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-Alice-
La ragazza trattenne il fiato, riconoscendo la sua voce.
Si alzò da terra dando lievi manate sui jeans per togliere la neve che le era rimasta attaccata alle ginocchia.
Albus era di fronte a lei, le mani nelle tasche del giubbotto nero a collo alto, che faceva un bellissimo contrasto con la pelle chiara e i capelli altrettanto neri e arruffati.
I suoi occhi blu mare corsero dietro Alice, verso il pupazzo di neve che la ragazza aveva costruito.
-Carino- mormorò.
La ragazza incrociò le braccia davanti al petto, stringendo le labbra in una linea dura.
-Hai improvvisamente deciso di parlarmi di nuovo?- chiese duramente.
-Alice...- Albus sospirò chiudendo gli occhi.
-No perché, per quanto ne so, la settimana scorsa mi hai definita la tua ragazza. O sbaglio? E poi mi hai ignorata per giorni, Albus, per giorni!- sbottò Alice.
Doveva dirglielo. Non poteva fare finta di niente. Non dopo aver passato notti insonni a pensare a lui; non dopo aver sentito la ormai familiare stretta al petto quando lo incontrava in Sala Grande e lui non ricambiava mai il suo sguardo.
-Alice lo so che mi odi e hai ragione. Ho fatto ciò che dovevo fare per farmi odiare da te. Ora posso lasciarti andare- disse Albus guardando fisso un punto in lontananza tra le colline spolverate di neve -Io volevo correre da te, e chiederti scusa; lo volevo ma... è meglio così. Fidati. È meglio non avere a che fare con me-
Alice si sentì mozzare il respiro, e guardò Albus a bocca aperta dallo sconcerto.
Lui la stava lasciando.
-Forse potevi pensarci prima!- gridò lei. Per fortuna erano abbastanza lontani da casa Weasley e nessuno la sentì -Potevi pensarci prima di baciarmi!-
Albus abbassò la testa -Hai ragione-
-Non voglio avere ragione!- sbottò subito Alice.
Fece due lunghi passi mettendosi davanti al ragazzo, e puntandogli un dito al petto.
-Perché lo hai fatto? Perché mi hai fatto questo?- Alice sentì la sua voce incrinarsi dal pianto, e strinse le labbra cercando di ricacciare indietro le lacrime.
-Non lo so...-
-Mi merito almeno una risposta sincera! Albus guardami!- esclamò Alice.
Il ragazzo indietreggiò di un passo, scuotendo la testa.
-Perdonami- disse piano, dopodiché si voltò dandole le spalle.
-Hey!- gridò Alice.
Corse per raggiungerlo; sotto la neve l'erba era ormai ghiacciata e la ragazza scivolò puntando i palmi a terra per non cadere.
Raggiunse Albus e lo tirò per un braccio per farlo voltare verso di lei, ma non andò come previsto.
I suoi scarponi schizzarono in avanti e la ragazza si sentì cadere all'indietro con il cuore che le sprofondava nello stomaco.
Albus, che si era mezzo voltato verso di lei, allungò un braccio per sorreggerla.
Caddero entrambi nella neve e rotolarono giù per la collina uno sopra l'altro.
Quando il mondo smise di girarle attorno, Alice si accorse di essere stesa sulla schiena nella neve, con i capelli di Albus a solleticarle il viso.
Il ragazzo si tirò su, reggendosi su un gomito per mettere una distanza tra i loro colpi, e Alice si sentì mancare un battito.
Albus le era talmente vicino che il suo profumo di pino e valeriana la avvolgeva; i suoi capelli erano pieni di neve e le guance arrossate dal freddo spiccavano sul suo viso come due albicocche mature.
Ma più di tutto, gli occhi blu di Albus erano fissi nei suoi.
Era da troppo tempo che non la guardava, Alice si sentì stringere il petto da un'emozione che non riconobbe.
Dolore? Dolcezza? Non sapeva dirlo.
Albus allungò una mano e le scostò una ciocca di capelli dalla guancia. Le sue dita erano così fredde da sembrare calde contro la pelle ghiacciata di lei.
-Sei bellissima- Albus emise una nuvoletta di vapore quando parlò.
Alice si sentì mancare un battito, e allungò una mano verso il viso di Albus.
Non poteva essere arrabbiata con lui, non quando erano così vicini, non quando le era mancato così tanto.
