Finale Alternativo

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Rose Weasley incrociò le braccia al petto e sbuffò. Si appoggiò allo schienale della scomoda sedia in legno, e abbassò lo sguardo sul tavolino davanti a sé.
La scacchiera giaceva intatta, e le pedine si guardavano attorno annoiate tanto quanto Rose. L'orologio Fisher accanto alla scacchiera era immobile; Rose, giocando con i bianchi, sapeva che avrebbe potuto già fare la prima mossa e attivare l'orologio, in modo che il tempo del suo avversario scorresse, ma non l'aveva fatto per correttezza.
Ora però ogni suo buon proposito era andato a farsi benedire, dopo mezz'ora passata ad aspettare il suo sfidante.
I maghi sulle gradinate attorno a lei stavano chiacchierando producendo un basso e costante ronzio, che stava iniziando a farle venire mal di testa.
Rose iniziò a battere la punta del piede a terra, contando i secondi e sbuffando di nuovo.
Erano le finali nazionali di scacchi, e il suo avversario era in ritardo di mezz'ora.
Rose non ce la fece più; si alzò di scatto in piedi guardando con rabbia il pavimento e a testa bassa si allontanò svelta dal tavolino.
Camminò in fretta, senza guardare in faccia nessuno e senza alcun'intenzione di rilasciare dichiarazioni alla stampa.
Avrebbe tentato l'anno prossimo, con un avversario decente...
Rose andò a sbattere contro qualcosa, e perse l'equilibrio cadendo a terra e sbattendo il ginocchio sulle piastrelle.
Trattenne un grido di dolore, e si sollevò sulle braccia notando che era caduta a terra sopra un ragazzo.
Il mormorio della sala parve svanire, e Rose sentì solo il suo cuore battere con lentezza e forza nelle orecchie.
Il ragazzo accanto a lei si tirò su a sedere, e si passò una mano tra gli arruffati capelli castano rossicci, dello stesso colore dello sciroppo d'acero.
Gli occhi chiusi facevano aprire a ventaglio ciglia folte e nere sugli zigomi alti e casellati. La mascella squadrata e definita si contrasse mentre il ragazzo piegava le labbra carnose in una smorfia di dolore.
La sua pelle era abbronzata, come se avesse passato troppe giornate a prendere il sole su una spiaggia caraibica.
Julian aprì gli occhi, di uno spettacolare verde foglia, e li puntò nei suoi.
-Dobbiamo smetterla di incontrarci così, non credi?- chiese lui, dopodiché piegò le labbra in un sorriso e una scintilla gli illuminò gli occhi verdi.
Rose era rimasta immobile a fissarlo, chiedendosi se quello fosse un sogno oppure la realtà.
Di colpo ricordò il giorno in cui si erano conosciuti, ma quel ricordo le portò alla mente anche il viso di Scorpius e una vampata di dolore le incendiò i polmoni.
-Scusa il ritardo, Diagon Alley è un vero inferno... c'era questo mago impazzito che lanciava fatture a destra e manca... stai bene?- chiese Julian, che si era ormai alzato in piedi.
Rose, ancora seduta a terra, si impose di respirare e calmare i battiti impazziti del suo cuore.
La verità era che non aveva mai pensato di poterlo rivedere, e che aveva seppellito il suo ricordo e l'amore per lui in un cassetto, gettando via la chiave.
Nel suo campo visivo si introdusse una mano ambrata, dalle dita magre e nocche sporgenti. La mano di un pianista.
Rose si riscosse, e accettò la mano di Julian che la aiutò a tirarsi su.
-Come va il ginocchio?- chiese Julian con un sorriso così luminoso da disarmarla.
Rose si rese conto appena del dolore alla gamba, mentre camminava, perché la sua mente era altrove.
-Bene- rispose lei piano, mentre tornavano a sedersi al tavolino.
Presero posto, e Rose alzò lo sguardo dalla scacchiera verso Julian.
Il ragazzo poggiò i gomiti sul tavolino, e incrociò le mani davanti al viso mentre la guardava.
