Capitolo 53

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Canzone: Wings (Birdy) ⬆️

Victor

"Oh mio Dio! Il mio bambino..."urla mia madre, si siede a terra, prende il corpo inerme di mio fratello e inizia a cullarsi. Mio padre si sfila dalla gamba il pezzo di ceramica che gli ho conficcato, si incammina verso il gira dischi e inserisce la canzone für Elise di Beethoven.
Le note del piano si confondono con le urla di disperazione, tutto diventa nero e vedo solo...dolore ovunque guardi. Dov'è il mio supereroe? Perché non si solleva? Gli eroi come lui non muoiono, sono i cattivi a morire e perché il cattivo sorride?
Il suo sguardo si incupisce sempre di più, mia madre continua a oscillare, accarezza il viso di mio fratello.
Gli occhi azzurri di Brandom non sono più vivi,
non sono più un cielo sicuro dove fuggire ma sono un fosso di morte dove sembra esserci saltato dentro senza di me, attorno al collo ci sono i segni violacei delle dita mio padre, si sono strette in una morsa talmente stretta da togliergli il fiato e da togliergli la vita.
Mio padre mi punta un dito contro e viene verso di me, corro piangendo e urlando verso il salotto.
"Lascialo in pace" urla mia madre.
Mio padre sorride come un pazzo e salta il divano, c'è solo il tavolino a separarci.
"Non togliermi anche lui!"urla mia madre. Si porta le mani sul viso arrossato. Poi lentamente fa scendere le mani sulla pancia. E inizia ad urlare in preda al dolore, prima che mio padre si avventi su di me, mia madre gli salta addosso ma mio padre la spinge con forza, la fa finire contro il tavolino. Con un colpo secco la testa di mia madre sbatte contro il tavolo e cade a terra, non si muove più, man mano sul pavimento bianco si espande una pozza rossa di sangue che parte dalla testa di mia madre.
La ferocia di mio padre sembra improvvisamente bloccarsi, si porta le mani sul viso, poi si tira i capelli indietro, sembra che stia per strapparsi la testa.
"Dove hai fatto andare la mamma?"mormoro spaventato.
"Elise..."urla per poi cadere sulle ginocchia accanto al corpo di mia madre.
Elise proprio come la Elise di Beethoven ma la mia di Elise, non ha fatto una bella fine.
Non è stata ricordata da nessuna nota.
Mio padre afferra il capo di mia madre e inizia a sporcarsi di sangue, oscilla con lei che viene stretta fra le sue braccia sembra come se la cullasse, come se accompagnasse il suo sonno.
"Sta dormendo vero?"domando ancora sotto shock.
"Elise cosa mi hai fatto fare?"sussurra.
Io resto immobile ma poi fuggo verso il corpo di mio fratello, è ancora steso sul pavimento, con le braccia distese e le gambe unite. Sembra come un Gesù crocifisso.
I suoi occhi sono ancora aperti.
Mi siedo accanto a lui e gli chiudo gli occhi.
"Sei volato nel tuo cielo senza di me Superman?"domando accarezzandogli il viso, papà entra in cucina e prende un coltello, sono pronto alla mia esecuzione.
Mi fa cenno di stare zitto, poggia il coltello e mi porge un bicchiere d'acqua.
"Bevi..."mormora porgendomi il bicchiere.
"No!"urlo.
"Shhh Victor, non è successo niente. Loro sono andati semplicemente via senza di te. Non ti volevano, come non volevano me..."sussurra mio padre prendendomi il viso fra le mani.
"Non è vero, sei stato tu a portarmeli via!"urlo con tutto il fiato che ho in corpo.
"Shh non è così, stai avendo un allucinazione. Quello che vedi non è reale, non c'è nessuno qui. Loro sono andati via senza di te..."prosegue mio padre accarezzandomi il viso. Mi sta mentendo, vedo il corpo di mio fratello qui davanti ai miei occhi. Lui c'è! Anche la mamma c'è! "Vai nella tua stanza e dormi. Domani ogni cosa sarà svanita..."prosegue.
"Non è vero, tu li hai uccisi!"urlo fuori di me. Mio padre scuote la testa.
"Quello che vedi non è reale Victor. Ti hanno abbandonato, sono andati via, non ti volevano con loro e ora ti stai creando una realtà alternativa che vedi non esiste. Ora va a dormire, tutto sparirà..."sussurra ancora. Mi porge nuovamente il bicchiere e bevo l'acqua tutto di un sorso. Sono diventato matto?
"Dov'è la mamma?"sussurro ancora con le lacrime che stanno per trasbordare dagli occhi ma lui non risponde.
Mi sollevo dal pavimento e come un automa cammino fino alla mia stanza e chiudo la porta dietro di me, non faccio in tempo a poggiarmi sul letto che perdo letteralmente i sensi sul materasso.

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