Quando Albus chiuse gli occhi sotto il suo tocco, Alice si tirò su reggendosi con un braccio premuto a terra e annullò la distanza che li separava unendo le loro labbra.
Baciarlo fu semplice e naturale come respirare. Immediatamente Albus le prese il viso tra le mani approfondendo il bacio e Alice si tirò su stringendosi a lui.
Seduti nella neve e tremanti dal freddo non era la situazione ideale, ma a Alice non importava.
Baciare Albus era qualcosa di spettacolare, era come se potesse scoppiare di felicità, come se potesse toccare il cielo con un dito.
Gli accarezzò i capelli corvini che si arricciavano sulla nuca, trovandoli freddi e bagnati.
Alice avrebbe voluto non staccarsi mai da lui, ma per tutto il tempo aveva trattenuto il fiato e incominciava a sentirsi la testa leggera.
Si tirò indietro respirando affannosamente dalla bocca l'aria fredda dell'inverno.
Albus faceva altrettanto, tenendole ancora il viso tra le mani e guardandola negli occhi.
-Non posso lasciarti, accidenti!- sbottò Albus chiudendo gli occhi e passandosi le mani sul viso per poi tirare indietro i capelli che gli erano ricaduti sulla fronte.
Alice non sapeva cosa rispondere, stava semplicemente immobile a guardarlo.
-Io non vado bene per te... è così. Dovrei farmi da parte e lasciarti. Dovrei- Albus disse l'ultima parola con frustrazione, sospirando.
-Perché dovresti?- chiese Alice piano.
Albus riportò gli occhi nei suoi, e Alice fu sicura di vedere un lampo di tristezza attraversarli.
-Perché faccio soffrire tutte le persone che mi stanno attorno. Non so nemmeno io come ma... finisco sempre per fare qualche cazzata e farmi odiare da tutti- Albus fece spallucce, sbuffando con un mezzo sorriso per nulla divertito.
-Io non ti odio- disse subito Alice.
Albus inarcò un sopracciglio -Perché no?- chiese.
Alice avrebbe voluto chiedergli se era una domanda seria, la sua, ma decise di non farlo.
Sapeva che non avrebbe potuto odiarlo mai, siccome già lo amava.
-Non posso odiarti. È impossibile- disse semplicemente.
-Alice ti ho ignorata per giorni, io... credo di averti fatta soffrire e...- Albus fece una pausa abbassando lo sguardo sulla neve -...ha fatto soffrire me- mormorò piano.
Alice sussultò. Poggiò le mani dietro di sé sulla neve e si spinse in avanti per stare più vicina ad Albus.
Quando gli prese una mano, il ragazzo alzò lo sguardo verso di lei.
Sembrava stanco, Alice notò solo in quel momento le occhiaie che gli contornavano gli occhi blu.
-Smettila di pensare che le persone ti odino, perché non è vero- disse Alice -Sei solo tu che odi te stesso e devi smetterla. Non hai nulla che non va, non fai soffrire gli altri... e se lo fai, non lo fai apposta. E chi ti ama ti perdonerà sempre, perché ti ama per come sei- Alice si sentì arrossire e abbassò gli occhi sulle loro mani intrecciate.
Le piacevano le dita di Albus: lunghe e magre, con le nocche sporgenti.
Il pensiero fulmineo di sua madre la colse all'improvviso, e ricordò il modo esatto per definirlo: Albus aveva le mani di un pianista.
-Mi dispiace di non averti lasciata parlare, quella volta in Sala Grande- Alice alzò lo sguardo verso di lui, sorpresa.
-Tu stavi cercando di dirmi una cosa importante, e io... perdonami- Albus le accarezzò il dorso della mano con il pollice.
-Io ti perdonerò sempre- mormorò Alice.
Sapeva che, per via di ciò che aveva detto prima, era come ammettere di amarlo.
-Puoi... vuoi ancora raccontarmi di come vi siete conosciuti tu e Lucien?- chiese Albus guardandola incerto.
Alice serrò le dita tra le sue, mentre la paura inziava a serpeggiarle nello stomaco.
-Sì...- rispose lei. Prese un profondo respiro per calmarsi.
-Forse è meglio parlarne più tardi però. Siamo entrambi fradici e tu stai tremando dal freddo- disse Albus.
Alice non si era nemmeno accorta di star tremando, e si rese conto che la mano che stringeva quella di Albus era intorpidita e dolorante.
