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Rose saltò la cena.
Rimase seduta sul bordo della fontana, finché non divenne completamente buio.
Si riscosse solo vedendo un Lumos raggiungerla, e illuminare un viso color caramello dai capelli castano rossicci, che nella penombra sembrarono neri.
-Rosa... cosa ci fai qui? Perché non sei venuta a cena?- chiese Elvira piegandosi sulle ginocchia e guardandola preoccupata.
-Sto cercando di raccogliere il coraggio- mormorò Rose con un tono piatto e impersonale, guardando il vuoto a occhi sgranati.
-Per fare che cosa?- chiese Elvira confusa.
-Per dire addio- sussurrò Rose.
Dopodiché prese un profondo respiro e si fece forza, tirandosi su dal bordo della fontana e raccogliendo la scopa da terra.
-Hey! Aspettami!- esclamò Elvira.
-Julian è in Sala Comune?- chiese camminando svelta per i corridoi, appena Elvira la affiancò.
-Sì, e sappi che sta cercando di avvelenarti secondo me... insomma, lo vedrai tu stessa!- esclamò Elvira con una risatina.
Rose non si domandò nemmeno cosa intendesse, e continuò a salire i vari piani finché non arrivò al settimo.
Entrò in Sala Comune attraverso il ritratto della Signora Grassa, e cercò una familiare testa dai capelli castano rossicci.
-Credo sia nel tuo dormitorio, Alice l'ha sfidato a scacchi e qui c'era troppa gente- spiegò Elvira.
Rose si diresse subito verso la scalinata che portava ai dormitori, con la scopa in spalla, e spalancò la porta.
C'erano Dominique e Lily intente a struccarsi davanti all'enorme specchio a parete, e Julian e Alice seduti sul letto di quest'ultima con una scacchiera a dividerli.
Rose restò per qualche secondo interdetta, chiedendosi come avesse fatto a non accorgersi mai che Julian sapeva giocare a scacchi, e rendendosi conto che non avrebbe mai potuto fare una partita con lui.
-Querida! Eccoti finalmente... cavallo in F6- disse prima di alzarsi dal letto.
Prese un cestello di paglia dal comodino  accanto al letto di Rose, e glielo porse.
-Una scommessa è una scommessa. Credo ti toccherà mangiarli addirittura!-
Rose guardò il contenuto del cestino, trovandolo pieno di Churros. Tuttavia non erano i soliti churros croccanti e ambrati che facevano gli elfi domestici.
Sembravano bruciati e mollicci, e stavano stesi gli uni sugli altri come serpenti neri inanimati.
Rose aggrottò le sopracciglia guardandoli -Julian...-
-Si lo so, sono terribili. Credo di aver sbagliato qualcosa negli ingredienti e...-
-Julian- ripeté Rose sollevando lo sguardo dal cestino -Ti devo parlare-
Dominique e Lily smisero di chiacchierare, e di colpo Rose si sentì addosso gli occhi di tutte le ragazze del dormitorio.
-Dimmi- mormorò Julian, e Rose vide a poco a poco il sorriso morirgli sulle labbra.
-Io... vorrei parlarti da sola. Forse potremmo andare in giardino o...-
-Ricevuto!- esclamò Lily passandole accanto e facendole un occhiolino -Nique! Alice!- chiamò poi le altre ragazze nella stanza, e uscirono insieme a Elvira chiudendo la porta del dormitorio.
Rose sentì un nodo d'ansia stringerle lo stomaco, e il silenzio della stanza la fece sentire in qualche modo esposta.
Supero Julian e rimise il cestello sopra il comodino, posando poi la scopa a terra.
Lo sguardo le cadde sulla scacchiera aperta sul letto di Alice, e una fitta al petto le fece quasi venire da piangere.
-Gioca con me- disse Rose voltandosi verso Julian.
Il brasiliano aggrottò le sopracciglia -Hai fatto uscire tutte le tue cugine per... per giocare a scacchi con me? Ma... non avevi detto di volermi parlare?-
Rose si diresse verso il letto di Alice e prese la scacchiera, mettendolo sul proprio e sedendosi da un lato di essa.
