Capitolo 42

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«Ah no? Ermal... Te lo dico seriamente e con sincerità a volte è meglio se ti chiudi la bocca e ti fai un esame di coscienza. Credimi, fallo prima di farti sentire di nuovo!»

Ermal rimase con il telefono attaccato all'orecchio consapevole che lei aveva già chiuso la chiamata, tutti i silenzi di quel periodo avevano purtroppo preso forma, era la forma di una barriera ed a lui restava solo una speranza, che quel muro non fosse di cemento armato ma che fosse ancora una semplice pellicola trasparente da abbattere con facilità.

Sconsolato e ferito si tolse la camicia bianca bottone per bottone, mentre si vestiva, appena poche ore prima, aveva sperato che fosse Asia, con le sue mani piccole e delicate, a farlo mentre lasciava piccoli baci sul suo collo provocandogli brividi su tutto il corpo, quelli che solo lei era in grado di scatenare e che lui bramava.
La gettò sulla sedia della loro camera da letto insieme ai pantaloni neri, osservò la rosa bianca e solitaria avvolta nella plastica trasparente e decorata con un nastro rosso ed una minuscola busta color avorio.
Poche ore prima dal fioraio stava per comprare un enorme mazzo di dodici rose rosse poi si ricordò che il rosso era il colore delle rose di Tommaso e che lei ne lasciava sempre una sulla sua tomba, decise di non rubarle quel simbolo d'affetto.
Cambiò idea e ne prese una sola, semplice e pura come lei.
Una sola rosa anche per chiederle scusa per quel periodo di trascuratezza, scusa per quel suo egoismo da cui però era dipendente.

Aveva tirato la corda per troppo tempo ed ora sembrava che si fosse spezzata, forse per sempre.
Lei aveva inviato mille segnali d'avvertimento più o meno espliciti ma lui non li aveva realmente colti o forse li aveva solo un po' ignorati, anche se era convinto che quel venerdì sarebbe stato ancora in tempo per salvare il loro mondo. Sbagliava.

Con indosso solo i boxer ed una maglia a maniche corte dalla fantasia hawaiana accese la televisione ma la spense poco dopo, bastò una sessione di zapping intensivo per dimostrargli che non c'era nulla che attirasse realmente la sua attenzione, i suoi pensieri erano decisamente altrove.

Non riusciva a togliersi dalla mente l'idea che stava ripetendo per davvero gli stessi errori che aveva commesso con Silvia, stava davvero tornando ad essere quel tipo di uomo che scorda e trascura l'amore dandolo per scontato.

Negli occhi suoi apparve uno spettro, un fantasma di un passato davvero lontano ma che non aveva mai dimenticato, se Asia fosse stata con lui avrebbe certamente pensato al racconto di Dickens ma era solo.
Apparve chiara nella mente l'immagine della sua minuscola casa albanese, c'era suo padre che barcollava ubriaco nel salotto mentre alzava sempre di più la voce fino a che le sue mani rovinate e sporche si scagliarono contro sua madre.
Vide se stesso, aveva le sembianze di un bambino piccolo ed indifeso ma con il coraggio e l'incoscienza di un adolescente.
Si vide gettarsi in mezzo a loro ed afferrare suo padre all'altezza delle ginocchia, un punto che riusciva a prendere bene vista la sua altezza, lo percepí contro la pelle il suo barcollare e d'improvviso l'immagine in un turbinio colorato si trasformò.
La stessa identica scena, era così reale che gli sembrò quasi di sentire l'odore di muffa e stantio pungergli le narici, poi il volto di suo padre mutò repentinamente e tornò a concentrarsi su ciò che era il lavoro della sua mente per capire che altro avesse prodotto ancora ed iniziò a sentire le mani tremare.
Ora era lui quello cattivo, quello sudato e sporco, poco lucido e violento, riuscì a vedersi esattamente come lui.
Il suo incubo si stava facendo strada in lui utilizzando tutte le sue debolezze in un lento suicidio interiore.
Non fece un tempo a vedere se sua madre si sarebbe trasformata in Asia, non voleva saperlo.
Si alzò nauseato, una stretta fortissima allo stomaco.
Corse al lavabo della cucina e svuotò quel che restava della lattina di birra che aveva preso per provare a rilassarsi davanti alla TV.
Iniziò a percepire il fastidioso morso di un conato di vomito ed andò in bagno, dopo aver rimesso quel poco che aveva ingerito si guardò allo specchio.

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