43. Lui è qui

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Il gesto avventato di mia madre ha portato quasi tutta la gente, nelle nostre vicinanze, a focalizzare lo sguardo su di noi. C'è voluto un po' di tempo e l'innato saper fare di mio padre per far sì che distogliessero l'attenzione, almeno momentaneamente, dal nostro male assortito gruppetto. Ma è ovvio che ormai il danno è stato fatto e, probabilmente, domani almeno la metà di Las Vegas saprà cos'è successo stasera al Casino Versailles.

Io dal canto mio sono riuscita, seppur a fatica, a calmare la furia di mia madre, ma non a trovare un punto d'accordo. Non ne ha voluto sapere di condividere la serata insieme a Devlin. Mi ha detto che ormai la serata è stata rovinata dalla sua presenza e che preferiva andare a casa. Non mi vergogno a dire che ci sono rimasta davvero male. Devlin avrà pure sbagliato per carità, ma per un amore mille pene, no? Soprattutto quello di una madre per sua figlia. Non ci vediamo da mesi, io avrei sopportato di passare la serata con una persona che mi è indigesta pur di stare insieme a mia figlia. Ma non lei.
Lei ha preferito andar via.

"O va via lui o vado via io" questo il suo ultimatum. Nessuno riesce a farla ragionare quando si incaponisce su qualcosa.
Mi dispiace, ma io e mio padre sappiamo il motivo per cui Devlin si trova qui. E nonostante anche per lui sia spiacevole, deve fare buon viso a cattivo gioco.

°•°•°

«Sei sicuro che stasera ci sarà?» chiedo a Devlin, intento a sorseggiare dello champagne, intanto che scandaglia ogni entrata del casinò per monitorare l'arrivo di Spencer.

«Mmh?» Non mi ascolta neanche.

«Testa di cazzo» mormoro incrociando le braccia al petto.

Lui gira io volto verso di me «Moderati» mi rimprovera lasciandomi uno sguardo severo.

«Senti solo quello che ti fa comodo.»

Lui mi sorride.

«Io sento tutto.»

«Bene. Allora ho la conferma che è da almeno mezz'ora che mi ignori deliberatamente.»

Non risponde. Da quando è successo il fattaccio con mia madre, ignora completamente la mia presenza. In realtà ha parlato davvero poco con tutti quelli che lo hanno fermato per scambiare qualche chiacchiera. Sembra perso nel suo mondo.

«È per lo schiaffo?»

Mi guarda per qualche secondo senza rispondere, inclina leggermente il capo verso sinistra. «Pensi che non mi sarei aspettato una reazione del genere da parte di tua madre? L'ho messa in conto ancora prima di mettere piede qui dentro.»

Io apro le braccia e alzo le spalle. «E allora perché non mi rispondi quando ti chiedo qualcosa?»

«L' ho appena fatto.»

Alzo gli occhi al cielo. Sono indecisa tra lasciar correre e rispondergli per le rime.

«Allora ho...» Devlin mi interrompe col dito indice a mezz'aria e fa segno col capo di fronte a sè.

«Lui è qui» dichiara serio.

La porta d'entrata si apre e un uomo molto alto fa il suo ingresso. Indossa un elegante smoking nero. È accompagnato da una bellissima donna dai lunghi capelli biondi, con indosso un lungo e aderente abito di paillettes color argento.

Appena nota mio padre l'uomo si avvicina a noi. I suoi occhi si posano su di me, per un istante, poi alza lo sguardo sull'uomo imponente al mio fianco. Per un attimo il suo lieve sorriso finto si fa ancora più tirato. E non bisogna essere dei geni per comprendere che la presenza di Devlin lo ha infastidito. Hector Spencer saluta mio padre con una stretta di mano calorosa, sempre se così si possa definire. In verità sembra un tipo molto freddo e sinceramente i suoi glaciali occhi azzurri mi hanno sempre messo i brividi, anzi il suo occhio sinistro. Il destro è coperto da una piccola benda di seta nera, da che ne ho memoria. Tipo quelle dei pirati di una volta, ma molto più raffinata.

Mia per vendettaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora