Capitolo 21

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20 giugno 2020

Era arrivato il giorno del concerto, il sole su Verona splendeva come un camino acceso la notte di Natale, stava là, in alto e stupendo ad illuminare ogni cosa, l'aria era molto calda già di prima mattina e c'era parecchia umidità ma il cielo azzurro e terso non lasciava percepire nulla di tutto ciò, se si osservava il mondo attraverso il filtro d'una finestra.
Il riccio era giunto in città già il giorno prima con tutto il suo entourage e gran parte della sua famiglia, era agitatissimo ed intrattabile al punto che sua sorella era a malapena riuscita ad abbracciarlo quando lo aveva incontrato dopo parecchio tempo che non lo vedeva.

A colazione, quel giorno, non riuscì ad ingoiare nemmeno mezzo biscotto e sotto consiglio di Marco scese le scale del loro hotel ed attraversò a piedi piazza Bra per dirigersi all'Arena, forse salire sul palco, iniziare a prendere confidenza con l'ambiente l'avrebbe aiutato a calmarsi.

All'ingresso artisti c'erano già alcune fan appostate, fasce gialle e cartelloni alla mano, dedicò loro del tempo, erano solo una decina ed in qualche modo la sua ansia prese a diminuire. Stare con loro e vedere la luce nei loro occhi, l'emozione nelle parole che provavano a dire ebbe lo stesso effetto di una buona camomilla, una di quelle preparate dalle mani amorevoli che conosceva molto bene.

Appena attraversato il cancello però tutto tornò come prima e si trovò a prendere in mano il cellulare, forse parlare con Asia l'avrebbe fatto sentire meglio, aveva bisogno di lei e di condividere ancora una volta le sue emozioni, peccato però che il suo cellulare suonasse a vuoto.
Forse era ancora tra le braccia di Morfeo visti i festeggiamenti della sera precedente, forse l'avrebbe richiamato al risveglio.
Infilò quell'affare nella tasca destra dei pantaloni e percorse tutta la strada che lo separava dal palco, salí quei 5 gradini che l'avrebbero portato dietro le quinte, dove c'erano decine di persone al lavoro per lui.
Solo per lui.
Si sentí leggermente in colpa visto il caldo asfissiante che era fastidioso anche solo a stare fermi.

Andò esattamente al centro del palcoscenico, le gradinate ancora deserte, le poltrone rosse della platea ancora vuote, al centro, tra l'ala destra e sinistra un lungo tappeto rosso.
Il pezzo rimanente del terzo anello svettava, come un vessillo di vittoria, altissimo rispetto a lui ed un raggio di sole lo colpiva creando bellissimi giochi di luce tra le finestrelle.
Si sedette lì, in quel punto, quello su cui erano stati i grandi della musica, chiuse un attimo gli occhi e provò a focalizzare tutte quelle sedute piene, a sentire tutti quei cuori battere all'unisono, i respiri trattenuti e le sue canzoni urlate al cielo.

Si alzò di fretta e corse via.
Era troppo per lui. Non era pronto.

Per fortuna Sabina era lì e lo bloccò prima che fuggisse, lo strinse in un abbraccio fraterno, uno di quelli che hanno il potere di rimetterti in contatto con la parte più intima del cuore.
Uno di quegli abbracci che ti salvano. Per una volta era lei a proteggere lui, per una volta erano a ruoli invertiti e lui si abbandonò completamente a quella coccola.
La sua palletta d'oro era ormai donna ed era difficile rendersene conto ed essere debole di fronte a lei era molto difficile.

La giornata proseguì, lenta ed inesorabile per tutti, Ermal per l'ansia e tutti gli altri nel tentativo di non irritarlo ed essere il più d'aiuto possibile.
«Cazzo Marco mi spieghi perché Asia non risponde? Né ai messaggi né alle chiamate!!! 10 minuti ad ora di pranzo ed ora pare scomparsa!! Cazzo io adesso ho bisogno di lei!!»
«Ermal è ad Amsterdam, non dico che sia chiusa in un coffee shop a farsi una canna perché avrà i test antidoping ogni giorno ma almeno sarà a visitare la città o a prepararsi per la cerimonia di chiusura del mondiale!» Marco cercò di calmare Ermal anche in quel senso ma ovviamente non fece altro che peggiorare la situazione «Non dico tanto! Un messaggio! Uno!!!»
Il riccio continuava ad armeggiare con il cellulare e fece partire l'ennesima telefonata senza ricevere risposta.
«Basta dashuri, vedrai che appena vede le 458 chiamate ti richiama!» era stata mamma Myra a parlare, contemporaneamente passò le mani tra i capelli del figlio e cercò di lasciare un piccolo bacio sulla sua guancia ma lui si ritrasse indispettito, prese ancora una volta il telefono in mano e avviò una nuova chiamata a cui seguí una risposta.
«Dove sei Rinald?»
«Ciao anche a te eh! Sono atterrato a Milano, sto aspettando che quello del parcheggio mi venga a prendere per recuperare la tua auto e venire a Verona, se tutto va bene per le 20.30 o 21 al massimo sto lì!»
«Cosa vuol dire che sei ancora a Milano?? Cazzo perché sei così stupido??? Non potevi ricordarti di fare le cose?!?»
«Stai calmo e non rompere! Hai Sabina, prenditela con lei e non rompere il cazzo a me!»
Rinald chiuse la chiamata senza salutare e senza dare modo al fratello di replicare, non aveva assolutamente voglia di litigare, né di essere la sua valvola di sfogo.

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