-Prego- disse lui indicandole la scacchiera.
Rose si riscosse rendendosi conto che aveva i bianchi, e le tornò in mente l'ultima e unica partita che aveva giocato con Julian.
Il brasiliano l'aveva battuta in pochissimo tempo, e Rose ricordò che aveva giocato con i neri allora.
Girò la scacchiera, finché non ebbe sotto gli occhi la fila di pedine nere.
Julian parve sorpreso, ma solo per un istante.
Mosse un pedone in D4, e allungò una mano per premere il bottone che attivava l'orologio.
Dopodiché iniziarono a giocare.
Julian era bravo come ricordava, ma Rose era migliorata molto di più dai tempi della scuola.
Aveva fatto degli scacchi la sua vita, concentrandosi solo sulle pedine e sulle caselle bianco nere della scacchiera.
Aveva reso fiero suo padre, diventando una campionessa nazionale, ma Rose non era mai stata fiera di se stessa.
Non era la fama il motivo per cui giocava a scacchi.
-Scacco matto- disse Rose, e il suo cavallo nero distrusse con gli zoccoli il re bianco di Julian.
La folla attorno a loro scoppiò in applausi, e diversi flash di macchine fotografiche li avvolsero mentre Julian guardava incredulo la scacchiera.
Pian piano gli spuntò un sorriso, e il ragazzo tossì una risata rialzando gli occhi su di lei.
-Ne hai fatta di strada, Rosalie, dalla nostra ultima partita-
Rose abbozzò un sorriso, mentre le pedine rotte sulla scacchiera si ricomponevano per magia, e si alzò dalla sedia nello stesso momento di Julian.
Il brasiliano le porse una mano, e Rose gliela strinse sentendo una piccola scarica elettrica pizzicarle la pelle.
La sua mano pallida accanto a quella bronzea di Julian le provocò una valanga di ricordi, e Rose si affrettò ad abbassare la testa e togliere la mano dalla sua, prima che il ragazzo potesse leggerglieli in viso.
Si voltò e si fece largo tra la massa di giornalisti e fotografi che volevano un'intervista da lei, o anche solo due parole in merito alla partita.
Rose uscì a testa bassa dall'edificio, e si trovò sulla stradina acciotolata e affollata di Diagon Alley.
Prese un profondo respiro, che sapeva di zucchero filato e gelato proveniente dal Sugarplum's Sweetshop, e si iniziò a incamminare per la lunga strada, facendosi largo tra la folla.
-Rose!- gridò una voce dietro di lei, e Rose si immobilizzò sul posto trattenendo il fiato.
Non pensava che Julian l'avrebbe davvero seguita, e una parte di lei era sin troppo felice di questo.
Si voltò, e vide il brasiliano fermarsi accanto a lei, con i capelli scompigliati per la corsa.
Il suo profumo speziato e tropicale le arrivò alle narici, facendole tornare alla mente tantissimi ricordi.
-Verresti a bere una birrobirra? Per... per festeggiare la tua vittoria- disse Julian passandosi una mano sulla nuca e scompigliando i capelli ancora di più.
-Sì- Rose non riuscì a impedirsi di rispondere, e Julian in un attimo la affiancò.
Attraversarono il viale di Diagon Alley insieme, in silenzio e senza guardarsi.
Rose percepiva la presenza di Julian accanto a sé, e di tanto in tanto il vento soffiava accanto a lui portandole il suo dolce profumo e facendole chiudere gli occhi per una frazione di secondo.
In quella frazione di secondo lei non era spezzata dentro, e lui non era mai andato via.
Entrarono in un piccolo pub, che scelse Julian, e Rose non lesse nemmeno il nome sull'insegna ma osservò rapita il modo in cui Julian le teneva aperta la porta per farla entrare.
Il pub era piccolo e semi vuoto, ornato di tavoli rotondi e deserti sparsi qua e là.
Julian si diresse verso un tavolo accanto al caminetto a muro semi spento, e sedendosi puntò la bacchetta verso di esso ravvivando le fiamme.
