Capitolo 23

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Ermal aveva appena finito di fare la doccia, Asia era rimasta sotto il getto tiepido con lui per qualche minuto, poi lo aveva abbandonato per permettergli di lavarsi per bene visto che c'era poco spazio.

Lei ora stava sul balcone, erano all'ultimo piano di un minuscolo hotel che dava proprio su piazza Bra.
La bionda non indossava vestiti, nemmeno le ciabatte, ma solo un candido asciugamano bianco legato appena sopra il seno.
I capelli raccolti in una crocchia disordinata da cui sfuggivano diversi ciuffi ribelli.

Osservava la città con stupore, come se la stesse guardando per la prima volta ed anche lui si trovò a fissare il tutto stando in disparte, senza disturbarla, scostò appena la tenda che portava all'esterno, rimase appoggiato allo stipite della portafinestra aperta.
Alla loro sinistra c'era l'Arena, bella e magnifica con le luci spente, era totalmente al buio ma comunque spettacolare nel suo essere unica nel suo genere. Su di lei aleggiava ancora la magia che aveva animato quella serata meravigliosa.

A destra potevano osservare il grande orologio medievale il cui quadrante illuminato segnava l'ora esatta come sempre e le cui enormi lancette non smettevano mai di rincorrere il tempo.

Di fronte a loro si stagliava la fontana, con i suoi zampilli e getti d'acqua creava un gioco di suoni romantico che si mescolava perfettamente al canto d'amore delle cicale, anche le sue luci contribuivano a rendere unica quella cartolina, riflettevano insieme all'acqua sui rami dei pini che la circondavano.
Sulla piazza svettava qualche lampione solitario dalla luce calda ad illuminare il deserto di sanpietrini.

Fu la voce di Asia a rompere la quiete, aveva percepito la presenza di Ermal alle sue spalle ed una piccola poesia aveva fatto capolino nel suo cervello sempre al lavoro
«Mescolata ed impura, Verona è vibrazione, è irradiazione, è colore, arte divenuta paesaggio e confusa al paesaggio, miraggio di città romantica. Verona fu romana, gota, poi bizantina e longobarda. La tennero i Carolingi e gli imperatori tedeschi; fu un glorioso Comune e una gloriosa Signoria. Fu scaligera, viscontea, veneziana.
Per varietà di stili, nessuno dei quali prevale, Verona non ha pari tra le città italiane se si eccettua Roma.
Dicono che Verona è romantica, è pittoresca; e perciò anche dialettale; è una grande città, è capitale e provinciale ad un tempo.»

Al suono di quelle parole Ermal prese il coraggio che forse gli era in parte mancato per avvicinarsi a lei, lei che non lo degnò d'uno sguardo, era troppo rapita dalla bellezza della sua città, incantata ad osservare la piazza totalmente deserta sotto di loro ed il brillare incessante delle stelle immerse nella volta celeste.

Il riccio le posò le mani sui fianchi coperti, anche lui indossava solo un asciugamano legato in vita e sul petto percepí immediatamente il contatto con la morbidezza di quello di Asia.
Avvicinò il viso alla spalla di lei ed iniziò a lasciare alcuni piccoli baci sul tatuaggio, quello con il soffione, la magia sulla sua pelle.
«Quello che hai fatto stasera è stata la cosa più bella che qualcuno abbia mai fatto per me. Sognavo che recitassi una mia canzone da non so quanto tempo... Non mi aspettavo un regalo così meraviglioso» lo disse piano, come se si vergognasse a dire quelle parole e rendersi in un certo senso debole, come se in cuor suo avesse la certezza di non meritare tanto amore e affetto.

«Devi ringraziare Marco, è stato lui a pensare ad ogni cosa. Per Rinald invece non era altro che una scusa per stressarti un po' e giocare con la tua ansia...» Asia parlò con semplicità senza distogliere l'attenzione dalla piazza e continuando a dargli le spalle, non perché fosse disinteressata a lui ma perché quella posizione le piaceva, si sentiva protetta.
Davanti a sé la sua città ed alle sue spalle il suo amore.

«E tu? Perché l'hai fatto?» il riccio era curioso e lei non si aspettava quella domanda, forse avrebbe dovuto.
Non sapeva come rispondere, come dire il perché aveva attraversato mezza Europa per lui e perché si fosse prestata a quella comparsata nel mezzo del suo concerto.
«Volevo che non fossi solo...» la voce di Asia era flebile, non aveva la sicurezza che solitamente la contraddistingueva dal mondo.

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