Annuì e il ragazzo la aiutò ad alzarsi.
Risalirono la collina tenendosi per mano, seguendo il sentiero scavato nella neve che i loro corpi avevano lasciato rotolando giù.
Appena varcarono la soglia di casa Weasley, strofinando le scarpe sul tappetino all'ingresso, Lily Potter li raggiunse di corsa.
-Eccovi! Stiamo andando in città a mangiare delle caldarroste e...- Lily si interruppe notando le loro mani unite -Beh volete venire? Verranno tutti, anche i nonni-
Alice lanciò uno sguardo ad Albus, il moro però stava già guardando sua sorella per rispondere -No, io e Alice restiamo a casa-
Lily guardò Alice con un sorrisetto, e la mora sentì un calore invaderle il viso anche con i brividi di freddo che la scuotevano.
-Ahhh ho capito, volete restare da soli- il suo tono era decisamente allusivo. La rossa ridacchiò -Okay, vado a dire a papà che non venite. Ci vediamo stasera!- dopodiché corse per il soggiorno raggiungendo la piccola folla che accerchiava il tavolo della cucina.
-Non... vuoi andare?- chiese Alice cercando di non battere i denti del freddo.
-No. Io e te dobbiamo parlare, e avere la casa tutta per noi è perfetto- rispose Albus togliendosi il giaccone nero e appendendolo all'attaccapanni in legno.
Alice ne fu sorpresa.
Andò di sopra togliendosi i vestiti fradici e freddi, e mettendo un paio di jeans e il maglione bianco a collo alto.
Sorrise scendendo le scale e rendendosi conto che era lo stesso maglione che aveva messo la sera dell'appuntamento con Albus.
Trovò il ragazzo in soggiorno. Era seduto sul tappeto marroncino davanti al camino e ne osservava il fuoco crepitare.
Albus si voltò appena Alice finì di scendere le scale, e sorrise -Mi piace quel maglione-
Alice si andò a sedere vicino a lui sentendo subito il fuoco del camino scaldarla.
-Sei sicuro che non ti dispiaccia di non essere uscito con la tua famiglia?- chiese Alice portandosi le ginocchia al petto e voltando la testa verso Albus.
-Preferisco di gran lunga stare con te- rispose lui con un sorriso dolce -E se non te la senti di parlarmene ora va bene lo stesso-
Alice scosse la testa -No, credo di farcela-
La ragazza prese un profondo respiro e distolse lo sguardo prendendo a giocherellare con le frange del tappeto.
-Avevo nove anni, forse dieci, quando andai in vacanza in Francia con i miei genitori. Mia madre era ancora viva, e incinta di mio fratello Frank. Ricordo che aveva un gran pancione... morì poco dopo, di parto, dando alla luce mio fratello- spiegò Alice. Vide Albus schiudere le labbra dalla sorpresa.
-Ad ogni modo... Parigi era bellissima. Mi incantava. Ricordo che correvo qua e là per le stradine acciotolate della capitale guardando ogni cosa, ero una bambina curiosa.
Un giorno ci fu un grande mercato, i miei genitori si erano fermati ad una bancarella e io avevo continuato a correre... li ho persi tra la folla.
Non avevo un gran senso dell'orientamento, ero piccola, così ho continuato a correre e chiamarli... soprattutto mio padre.
Non mi ero resa conto che man mano che correvo trovavo sempre meno persone attorno a me.
Si era fatta sera, e io mi ritrovai in un vicolo stretto e buio continuando a chiamare mio padre.
Mi sono trovata davanti quest'uomo... ricordo che mi ero voltata per tornare alla strada principale ma era lontana.
Non c'era nessun altro attorno a noi.
L'uomo mi sembrava una persona per bene... mi ha sorriso, sembrava gentile. Mi ha detto che lui sapeva dov'era mio padre, che anche lui mi stava cercando. Mi ha detto che mi avrebbe portato da lui perché lui e la mamma erano preoccupati per me. Gli credetti, era convincente e aveva un sorriso che mi sembrava sincero.
Ricordo che mi prese per mano e che facemmo qualche passo in quel vicolo... ora so che sembrava come Notturn Alley... e...- Alice inghiottì a vuoto cercando di buttare giù il magone che le bloccava la gola. Voleva raccontare tutto senza esitare, senza piangere, ma scoprì ben presto che non era possibile.
-L'uomo mi spinse contro il muro e mi tappò la bocca. L'ho guardato in faccia e ho visto il suo sguardo... non era più gentile e sorridente.
