»
Io annuisco convinta e continuo la mia storia. Consapevole che ora arriverà la parte più difficile.
«Mia madre restò con me in camera, ma nonostante ciò le urla di mio padre e Matias e i pianti disperati di mia sorella, mi trapanavano le orecchie. "Perchè papà picchiava Matias?" Chiesi a mia madre, che evitò il mio sguardo e finse di non sentire la mia domanda. D'altronde quali parole avrebbe potuto usare per dirmi ciò che in cuor mio sapevo già? Ero una bambina, sì, ingenua ma non stupida. Passò un tempo che mi sembrò interminabile. Non mi fu concesso sapere ciò che successe dopo. Pensai che forse mio padre buttò fuori di casa Matias, poiché non lo rividi più. Nei giorni seguenti all'accaduto mia sorella continuava a starsene chiusa in camera. La sentivo piangere notte e giorno. Si rifiutava di vedere chiunque, persino me. Quando bussavo alla sua porta, mi urlava di andare via e di lasciarla in pace. Era distrutta e io con lei. Avevo paura facesse qualche pazzia. Ero costantemente attanagliata dall'ansia e dalla paura. Piangevo di continuo. Lo sconforto mi coglieva in qualsiasi momento, qualsiasi cosa stessi facendo. Di giorno e di notte. Non riuscivo a dormire mi svegliavo di soprassalto, era come se in qualche modo sentissi che quello era solo il preludio di un terribile incubo. Fu proprio una notte in cui mi svegliai, reduce da un sonno scostante, disturbato da orribili sogni, col corpo madido di un sudore freddo e febbrile, con il fiato corto e i polmoni a corto di aria, che feci un'atroce scoperta. Non riuscivo a riprendere sonno, stavo male, non potevo continuare a restare a letto, così senza pensarci oltre scesi giù per le scale, aprì la porta d'ingresso secondaria e uscì di casa. Dove sarei andata non lo sapevo ancora. Volevo solo uscire da quel posto che quasi non riconoscevo più come la mia casa. Mi ritrovai sul retro, dove al centro vi era una grande piscina, intorno allo spiazzale che accerchiava la piscina invece vi era un corto recinto in legno, che separava la villa da un enorme appezzamento di terreno sempre della mia famiglia, in cui vi era un imponente capannone in legno. Fu proprio verso lì che corsi a perdi fiato. L'aria fresca della notte mi ridiede vita, asciugò il sudore che ricopriva il mio corpo e animò le mie guance. Mi fermai a riprendere fiato, poco distante da quel capannone. Mio padre non lo utilizzava mai, di solito lo usavano il giardiniere e i manutentori per riporvi gli attrezzi, però, data l'ora tarda della notte mi stupì di vedere una flebile luce attraversare la vecchie e sgangherate persiane di legno. Subito un'idea balenò nella mia mente. "E se Matias si fosse nascosto lì?". Corsi verso il capannone senza pensarci due volte. Via via mi avvicinavo quell'idea prendeva sempre più piede nella mia testa. Chi altro poteva mai esserci lì dentro, in fondo?»
♡♡♡
Amorini miei siccome si avvicina natale mi sento quasi quasi più buona, quindi ho deciso che vi farò un bel regalo...
Ditemi voi cosa vorreste:○ Capitoli più lunghi (più o meno 2500)
○ Più di un capitolo alla settimana (due)
○ Altro... (le proposte sono aperte. Sbizzarritevi, ma non troppo😂)
Scegliete bene mi raccomando!
Un bacino e al prossimo capitolo💙
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Mia per vendetta
ChickLit⚠️La storia è in revisione, quindi se trovate incongruenze è perché la sto modificando Si odiano, ma sono inevitabilmente attratti l'uno dall'altra. ..... "Amore mio starò via solo cinque minuti" così gli disse sua madre, mentre erano di fronte all...