-Cosa vi porto?- chiese un anziano barista avvicinandosi al loro tavolo, e guardandoli con una strana espressione di stupore mista a confusione.
Era ovvio che non vedeva entrare tanti clienti.
-Per me una burrobirra, tu invece?- chiese Julian spostando gli occhi verdi su Rose, e la ragazza trattenne il fiato.
-Per me lo stesso- rispose lei, senza pensarci troppo.
Rose portò i gomiti sul tavolo, e finse di guardarsi attorno mentre Julian si toglieva il cappotto e lo appendeva allo schienale della sua sedia.
Indossava una camicia bianca, che si intonava meravigliosamente alla sua pelle bronzea.
-Allora... è da tanto che non ci vediamo- disse Julian incrociando le mani sul tavolo, e tornando a guardarla.
-Da sei anni- rispose Rose, e si pentì subito d'averlo detto.
Il barista tornò con due bottiglie di birrobirra, e Rose prese la sua tra le mani trovando il vetro freddo e bagnato di condensa.
-Come... come ti vanno le cose?- chiese Rose, giocherellando con l'etichetta della bottiglia.
Julian scrollò le spalle, con un mezzo sorriso -Vanno molto bene. Io ed Elvira abbiamo lasciato il Brasile qualche anno fa per iniziare la formazione da Auror... e ce l'abbiamo fatta. Siamo due Auror del Ministero inglese ora... per quello ho fatto tardi alla partita, c'era un mago pericoloso che ho arrestato-
Rose spostò lo sguardo nel suo, e non poté fare a meno di sorridere -Sono... sono felice di sentirlo. Elvira come sta? Sono tanti anni che non la vedo...-
Julian spostò gli occhi verdi nei suoi, e il suo sorriso si rabbuiò -Elvira sta bene... lei e Dominique si sono sposate. Avevo sperato di vederti al loro matrimonio ma... ma tu non c'eri-
Rose si sentì arrossire dall'imbarazzo, e lo stomaco le si aggrovigliò.
-Mi dispiace... non sono stata molto in me ultimamente- rispose lei.
Una parte di Rose si odiava per aver perso i contatti con la sua famiglia, per essersi persa il matrimonio tra Elvira e Dominique e anche quello tra Alice e Albus.
-Ho sentito ciò che è successo... con Scorpius. Me l'ha detto Dominique. Deve essere stata molto dura per te- disse Julian piano.
Rose strinse nella mano il collo gelido della bottiglia, e se la portò alle labbra prendendo un abbondante sorso.
-L'ho superata, sto bene- disse Rose, perforando il tavolo con lo sguardo.
Non reggeva molto, lo sapeva. Avrebbe dovuto guardare dritto negli occhi Julian pronunciando quelle parole... un bravo bugiardo avrebbe fatto così.
Lei tuttavia non aveva più le forze per mentire.
Da quando il cancro aveva portato via Scorpius, Rose non aveva avuto più le forze per fare molte cose.
-Sono passati solo due anni, immagino non sia facile...-
Rose spostò di scatto gli occhi nei suoi, e sentì la sua espressione indurirsi -E tu come sai quanto tempo è passato?-
Julian si spostò a disagio sulla propria sedia, e unì le mani scrocchiandosi le dita con un suono secco.
-Me lo ha detto Dominique. Lei ed Elvira vengono a cena da me ogni tanto... la bionda ama le mie enchiladas- spiegò Julian.
Rose prese un altro sorso di burrobirra, lasciando scivolare lo sguardo sul camino.
-E tu invece... tu ti sei... sposato?- chiese Rose, e rischiò di soffocarsi da sola pronunciando l'ultima parola.
Perché le era così difficile dirlo? Perché l'idea di vedere Julian sull'altare insieme a una ragazza vestita di bianco le faceva così male?
Julian scoppiò a ridere, scuotendo la testa -No, no. Ho avuto qualche flirt ma... nulla di serio. Non dopo che... dimmi di te piuttosto, come mai giochi a scacchi?- chiese Julian interrompendo bruscamente la sua stessa frase a metà.