Non capivo cosa stava succedendo. La sua mano però era così grande che nel coprirmi la bocca mi stava tappando anche il naso, e non riuscivo a respirare. Con l'altra lui... lui...- ad Alice si ruppe il fiato e le uscì dalla bocca un verso strozzato mentre chiudeva gli occhi con forza.
-Oh Alice... no...- mormorò Albus mettendole una mano sulla spalla. Alice aveva sepolto la testa tra le ginocchia tirando su con il naso.
-No, lui non fece in tempo a... non fece in tempo. Un lampo rosso lo colpì facendolo cadere a terra a qualche metro da me. Ho subito ripreso a respirare e mi sono voltata.
Nel vicolo era apparso questo bambino... doveva essere poco più grande di me, perché aveva una bacchetta.
Non dovrei stupirmi che sia stato scelto come campione di Beauxbatons, Lucien aveva talento sin da piccolo.
L'uomo, forse era un babbano, scappò via.
Mi ricordo che piangevo, e tremavo sebbene fosse una giornata estiva e non facesse freddo...
Lucien mi si è avvicinato presentandosi, mi ha detto che potevo fidarmi di lui e che l'uomo se ne era andato... mi ha abbracciata e mi ha detto "Tranquilla, andrà tutto bene. Te lo prometto" me lo ricordo così bene... lui mantenne davvero la sua promessa.
Mi prese per mano tenendo la bacchetta nell'altra, e mi accompagnò per le strade di Parigi a cercare i miei genitori.
Quando gli chiesi come avesse fatto a trovarmi, mi disse che era un Legilimens e che i miei pensieri gli erano arrivati come urla...
Trovammo i miei genitori a notte fonda, ricordo che corsi ad abbracciare mio padre e mia madre. Fu Lucien a spiegargli cosa era successo, perché io ero scoppiata di nuovo a piangere.
I restanti giorni che passammo a Parigi li trascorsi con lui. Eravamo diventati inseparabili, e fu difficile dirgli addio quando tornammo in Inghilterra.
Lucien è stato il mio angelo custode. Nessuno avrebbe potuto salvarmi se non fosse stato per lui. Non potevo urlare, ma lui aveva sentito i miei pensieri farlo. Gli devo tutto.
Non pensavo di rivederlo mai, finché non me lo sono trovata davanti in Sala Grande...-
Alice tirò su la testa passandosi le mani tremanti sul viso per asciugare le lacrime.
Non se la sentiva di guardare Albus, perciò si strinse forte le braccia attorno al busto, come se così facendo potesse evitare di cadere a pezzi.
Si sorprese quando sentì Albus sporgersi verso di lei e stringerla a sé.
Il suo profumo la avvolse, Alice sussultò dalla sopresa, ma poi ricambiò l'abbraccio posando il mento sulla sua spalla.
-Merlino, Alice, non lo immaginavo nemmeno... è... una cosa orribile- Albus sembrò non trovare le parole, la sua voce però tremava e tradiva dispiacere.
Quando Albus si scostò, le mise una mano sulla guancia e la baciò con dolcezza. Lentamente, come se Alice fosse così fragile da potersi rompere con un bacio.
La mora sentì gran parte dell'angoscia sparire, e la morsa che le serrava la gola allentarsi.
Albus si tirò indietro e Alice vide le fiamme del camino specchiarsi nei suoi occhi blu.
-Mi dispiace di aver fatto quella scenata per via di Lucien... avevi ragione, ero un idiota geloso- Albus abbozzò un sorriso.
-Non hai di che preoccuparti- disse Alice ridacchiando -Dopo ciò che mi è successo... sono sempre stata un po' alla larga dai ragazzi. Non mi è mai interessato nessuno tranne te, non hai rivali-
Albus sollevò le sopracciglia scure sgranando gli occhi.
-È una cosa brutta se ti dico che questo mi rende incredibilmente orgoglioso?-
Alice scoppiò a ridere scuotendo la testa.
Vide Albus alzarsi, e le porse un braccio aiutandola a tirarsi su.
-Vieni, ti faccio assaggiare la mia cioccolata calda speciale- disse Albus facendole un occhiolino e guidandola verso la cucina senza mai lasciarle la mano.
-E cos'ha di speciale?-
-Il fatto che la faccio io, ovvio- le rispose Albus con un sorriso.

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