Capitolo 47

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Prese la coperta bianca di pile dal divano e se la mise sulle spalle, la neve scendeva ancora più fitta ed iniziò a guardarsi intorno.
Con la schiena posata al muro, per terra ma seduta sopra ai cuscini del divanetto da esterno c'era la sua biondina, anche lei avvolta in una coperta pesante.
I suoi occhi erano nascosti dalle lenti degli occhiali ma si notava che fissava due cose, il suo polso destro ed un foglietto di carta sempre nella mano destra.

Ermal si sedette al suo fianco, in silenzio e lei posò la testa sulla sua spalla avvicinandosi di molto come se stesse cercando calore.
«Che fai qui fuori al gelo?» la sua voce uscì delicata, leggermente roca a causa del suo lungo silenzio ma anche di qualche tono più alta del dovuto, non si sporse per guardare cosa aveva in mano, sarebbe stata lei a mostrarsi se avesse voluto.
«Avevo bisogno di aria... I pensieri a volte uccidono... Ho... Ho trovato questa prima e la serata è quello che è... E...» con riluttanza, come se avesse paura passò al compagno il pezzo di carta che si rivelò essere una fotografia un formato polaroid, gli angoli logori e forse leggermente ingiallita dal tempo, la osservò bene.

Sapeva che erano lei e Tommaso, si intristí a vederla, per una volta aveva sperato che non ci fosse il suo passato di mezzo ma solo il loro passato

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Sapeva che erano lei e Tommaso, si intristí a vederla, per una volta aveva sperato che non ci fosse il suo passato di mezzo ma solo il loro passato.
Asia notò quella sfumatura di delusione tra le rughe del volto di quell'uomo che amava e in un sussurro disse una sola parola «Girala» lui eseguí l'ordine quasi in automatico e trovò una scritta:

"05-01-2007
05-01-2016
Per nove anni noi due
Da oggi in avanti noi tre.
Vi amo"

Era una scrittura ordinata e composta come se scrivere quelle poche righe avesse richiesto molta più concentrazione ed impegno del necessario ma era anche una dichiarazione d'amore semplice, rapida e immediata, una adatta ad una donna come Asia.

Quel noi che si era trasformato in qualcosa di più, quel noi che lui aveva vissuto sulla sua pelle e si era distrutto nel medesimo modo e d'improvviso ricordò un dettaglio che fino a quel momento gli era sembrato insignificante, era una notte di neve quella di gennaio che aveva segnato l'inizio di una sofferenza interiore molto profonda per lei.

Gli venne naturale accarezzarle la guancia ma la sua mano si fermò a mezz'aria perché lei prese a parlare.
«Enea...»
«Cosa?»
«Io e Tommy eravamo convinti che fosse un maschio, ne eravamo certi, fin dal primo istante sapevamo che quella camera vuota sarebbe stata dipinta d'azzurro e avevamo deciso che si sarebbe chiamato Enea, figlio della dea Afrodite ed eroe greco. Non lo sapevano molte persone, quasi nessuno in realtà... Quella foto me l'ha regalata lui e l'avevo dimenticata, è spuntata fuori da un libro a caso, proprio questa sera...» tornò in silenzio e con le dita percorse il bordo del cuoricino sul suo polso, punzecchiò le due stelline bianche ed una lacrima scivolò giù.
Il silenzio era assordante e la neve lo rendeva ancora più potente, insopportabile a tratti.
«Dì qualcosa... Qualunque cosa per favore...» la supplica di Asia lo raggiunse, ma cosa avrebbe dovuto dire?

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