Rose lo guardò stupita, e stranamente le uscì di bocca la verità -Perché mi impedisce di pensare. Perché c'è un intero mondo in quelle caselle, e i pezzi si muovono ognuno seguendo regole e schemi... so che sulla scacchiera posso avere il controllo, e che se mi faccio male è solo perché sono io che l'ho permesso. E non lo permetto mai-
Rose si sentì avvampare e portò la bottiglia alle labbra mettendosi a guardare il camino vicino al loro tavolo.
-Ehm e... e tu come mai giochi a scacchi? Ci vuole impegno per arrivare alle nazionali- disse Rose riportando lo sguardo nel suo, e cercando di alleggerire la tensione che si era creata nell'aria.
Tuttavia Julian la guardava con uno sguardo così intenso da farle correre la pelle d'oca sulle braccia, e non fece che aumentare ancora di più la tensione.
-Vuoi la verità? Perché sono tentato di mentirti per non metterti in soggezione...- mormorò Julian, e a Rose parve di intravedere un alone rosato comparire sui suoi zigomi.
La rossa sorrise -Certo che voglio la verità! Insomma, non potrai mai dire nulla di così sconvolgente da terrorizzarmi-
Julian rigirò la bottiglia ormai vuota tra le dita, osservandola, e le rispose.
-La verità è che ho scalato le nazionali di scacchi per te. Ho saputo da Dominique che per superare la morte di Scorpius ti eri data agli scacchi e avevi tagliato i ponti con tutti... e ho capito che questo era l'unico modo per poterti rivedere. Perciò ho seguito i tuoi progressi nei tornei e... e ti ho trovata-
Rose sgranò gli occhi, sentendo il cuore farle una capriola nel petto, e fu una fortuna che Julian stesse guardando la bottiglia perché era certa di essere arrossita ancora di più.
-E... perché lo hai fatto? Dominique dovrebbe averti detto che non ne valeva la pena, che non sono più la ragazza di una volta- disse Rose piano.
Julian abbozzo un sorriso, e riportò gli occhi nei suoi -Non è così. Io ti guardo e vedo una donna ora, sì, ma allo stesso tempo sei la stessa. Riconosco il modo in cui mi guardi, il modo in cui arrossisci, in cui fai correre gli occhi in giro quando sei in imbarazzo... tu sei ancora tu-
Rose sentì gli occhi riempirsi di lacrime, e sbattè in fretta le palpebre abbassando lo sguardo.
-Julian perché sei qui?- chiese Rose piano, sentendo un peso sul petto toglierle il fiato.
Il brasiliano la guardò, studiando il suo viso per qualche secondo, dopodiché tolse le mani dalla propria bottiglia e prese qualcosa dalla tasca.
Rose lo vide tirare fuori un portafogli, e prendere qualcosa di bianco dal suo interno.
Porse un piccolo foglietto a Rose, mettendolo sul tavolo.
-Sono qui per questo- disse lui piano.
Rose aprì il foglio, e vide che nelle pieghe la carta era talmente rovinata da rischiare di rompersi, segno che era stato aperto molte volte.
Il fiato le si bloccò in gola quando capì che si trattava della lettera che Rose gli aveva scritto.
La rossa la ripiegò, riappoggiandola sul tavolo.
-Mi dispiace, non avrei dovuto scriverla, io...-
-Era tutto vero?- la interruppe Julian -Quello che hai scritto nella lettera... il fatto che mi amavi... era vero?-
Rose sollevò la testa di scatto, incontrando il suo sguardo serio e concentrato.
-Certo che lo era, ogni singola parola- rispose Rose confusa.
Julian la guardò con fermezza -Nella lettera hai scritto che speravi che io trovassi la ragazza giusta, te lo ricordi?-
Rose annuì, e Julian continuò -Non l'ho mai trovata in questi anni, semplicemente perché non era da trovare. Perché io avevo già conosciuto la ragazza giusta, la mia anima gemella, e non potevo innamorarmi di nessun'altra. E la ragazza di cui parlo sei tu. Non hai mai lasciato il mio cuore, querida, mai.-
Rose sentì una piccola fitta al petto sentendo Julian chiamarla così.
