BRIAN
Sono andato avanti e indietro mille volte sul pianerottolo senza prendere una decisione. Volevo entrare, ma non sapevo se fosse il caso, se lei mi volesse. Ho preso la maniglia altrettante volte e poi l'ho lasciata. Alla fine mi sono deciso a scendere e ad andarmene, ma non ho neanche messo il piede fuori dal portone che risalgo su di corsa, i gradini tre alla volta che quasi volo. Aisha sta urlando, non so perché e mi decido ad entrare. La trovo distesa sul pavimento, gli occhi chiusi, gonfi e rossi. Segno che stava piangendo.
Mi precipito da lei con il cuore in gola e la metto sulle mie gambe sostenendole la testa con le mani che tremano. Non so che fare. Cerco di chiamarla, ma non si sveglia. La scuoto appena e niente. Sto quasi per chiamare Blake e Aria che sono nell'appartamento difronte quando Aisha inizia a riprendere i sensi.
Quando apre gli occhi è disorientata, è palese, ma quando mi nota smette di agitarsi e si stringe al mio petto. Sta tremando. Cazzo, sta tremando e io stavo per andarmene e lasciarla qui distesa, da sola, prima di sensi.
-Aisha cos'è successo? Te lo ricordi?- mi azzardo a chiedere senza allontanarla dalla mia presa salda.
-Io... S-stavo piangendo p-per...- la frase è interrotta dai suoi singhiozzi. La porto a cavalcioni sopra di me, lei continua a piangere sulla mia spalla bagnandomi tutta la maglietta e io continuo a rassicurarla e cerco di calmarla.
-Devo dirti una cosa, Brian- dice tirando su col naso e spostandosi leggermente per guardarmi negli occhi.
-Dovremmo fare un viaggio- la ignoro facendola appoggiare di nuovo a me. non è pronta per parlarne e onestamente non credo di esserlo neanche io per ascoltarla.
-Brian...- cerca di allontanarsi di nuovo, ma glielo impedisco.
-Farebbe bene a tutti. Magari per le vacanze di Natale che ne dici?-
-Io amo il Natale e non credo che torneremo a casa quindi si potrebbe fare- decide di assecondarmi e mi spunta uno stupido sorriso, solo perché sono riuscita a farla smettere di piangere. Anche se siamo ancora sul pavimento. Lei sopra di me. Non sento il bisogno di fare altro. voglio solo esserci per lei. esserci davvero.
-Deciso allora. Andremo o a New York, a Natale è da togliere il fiato, oppure ovunque tu voglia- si allontana di nuovo da me e non glielo impedisco stavolta.
-Grazie- una parola. Una singola parola che riesce a togliermi, almeno in parte, il peso che ho sul cuore da quando sono entrato e l'ho vista priva di sensi.
Restiamo un altro po' così mentre cantiamo delle canzoni che ci vengono in mente al momento. È una bella sensazione. Parliamo del futuro. Di quando e se entrerò nella NFL. Lei vorrebbe fare medicina anche se in realtà ama la musica e le piace recitare. Ci confidiamo come dei vecchi amici, senza vergogna o paura di essere giudicati.
Quando Aisha si addormenta su di me, passo cinque minuti buoni ad osservarla prima di prenderla in braccio e portarla a letto. Senza dire niente mi tolgo le scarpe e la maglietta, restando a torso nudo e con solo i jeans e mi infilo sotto le coperte dietro di lei. la abbraccio e lei ricambia la stretta lungo le mie braccia e si spinge più indietro facendo aderire alla perfezione i nostri corpi. Metto il mento nell'incavo della sua spalla e la annuso stampandomi in testa il suo odore, anche se ormai lo conosco benissimo, e le bacio la spalla.
Mi sveglio alle otto spaccate. Aisha sta ancora dormendo quindi ne approfitto per andare a casa mia per farmi una doccia veloce e cambiarmi i vestiti poi torno da lei, sta ancora dormendo. La sveglio seppur controvoglia.
Cinque minuti dopo siamo in macchina e quasi arrivati in ospedale. Ci fermiamo ad un bistrot per prendere la colazione anche a Oliver. Arrivati davanti la stanza di Alyssa sono io il primo ad entrare, Aisha si nasconde dietro di me come se avesse paura del mio amico.
-Non dovresti essere ad allenarti capitano?- Oliver non ha nemmeno bisogno di alzare gli occhi verso la porta per sapere che siamo noi. È con le mani congiunte, seduto sulla sedia accanto al letto e ha lo sguardo fisso sulla ragazza in coma.
-Mio fratello aveva bisogno di me. e questo viene prima di tutto- dico con una scrollata di spalle e passandogli il sacchetto con la colazione. Lo prende e accenna un debole sorriso prima di notare Aisha alle mie spalle stretta al mio braccio.
-Vuoi sederti?- le chiede alzandosi senza aspettare la sua risposta. Così Aisha va verso la sedia, gli butta le braccia al collo scusandosi per ieri.
-È acqua passata. Eravamo entrambi arrabbiati e ce la siamo presa con il primo che è capitato. Dispiace anche a me- per quanto si sforzi di sembrare normale. Di sorridere, i suoi occhi sono spenti. Non riesco a vederlo così.
-Ieri io e Aisha abbiamo deciso di fare un viaggio la settimana di Natale, dopo tutto quello che ci sta succedendo dovremmo pur rilassarci prima della partita finale dei playoff no? Ovviamente tu e Alyssa siete invitati, senza scusa- Oliver ha un momento di confusione prima di capire ciò che sto facendo: gli sto dando una speranza. Perché è quello di cui tutti abbiamo bisogno ora. Oliver annuisce e mi abbraccia, senza dire niente. Nel modo estremamente virile in cui si abbracciano i ragazzi. Mentre Aisha sta bisbigliando qualcosa all'orecchio della sua amica. Ad un certo punto inizia a cantare stringendole la mano e con le lacrime agli occhi e io senza pensarci più di tanto prendo il telefono e le faccio un video.
My heart is beat, beat, beat yeeeh
Your heart is beat, beat, beat mmhh
My heart is beat, beat, beat yeeeh
Your heart is beat, beat, beat mmhh
When I look into your eyes
I can see what you feel
You have my heart
And it's amazing
I am the love you feel
You the love I want
Come baack to me
Come baaack
Come baaack, baby
Coome back
My heart is beat, beat, beat yeeeh
Your heart is beat, beat, beat mmhhhh
Aisha non è la sola a piangere in questo momento. Io e Oliver non abbiamo mai pianto o almeno non come adesso. Non è da noi. Fino ad ora almeno. Perché sembro un bambino mentre cerco di farmi forza per consolarla, per consolare anche il mio migliore amico. Spero solo di esserne in grado.

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Il Mio Destino Sei Tu
RomansaAisha Price ha sempre avuto una predisposizione per il drammatico e il catastrofico e un gran talento nel pensare sempre al peggio e quando questo si avvera decide di partire per l'America. Con un tumore al cervello e il primo anno di università che...