Capitolo 50

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18 dicembre 2020

Le vacanze di Natale erano prossime ad avere inizio, il giorno successivo sarebbe stato l'ultimo di lavoro per Asia e lei non vedeva l'ora che suonasse l'ultima campanella di quel 2020 che l'aveva fatta sognare ed a modo suo aveva saputo farle molto male. Ma finalmente stava finendo quell'anno bisestile e come il suo predecessore aveva avuto i suoi bassi.

Non vedeva l'ora che l'ultima campana rintoccasse per la sua ultima volta per uscire di corsa al fianco dei suoi studenti, con la valigetta in mano e la consapevolezza di essere parzialmente libera di salire in auto e partire finalmente per le tanto attese vacanze.

Avevano deciso di viziarsi in particolar modo quell'anno, il Natale in Puglia, a casa della famiglia di Ermal e per l'ultimo dell'anno sarebbero volati all'estero.
Il riccio non sapeva dove sarebbero finiti perché aveva organizzato tutto la bionda ed era terribilmente curioso di sapere quale destinazione avesse scelto per dare il benvenuto al nuovo anno ma lei era stata decisamente incorruttibile.

Quel venerdì pomeriggio la bionda se lo tenne libero per preparare le valigie, come sempre a modo suo, creando più disordine possibile.
Un caos organizzato che solo lei riusciva a capire ed in cui sapeva destreggiarsi molto bene.
La valigia era aperta sul pavimento, esattamente al centro del salotto, la televisione spenta a cui lei aveva appeso un sacchetto di plastica bianco dentro cui, di tanto in tanto, scivolavano oggetti per l'igiene personale, l'albero di Natale acceso con tutte le sue lucine bianche a rallegrare la casa, insieme alla sua musica preferita ad alto volume accompagnata dalla sua voce stonata.

I vestiti erano sparsi più o meno dappertutto, tutti perfettamente piegati e stirati ma comunque collocati nei posti più strani.
Alcune felpe, impilate con ordine sulla tavola, dei pantaloni sulle stampelle appese alla maniglia del frigorifero, una trousse con all'interno alcuni cavi ed i caricabatterie buttata su una sedia e così via per tutto quello che aveva deciso di portare.

Di tanto in tanto lasciava la stanza per andare a prendere qualcosa che aveva dimenticato da qualche altra parte, in quell'appartamento troppo grande per due sole persone.

Poco dopo le cinque del pomeriggio Ermal tornò a casa dopo una giornata trascorsa in studio e rimase impietrito sull'uscio.
Asia era buttata sul divano al contrario, le gambe coperte da un pantalone della tuta nero distese contro il muro e la testa a penzoloni, là dove una persona normale avrebbe dovuto mettere i piedi, con tutta la sua chioma bionda a sfiorare il pavimento. Era al telefono e tutto attorno a lei si poteva notare ciò che aveva creato o meglio l'immacolato ordine che aveva disintegrato.

«È scoppiata una bomba amore?» rise, era sempre così lei e forse un giorno o l'altro ci avrebbe fatto l'abitudine.
«No, sto facendo le valigie se domani vuoi partire ma aspetta un minuto che sono al telefono con Elena!»
«Ciao Elena! Dovresti vedere la scena! Avresti materiale per i prossimi secoli!» alzò la voce per farsi sentire dalla donna dall'altra parte del telefono ed Asia per semplificargli la vita mise il vivavoce.
«Ermal tranquillo! Mi immagino che ci sia stato un tornado a casa vostra!»
«Fosse solo quello! Questa donna è un terremoto magnitudo dieci punto zero!!»
«Hey voi due! Poca confidenza che sennò è il panico per me!» Asia richiamò all'ordine il fidanzato e la migliore amica ma con scarso successo e si trovò a nascondere le risate di chi, con il solito amorevole affetto, la stava prendendo in giro.

Quando finalmente la chiamata si concluse e lei riprese la posizione eretta per riprendere il lavoro che stava facendo e mettere sotto anche Ermal, il telefono di quest'ultimo prese a suonare e lui lo afferrò andando a chiudersi velocemente nello studio.

Asia lo guardò interrogativa mentre fuggiva via ma non se lo lasciò scappare.

Con aria sospettosa lo seguí fino al suo piccolo studio e con delicatezza aprì la porta scorrevole, quel tanto che bastava per vederlo e si, in un certo senso spiarlo.
Fissava un punto indefinito fuori dalla finestra, la mano sinistra all'orecchio con il telefono e la destra affondata nei ricci.
Non capiva cosa diceva né se fosse preoccupato.
Era curiosa di sapere per quale assurdo motivo si fosse spostato per rispondere al telefono.
Continuò ad osservarlo in ogni minuscola sfumatura di movimento per provare a comprendere quel suo isolamento provvisorio.

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