Capitolo 34

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Victor

"Papà voglio tornare a casa..."biascico con tono basso.
Ormai l'istituto è vuoto e ci sono solo io.
È estate e come tutti i miei compagni vorrei andare al mare. Correre sulla sabbia, creare castelli e farmi il bagno. Invece sono qui in un collegio in Svizzera, lontano da casa, lontano da tutti i miei amici. Con i libri come unici compagni di vita.
"No, non serve. Dedicati allo studio delle humanae litterae..."ribatte mio padre con tono aspro dall'altra parte dell'Atlantico.
"Perché non mi vuoi più con te?"Singhiozzo e piango disperatamente.
Non c'è la faccio più, voglio essere libero.
"Devo andare Victor!" Chiude la chiamata prima che possa ribattere. Resto fermo con il rumore costante della linea che risuona nelle mie orecchie. Poso lo sguardo su un'opera di Seneca e decido di dedicarmi alle traduzioni.
"Per aspra sic itur ad astra..."mi ripeto quasi come se fosse un principio di vita.
Appena apro gli occhi mi rendo conto di non essere a casa mia. Il sole ormai si è levato, i raggi accarezzano il viso di Diana. Ma lei sembra continuare a dormire profondamente.
Mi ha consumato e l'ho consumata.
Non sapeva come tenermi accanto a sé.
Solo per una notte.
Accarezzo con lo sguardo la sua pelle delicata e opalescente. Con le dita sfioro la sua spina dorsale, al di sopra si forma lentamente la pelle d'oca.
Mi alzo in piedi e mi rivesto velocemente.
Sembro un ladro che scappa.
Diana dorme a pancia in giù.
I suoi riccioli d'oro sono sparsi sul piumone bianco che la ricopre fino alle spalle. Dorme con una mano sotto il cuscino.
Riabbottono la camicia tenendola sott'occhio.
Voglio rivestirmi e nascondermi dietro l'armatura degli abiti. per evitare di cedere ad una sua ulteriore proposta indecente. Dopo essermi vestito di tutto punto raggiro il letto. Le sue labbra carnose sono dischiuse, ci sono alcune spaccature che adornano il labbro inferiore. Le ciglia castane emergono folte dal suo viso. Allungo una mano e le sistemo una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Sembra un sogno che può finire da un momento all'altro, senza darmi il tempo di realizzare.
"Non andare via..."borbotta afferrandomi il polso improvvisamente.
"Mi hai detenuto abbastanza, ho da fare..."ribatto con tono duro, mi divincolo dalla sua presa e mi allontano.
Apre gli occhi in uno scatto e mi fissa come se fossi un mostro.
A volte mi domando dove siano i miei sentimenti.
Mi sento paralizzato.
"Devi scappare da mia sorella o qualcun'altra?!"urla fuori di sé.
È sveglia da quanto, due minuti? E già mi attacca, sicuramente non si potrebbe dire che le manchi la tenacia e la grinta. Le sue pozze nocciola mi fissano ardentemente.
"Non ho intenzione di farla aspettare..."ribatto con un ghigno camminando verso la porta e dandole le spalle.
"Brutto stronzo!"mi urla contro lanciandomi un cuscino che si schianta contro la porta.
"Non posso dissentire Luce. Magari riprova con un altro insulto..."ribatto con nonchalance.
"Hai il cervello delle stesse dimensioni del tuo..." si blocca rammentandosi delle mie dimensioni. Mi volto divertito in attesa che prosegua. Si è sollevata sulla schiena e copre i seni prosperosi mettendo le mani a conchiglia.
"Di cosa? Perché se ben ricordi in ogni caso le dimensioni non mancano..."ribatto ammiccando nella sua direzione. "È stato bello riccioli d'oro ma ora devo proprio andare..."
Apro la porta e appena la richiudo alle mie spalle, schianta qualcosa contro.
Più passa il tempo e più prendo consapevolezza che lei mi piace, nonostante sia sbagliata.
Ma non potrò mai darle quello che vuole.
Ho subito per anni una visione distorta di rapporto coniugale, finirei per farle del male.
Lei scapperebbe e mi abbandonerebbe anche lei e non potrei sopportarlo.
Non potrei mai darle dei figli, l'educazione di mio padre non ha fatto altro che distruggere me e mio fratello.
La terrò con me, tenendola alla giusta distanza.Così posso continuare a far sì che la sua luce continui a riflettere nel cristallo della mia mente.
Dandole ciò che vuole, finirei per spegnerla.
Non ci sarebbe più Luce, e il mio cristallo si infrangerebbe.

"Come mai quel sorrisetto soddisfatto? Chi ti ha sbattuto per bene?"domanda Malcom dandomi una spallata. Come sempre Malcom ha provato a convincermi a unirmi a lui e la sua famiglia per il pranzo di Natale e come sempre ho rifiutato.
Questo è un giorno in cui io e me stesso, ci prendiamo una pausa dal mondo.
