34. Una realtà distorta

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Devlin

«Per favore Devlin non avercela con me. Non voglio litigare con te» singhiozza, mentre si stringe a me così forte da togliermi quasi il respiro. Le accarezzo piano i capelli e cerco di tranquillizzarla.

«Okay Valentina, ma adesso calmati.»

«No davvero, devi perdonarmi ti prego. Se è...» tira su col naso e poi riprende «se è per quei... quei messaggi ti dico che ero sconvolta in quel momento. Davvero, pensavo non volessi più parlare con me. La disperazione mi...»

«Messaggi?» mormoro più a me stesso che a lei.

«Sì, i messaggi che ti ho inviato stamattina.»

Lei sposta di poco il volto dal mio collo, giusto per guardarmi meglio in viso. Io annuisco distrattamente senza prestarle attenzione.
Sto pensando che non ho trovato alcun messaggio non letto stamattina, ma solo chiamate.

«Mi dispiace, non avrei dovuto scriverti certe cose. Comprendo benissimo che tu abbia preferito visualizzarli senza darmi una risposta» continua lei asciugandosi le lacrime con le dita. Assottiglio gli occhi, mentre un fastidioso sospetto si fa strada nella mia testa. Dannazione se è andata come penso mi incazzo come una bestia.
Vedi cosa succede quando si abbassa la guardia anche solo per un istante, Devlin?

Due colpi leggeri alla porta sono sufficienti per farmi staccare dall'abbraccio soffocante di Valentina. Faccio qualche passo indietro mettendo una giusta distanza tra di noi.

«Avanti» dice Valentina passandosi in fretta le dita sotto gli occhi e sul viso asciugando le ultime lacrime che le bagnavano ancora il viso.

«Scusate l'interruzione» inizia Caterina una volta entrata in salotto «ho incontrato la sua fidanzata nell'atrio e mi ha chiesto di dirle che l'attende fuori.»

«Bene» rispondo atono. «Ho delle cose da sbrigare al casinò, ci vediamo un'altra volta Val» dico poi dirigendomi verso di lei e dandole un bacio sulla fronte.

«Ok. Ti voglio bene» sussurra accarezzandomi un braccio. Io annuisco, dopodiché esco dal salotto accompagnato da Caterina.

La prima cosa che faccio è quella di tirare fuori dalla tasca il cellulare e controllare se davvero ci sono i messaggi inviati da Valentina, ma la presenza di Caterina al mio fianco mi disturba non poco, quindi mi fermo e la guardo stampandomi in faccia un finto sorriso.

«Grazie Caterina, conosco da me la strada. Arrivederci» dico secco, lei mi fissa quasi a bocca aperta, ma prima che riesca a replicare io riprendo a camminare verso la porta, mentre i miei occhi ritornano al cellulare.

«Arrivederci.» La sento mormorare, mentre io apro la porta e me la richiudo alle spalle.

Trovo Isabelle seduta sul dondolo in veranda, appena mi vede smette di mangiucchiarsi le unghie e si alza in piedi.

«Che ci fai qui fuori? Pensavo fossi in bagno» le chiedo più brusco di quanto in realtà avrei voluto.
Sono incazzato con lei e non riesco neanche a nasconderlo. Sto perdendo colpi, penso mentre tiro fuori dal giubbotto le sigarette e me ne accendo una.

«Non volevo disturbare» risponde lei camminando verso di me. È strana in volto, non riesco a decifrare la sua espressione. La sua frecciata, però, riesco a capirla in pieno.

«Disturbare? Hai insistito tu per accompagnarmi. O sbaglio?» dico alzando un sopracciglio e inclinando leggermente il capo.

«Vero» afferma rubandomi la sigaretta dalle dita e facendo un tiro «ma mi stavo annoiando.» Butta fuori il fumo dritto sulla mia faccia, poi si incammina verso l'auto.

«Andiamo?» mi chiede visto che io non mi muovo.
«O vuoi stare ancora un po' a sbaciucchiarti con la tua sorellina?» mi fissa con un sopracciglio alzata e un sorrisetto beffardo sulle labbra.

Figlia di puttana.

«Cazzo, ti è costato tanto tenertelo dentro fino ad ora, vero? Immagino avresti voluto sbattermelo in faccia subito dopo aver letto i messaggi, no?»

Se vuole giocare tanto vale farlo a carte scoperte.

«Forse, ma ho preferito avere una conferma prima di sbilanciarmi. Sai... sentirlo con le mie orecchie.»

«Mmh, e quello che hai sentito ti ha soddisfatta abbastanza? O vuoi qualche altra delucidazione in proposito?» Mi avvicino di un passo a lei.

«Sul fatto che ti fotti tua sorella? No, grazie mi è bastato sentirlo una volta.» Anche lei si avvicina a me con aria di sfida.

«Anche se fosse qual è il tuo cazzo di problema, uhm? Che dannato diritto hai di toccare il mio cellulare? Pensi di essere davvero la mia fidanzata, Isabelle?» Mi abbasso verso di lei. Il mio volto a poca distanza dal suo.
Non devo darle alcuna spiegazione o giustificazione, lei non è assolutamente nessuno per me.

«Tu non stai bene con la testa, caro mio, e neanche quella svitata di tua sorella. Fatevi controllare da uno bravo» dice picchietandosi la tempia con il dito.

«Io credo che tu stia esagerando, Isabelle. Ti stai impicciando in cose che non ti riguardano minimamente.»

Per un attimo la sua aria di sfida sembra dissolversi lasciando spazio a un'espressione che le incupisce il volto e le oscura lo sguardo dorato.

«Hai ragione tu. Non sono cose che mi riguardano e so di non avere nessun diritto su di te, tanto quanto tu non ce l'hai su di me.»

«Bene così. Sta fuori dalla mia vita privata che è meglio per tutti.» La sorpasso e mi dirigo verso l'auto.

«Allora perché non mi fai ritornare a casa mia!» le sento dire, mentre cammina a qualche passo da me. «Tutto quello che volevi ottenere l'hai ottenuto, giusto? Ora sei socio di mio padre e puoi aggirarti per il Casino come meglio credi. A cosa ti servo io?»

Già, a cosa mi serve lei?
All'inizio, forse, per tenere in pugno suo padre, ma adesso è ancora così necessaria la sua presenza nella mia vita?

«Sali in macchina.» Lei esegue senza protestare. Solo una volta saliti entrambi in auto riprende con le sue proteste.

«Davvero De Rossi parliamone. Ho riflettuto molto e credo che tu non abbia più bisogno di me. Poi lo vedi, no? Stando tutti i giorni a stretto contatto si rischia di cedere a delle assurde gelosie. Sto vivendo una realtà distorta che rischia di farmi impazzire.»

E se fosse lo stesso anche per me? Questa convivenza forzata non fa bene a nessuno dei due, su questo non posso certo darle torto. Questo finto fidanzamento più passa il tempo meno finto sembra. Devo prendere una decisione concreta prima che la situazione mi sfugga di mano.

«Okay. Ho bisogno di te ancora per una sera, poi sarai libera di tornare a casa tua.»


Mia per vendettaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora