Devlin
«Buonasera signor De Rossi, il signor Spencer la sta aspettando in salotto.»
Appena varco la soglia di casa Spencer vengo accolto da un giovane ragazzo poco più che ventenne. Alto e magro con una zazzera di capelli rossi e un vestito troppo serio per la sua età.
Comunque annuisco e lo seguo. L'ambiente che mi circonda è piuttosto cupo, luci soffuse ovunque, pareti scure e mobilia in ebano. La casa rispecchia perfettamente l'uomo che la abita.
Il ragazzo mi porta verso un ascensore in fondo a un corridoio e mi dice di salire fino al terzo piano.
Mentre aspetto che l'ascensore faccia il suo dovere, non nego di essere pervaso da una punta di ansia. In fondo non siamo mai davvero stati da soli. Non so come dannazione potrei reagire e questa cosa mi mette un attimo in tensione. Do le spalle alle porte dell'ascensore e fisso il mio riflesso nell'enorme parete di specchio. La mia espressione parla chiaro sulla voglia che ho di passare del tempo con quel bastardo.
Una volta che le porte si sono aperte, però, ritornò ad affidarmi alla mia maschera di imperturbabilità. Se c'è una cosa che mi riesce bene è quella di saper gestire anche le situazioni più scomode, senza battere ciglio. Il terzo e ultimo piano si apre con un enorme salone, con un paio di divani neri al centro e un tavolino di cristallo, su un grande tappeto scuro, a dividerli. Qualche altro mobile e altri arredi di cui poco mi importa. Ai lati del salone vi sono due porte per lato, tutte chiuse. Di fronte a me una grande portafinestra in vetro che affaccia su un terrazzo arredato con qualche pianta grassa. E lui è proprio lì, in piedi poggiato con la schiena alla ringhiera, la sua alta figura è messa in penombra dalle luci soffuse che proiettano ombre all'esterno. Mi fermo per un attimo, stringo la mascella e i pugni soffocando sul nascere i ricordi che tentano di riaffiorare, prima di raggiungerlo con passo pigro e sicuro.
«De Rossi, finalmente mi degni della tua presenza» mi dice osservandomi attentamente, ma allo stesso tempo senza lasciar trapelare nessuna emozione.
Io mi sforzo di sorridere.
«Prego accomodati.» Fa segno verso una delle quattro sedie intorno a un tavolo di vetro. Unici oggetti che adornano la terrazza, a parte qualche pianta qua e là. Faccio come dice, non prima di essermi tolto la giacca e averla riposta con cura sulla sedia accanto.
«Posso offrirti da bere?»
«Whisky, grazie.» La voce esce più rauca di quanto dovrebbe. Dannazione.
Fa segno verso qualcuno dietro di me, non mi ero accorto che ci fossero altre persone oltre noi. Invece pochi istanti dopo una ragazza, vestita con un abitino da cameriera bianco e nero, si palesa davanti a me con due drink sul vassoio d'argento. La osservo fugacemente: capelli biondi raccolti dietro la nuca, media statura, corpo esile. Non alza neppure una volta gli occhi verso di me.
«Carina, vero?» Spencer richiama la mia attenzione.
In un'altra circostanza avrei espresso tutto il mio disappunto senza alcuna remore, ma se sono qui insieme a lui c'è un fottuto motivo e non mi resta altro da fare se non dargli corda.
«Molto, sì.»
Lui fa un lento sorriso che mi fa venire voglia di vomitare.
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Mia per vendetta
ChickLit⚠️La storia è in revisione, quindi se trovate incongruenze è perché la sto modificando Si odiano, ma sono inevitabilmente attratti l'uno dall'altra. ..... "Amore mio starò via solo cinque minuti" così gli disse sua madre, mentre erano di fronte all...