"Sai che non vengo sbattuto ma sbatto..."ribatto leccandomi le labbra. Appena dischiudo gli occhi e sorseggio il caffè amaro ripenso al corpo di Diana sotto il mio, mentre oscillava ad ogni mia spinta.
Ci sono corpi che sono una semplice melodia priva di emozione, che ascolti ma con disattenzione,
poi c'è il corpo di Luce,
che racchiude in ogni nota un'emozione,
in ogni parte del suo corpo c'è un dettaglio unico da scorgere.
Non è monotonia ma sballo.
Non è peccato ma verità.
Non è regola ma eccezione.
Io non ho fede, eppure il suo corpo sta diventando la mia unica credenza.
Sono un credente senza fede, può avere senso? Ma tutto dal giusto punto di vista e con la dovuta attenzione assume un senso ben preciso che diviene chiaro ai nostri occhi. Mi chiudo nelle mie elucubrazioni invece di rispondergli.
Non voglio raccontargli come l'ho sbattuta e posseduta.
Non voglio dirgli come l'ho toccata e baciata.
Non voglio dirgli come l'ho fatta sentire e mi ha fatto sentire.
Voglio tenermi ogni dettaglio per me. Se fosse stata un'altra avrei condiviso ogni cosa senza dare troppa importanza al dettaglio o al generico.
Ma Luce è la mia eccezione alla regola e non può essere quella di nessun altro.
Dal sorriso furbesco che adorna e si espande sul volto di Malcom, capisco che ha colto il soggetto dei miei pensieri.
"Non sarà quella bomba della tua ex che lavora in ospedale con te?"domanda improvvisamente. Come sempre l'ho sopravvalutato.
"Kaya non è la mia ex..."ribatto scuotendo la testa disgustato. Tra di noi non c'è stato alcun legame, se non quello fra i nostri corpi.
"Ah no?"domanda accigliandosi.
"No, con lei mi divertivo e basta come faccio con tutte. E per di più ho scoperto che è la sorella maggiore della mia riccioli d'oro" ribatto sogghigno e getto il contenitore del mio caffè nel primo cestino che mi trovo davanti. Continuano a camminare per la città mentre il vento mi congela il viso con raffiche improvvise e penetranti.
"Lei è la tua copertura come lo è per me Kendall?"domanda scalciando un sassolino che sbatte contro un tronco poco più avanti. Malcom si raddrizza il ciuffo castano e stringe la sciarpa intorno al collo. Ha un atteggiamento nervoso, il suo cambio d'umore può essere legato ad uno dei due soggetti che ha citato, Kendall oppure la mia riccioli d'oro.
"Il rapporto mio con Diana è particolare. Nulla a che vedere con quello che hai con Kendall..."preciso. Estraggo una sigaretta e mi tappo la bocca prima di dire qualcosa di sconveniente. Sbuffo il fumo fuori per poi tirarlo dentro il mio corpo.
C'è sempre qualcosa che entra ed esce nella vita,
quando si prende una scelta,
quando si uniscono due corpi,
anche nella nascita,
nella morte.
L'anima che esce dal corpo e si rende libera per raggiungere la perfezione. La penserebbe così il caro Socrate.
L'anima con la morte si libera dall'imperfetta e limitativa prigione del corpo.
Prigioni e prigionieri, l'ho sempre detto che le persone sono delle prigioni e così i rapporti.
Mi ci vorrebbe un bicchiere di whisky per alleviare il senso di rabbia che man mano nasce dentro di me. Prima è un seme, poi diventa un germoglio e alla fine diventa una pianta radicata nel mio petto e nella mia mente che mi rende impossibile qualsiasi cosa, persino pensare diventa difficile.
Non capisco più nulla, agisco e basta.
Per questo mi tengo a bada, mi sedo con alcool e sigarette.
Sono uno psichiatra, non dovrei fare questo genere di errori.
Non dovrei rendere la dipendenza padrona ma non ne posso fare a meno.
È un'esigenza, , una necessità, tante parole per dire la stessa cosa.
Il termine d'uso varia a seconda della proprietà di linguaggio. C'è chi farà uso di termini colloquiali, chi utilizzerà un linguaggio più ricercato e per terminare ci saranno gli amatori del verbo, che utilizzeranno un linguaggio arcano, aulico che sarebbe comprensibili a poche menti e incomprensibile a molte. Ora domando a me stesso perché fare un discorso del genere o questo genere di pensieri? Per distarmi è naturale.
Ogni rumore,
ogni respiro,
ogni persona per me diventa qualcosa di insopportabile che non fa altro che accrescere quello che sento.
Ogni volta arriva all'improvviso, senza un perché, mi fa perdere il senno per poi andare via senza lasciare traccia della sua permanenza.
La rabbia è un angelo nero, che si veste di morte tradendo l'uomo con la sua falsa aria angelica.
È nemica,
distrazione e ego.
È possibilità di tutto quello che vorresti fare e dire ma non andrebbe fatto e detto. 