Sbattè un fretta le palpebre per scacciare le lacrime, e si affrettò ad alzarsi dal tavolo poggiandovi le mani sopra per impedire loro di tremare.
-Forse dovrei andare- disse Rose cercando di inghiottire a vuoto il magone in gola.
Julian fece il giro del tavolo e le fu di fronte in un attimo.
-Rose so che sono passati troppi anni, e che hai perso Scorpius... ma io sono qui per te- disse Julian prendendola per le spalle, e abbassando il viso verso il suo per guardarla negli occhi -Se non provi più niente per me lo capirò... ma io ti amo ancora, querida, ti amo ancora-
Rose sentì la bolla di dolore nel petto gonfiarsi sempre di più, fino a scoppiare facendole emettere un acuto singhiozzo. Le lacrime ruppero gli argini degli occhi, e Rose si ritrovò in un istante a piangere.
Julian la prese subito tra le braccia, e Rose vi si ranicchiò beandosi del suo dolce profumo e del suo calore.
-Rose posso solo immaginare quando sia difficile per te senza di lui... e non pretendo nulla da te. Ma ti prego, lascia che io faccia parte della tua vita. Anche solo da amici, ti prego- sussurrò Julian al suo orecchio, accarezzandole la schiena con una mano, una volta che Rose si fu calmata.
La ragazza si scostò dal suo abbraccio, e si passò le mani sulle guance per asciugare le lacrime.
Alzò il viso verso il suo, così vicino da sorprenderla, e piegò le labbra in un sorriso -Io e te non siamo mai stati solo amici- disse Rose piano.
Allungò una mano e prese il coraggio di accarezzargli una guancia con le dita. La sua pelle era morbida e liscia come la ricordava, e Rose socchiuse gli occhi mentre lo guardava.
Lasciò parlare il cuore per una volta, permise alla verità di venire a galla.
-E non potremo mai essere solo amici- disse Rose piano. Con la mano seguì il contorno del suo viso, fino al mento, dove si soffermò.
I suoi occhi guardarono le sue labbra piene, mentre lo stomaco le si aggrovigliava sempre di più.
Alzò lo sguardo in quello di Julian, e s'innamorò di nuovo di lui come se non fossero passati anni.
-Perché una parte di me ti ha sempre amato e... e non ha mai smesso di amarti- confessò Rose, poggiando le mani sul suo petto. Sotto i palmi sentì il cuore di Julian battere forte e veloce come un tamburo.
Rose sentì le braccia del ragazzo circondarle la vita, e attirarla di un altro passo a sé.
-Sappi che il mio autocontrollo ha un limite, querida. E che se mi dici questo... guardandomi così... io rischio di non volerti più lasciar andare. Mai più- mormorò Julian piano, alzando una mano e facendola correre sulla sua guancia, per poi portarle i capelli dietro a un orecchio.
-Allora resta con me, per sempre- mormorò Rose, avvicinandoglisi così tanto da sentire il respiro di Julian sulle sue labbra.
Un lampo di comprensione e dolcezza corse nelle sue iridi verdi, e il brasiliano si sporse in avanti posando le labbra sulle sue.
Rose portò le mani sulle sue spalle e si alzò sulle punte dei piedi, ricambiando il suo bacio, e aggrappandosi a Julian come se avesse paura di cadere.
Uno sciame di pipistrelli le divorò lo stomaco, e Rose approfondì quel bacio sentendosi morire di felicità.
Tremava tra le sue braccia, mentre si baciavano come se il mondo potesse finire da lì a pochi minuti.
Fu la cosa più giusta della sua vita. Trovarsi lì, tra le braccia di Julian, avvolta dal suo profumo... era finalmente felice.
Era finalmente di nuovo a casa.

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