Capitolo 25

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Il suo letto non era più comodo, aveva provato a girare i cuscini in mille modi diversi nel tentativo di renderlo più confortevole perché sapeva che ciò che avrebbe letto non sarebbe stato nulla di piacevole.

Tra quelle righe Asia aveva sicuramente scritto ciò che la tormentava, ciò che l'aveva fatta scattare in quel modo e sicuramente avrebbe trovato delle spiegazioni.

Sospirò prima di iniziare e immediatamente si rese conto che non era stata scritta da Asia, ma lei l'aveva, probabilmente, ricevuta a sua volta.
Si chiese chi allora, potesse aver scritto per mano propria una lettera con diverse cattiverie o falsità se lei aveva reagito in quel modo.
Se per colpa di quella lettera lei gli aveva chiuso la porta in faccia.
Avrebbe voluto che lei fosse più riflessiva certe volte, che fosse in grado di fermarsi per capire ciò che era verità e ciò che era semplicemente umana cattiveria.
Avrebbe voluto tante cose eppure gliene rimaneva solo una da fare.
Leggere per capire e poi trovare un modo per far ragionare la sua biondina.

"Cara Asia,
Non voglio disturbarti ma, per me, scrivere queste poche parole sta diventando un obbligo, una necessità a cui devo e voglio necessariamente rispondere per potermi lasciare alle spalle un peso enorme... Io non riesco più a vivere con questo segreto e dopo oggi probabilmente nemmeno tu... Ti chiedo scusa per il male che ti  farò ma lo sai anche tu...

Ogni male è un bene quando serve.

Per cominciare dobbiamo tornare indietro di qualche anno...

Devo ammettere che tu non eri inclusa nei miei piani, mai per un solo istante, in tanti anni, ho pensato che tu potessi esistere da qualche parte nel mondo.
Nella mia imperfetta vita di coppia c'ero solo io con Ermal, solo noi due, io ed i miei occhi azzurri, io e le insicurezze che, inevitabilmente, ogni donna porta con sé.

C'ero io che lo amavo molto di più di quanto lui amasse me, ho sbagliato a lungo, ero convinta che io sarei bastata per entrambi.
Pensavo che il mio amore fosse abbastanza per tutti e due.

Credevo che lui fosse il mio "per sempre", "finché morte non ci separi" e tutte quelle cose meravigliose da principe azzurro che le bambine sognano.
Tutte quelle cose che raccontano le favole.

Ma c'è una sola tragica realtà, io non sono Aurora, tu non sei Biancaneve e nessuna di noi due è Cenerentola.

Tentavo di essere abbastanza per due, speravo con le mie lacrime di colmare le sue mancanze, forse non serve nemmeno che te le spiego quali sono perché, forse stai provando le stesse identiche cose sulla tua pelle.

Forse, in questi mesi, hai imparato anche tu quante sono in una settimana le notti sveglia ad aspettare un messaggio che non arriverà mai, le ore a fissare il telefono in attesa di una chiamata.
Le serate trascorse in un letto in attesa di attenzioni che lui non ti darà mai perché troppo perso in un mondo che non è il nostro per accorgersi di ciò che lo circonda.
Troppo incatenato dalla musica per rendersi conto dello scorrere del tempo.

Per nove anni lui è stato il mio tutto, un mondo intero nascosto tra le mura di casa, la casa che avevamo sognato insieme e che stavamo costruendo giorno dopo giorno, un passo alla volta, un mobile nuovo, un divano o le tende di un altro colore.
Una casa a cui lui non apparteneva.
Un sogno alla volta. Un sogno che lui non condivideva con me.

Eravamo solo noi due e stavamo bene, io stavo bene, protetta dalle mie convinzioni e dalle giustificazioni che davo alle sue disattenzioni.

Non mi accorgevo che lui cercava altro dalla vita. Non mi accorgevo che io in quel momento ero solo abitudine una presenza non necessaria ed a tratti scomoda.

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