È un'abile menzognera che a volte fa dire ciò che pensiamo, altre volte ciò che sappiamo che ferisca l'altro ma non lo pensiamo realmente.
La rabbia è un'altra dipendenza di cui non riesco a fare a meno.
"Non ti fai mai troppi problemi nel parlare delle donne con cui hai avuto rapporti e ora non capisco perché tu te ne stia facendo. Ti piace più delle altre Victor? Per questo vuoi tenere ogni dettaglio per te?" domanda con tono provocatorio.
"È come tutte non c'è distinzione con le altre, se non le sue forme..."ribatto con schiettezza.
Lui non sa però che quelle forme sono pezzi di paradiso, trafugati dal cielo e portarti in terra e uniti nel corpo di una donna.
Non sa che le sue labbra sono due petali da mordere e strappare. Non sa che i suoi occhi sembrano quelli di una bambina innocente ma la sua mente è quella di un diavolo.
Sono sempre più certo che il diavolo sia donna.
Raggira, stuzzica e fa cadere l'uomo nel peccato.
Non c'è uomo che non sappia resistere ad un corpo seducente e ad un viso angelico.
Alla fine siamo tutti peccatori.
"Quindi se le facessi una proposta a lei e alle sue forme a te non dispiacerebbe?" domanda con un ghigno divertito.
"A te non dispiacerebbe se facessi una proposta a Kendall?"
Non sono abituato a rispondere ma piuttosto a domandare.
"No, quindi la mia risposta vale come se fosse anche la tua?" Inarca un sopracciglio e tenta di entrare nella mia mente con le sue domande stuzzicanti. Inspiro il fumo e lo sbuffo davanti a me.
Man mano il cielo si annuvola.
Ascolto il suono dei miei passi sull'asfalto e penso ad una risposta adatta da dare ad uno come lui, per far sì che limiti i suoi più malati istinti.
Luce non sa che lui come me, è un malato,
malato di sesso,
malato di possedere corpi e assaporare pelli.
Mi massaggio la fronte sorreggendo la sigaretta fra due dita.
"Non accetterebbe mai, non spingerti troppo il là. Altrimenti ti trovo e ti taglio le palle con tutta la lentezza possibile" rispondo con un sorriso convincente.
Con quante donne ci sono qui a Seattle,  non capisco perché debba provarci con la mia.
Con la mia finta mia in realtà.
Quindi lei è in realtà libera e lui è un cazzone che non sa tenerselo nei pantaloni.
Diana non accetterà mai, sono sicuro, per di più è il fidanzato di una sua amica.
Dove la mette la fedeltà che c'è fra donne, il loro codice etico, perché Diana è evidentemente una persona che conserva un codice etico e non ci vuole molto a capirlo.
"Non ci proverò per un solo motivo e sai benissimo anche tu qual è..."biascica grattandosi nervosamente la nuca.
"Kendall..."ribatto con evidenza. Non lo fa solo per non perdere la sua copertura.
Le altre donne non le potrebbe scoprire, ma una sua amica che glielo dice, farebbe calare la maschera di Malcom e farebbe vedere il diavolo che si nasconde dietro il volto da gentleman.
Getto la cicca e la spengo sotto i piedi muovendo il piede nervosamente da destra a sinistra.
Così vorrei schiacciare tutti i miei problemi,
tutti i ricordi che mi assillano e mi rendono prigioniero di me stesso.
Ognuno di noi alla fine in qualche modo finisce irreparabilmente per essere la prigione di sé in qualche modo.
Fingiamo tutti di essere liberi con la stessa facilità con cui fingiamo di essere felici, quando in realtà dentro nascondiamo le urla della nostra anima.
Tutto viene taciuto, nulla viene cambiato.
Stesse sbarre,
stesse regole,
stessi giocatori.
Nulla viene variato finché non varia il giocatore principale che siamo noi stessi.
Noi siamo gioco, partita, vincita e perdita.
Ogni fattore e incidiamo su tutto.
Se Luce lasciasse in pace la mia testa, potrei starmene nascosto nella mia oscurità,
con il caos che si infrange fra le mie membra e i frammenti che si sparpagliano sulle mani.
Lascerei che il whisky mi viziasse,
che le donne della mia routine mi sballassero.
Resterei il solito uomo e mostro per metà.
Resterei tranquillamente quello che sono.
Resterei solo con il diavolo dentro di me,
senza stelle che adornano l'oscurità,
senza fiori che sbocciano sotto la luna nella notte.
Con lei perdo l'equilibrio del mio caos.
Ed io che sono tanti per tutti, e sono lo stesso per me stesso, finisco per essere nessuno.
E alla fine cosa succede?
Finisce sempre nella stessa maniera, con me che faccio da spettatore e la anima che brucia come un giornale di carta, arsa dall'indecisione.
Ma fra le mani resta comunque della cenere che racchiude l'inizio e la fine del mio tutto.

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