-Ti prego- disse Rose con fermezza, guardando i pezzi sparsi sulla scacchiera. Cercò di non far tremare la voce né di lasciar trapelare quanto vicina fosse alle lacrime.
Doveva farlo, prima di dirgli addio, oppure ogni volta che avrebbe guardato quel gioco si sarebbe ricordata che avrebbe potuto sfidarlo ma che non l'aveva fatto.
Julian non replicò e si sedette davanti a lei, abbassando la testa sulla scacchiera.
-Bianchi o neri?- chiese lui.
-Neri- rispose Rose.
Julian sorrise -Come la cosa della Stellafreccia eh? Non vuoi avere nessun vantaggio-
Rose abbozzò un sorriso, e annuì.
Restò a guardare Julian sistemare i pezzi sulla scacchiera. Ne osservò le sopracciglia aggrottate e lo sguardo concentrato; la mascella definita e gli zigomi alti e fieri e infine le dita magre e ambrate che manovravano i pezzi.
Lo guardò ben consapevole che, dopo quella serata, non avrebbe più potuto farlo.
Non sarebbe stato giusto.
Julian mosse per primo, con pedone in D4, e la partita iniziò.
Rose fece del suo meglio, ma si rese ben presto conto che sfidare Julian era completamente diverso dallo sfidare Alice.
Il brasiliano era davvero bravo, sempre due o tre mosse avanti a lei.
Usava i cavalli e gli alfieri con una maestria schiacciante, con delle tattiche di gioco così avanzate che Rose si trovò ben presto con il suo Re nero con le spalle al muro.
-Scacco matto- dichiarò Julian, e il suo cavallo bianco distrusse il re di Rose con gli zoccoli, mandando la pedina in mille pezzi.
Rose guardava incredula la scacchiera.
-È incredibile...- mormorò Rose -Non ho mai sfidato qualcuno di così bravo-
-Se hai giocato solo con Alice, allora è normale- disse Julian con una risatina, raccogliendo i pezzi dalla scacchiera e rimettendoli al loro posto -Possiamo giocare di nuovo quando vuoi-
Rose distolse lo sguardo e si alzò dal letto -No, non possiamo- disse lei.
Si costrinse a voltarsi, e a guardarlo in faccia.
Doveva essere forte, forte abbastanza da dirgli addio senza piangere.
-Non possiamo essere amici. Non possiamo vederci mai più- disse lei.
Era meglio un taglio netto, era l'unico modo per dimenticarlo davvero.
Julian sgranò gli occhi verdi e si alzò di scatto mettendosi davanti a lei.
-Querida... perché? È stato... stato Scorpius vero? Ti ha detto di non vedermi più? E tu gli dai ascolto ? Lasci che lui decida di chi puoi essere amica?-
Rose strinse le labbra.
Poteva dire a Julian la verità. Poteva guardarlo negli occhi e dirgli che lo amava anche lei, ma che amava Scorpius molto di più e che doveva scegliere lui.
Poi però pensò che gli avrebbe fatto più male così. Che Julian avrebbe sofferto di più sapendo che anche Rose l'amava, ma che non poteva lo stesso stare con lui.
-È così? Scorpius ti ha chiesto di stare lontana da me?- insisté Julian.
Rose risollevò lo sguardo, piantando gli occhi nei suoi, e si morse l'interno della guancia per non piangere.
-Sì, è così- mentì lei.
Era meglio che fosse arrabbiato con lei, meglio che la odiasse, piuttosto che sapere che lo amava. L'avrebbe fatto stare solo peggio.
Julian strinse le labbra in un linea dura  e si passò le mani tra gli arruffati capelli castano rossicci, voltandosi e facendo un paio di passi.
-È una mia scelta- aggiunse poi Rose -Scorpius mi ha solo... aperto gli occhi-
Quella almeno non era una bugia.
-Sai una cosa?- chiese Julian voltandosi di nuovo verso di lei, gli occhi verdi fiammeggianti d'ira -Questa è l'ultima volta che ti lascio giocare con me, con ciò che provo... basta, basta così. Vuoi dirmi addio? Okay! Te lo dico io stavolta. Non voglio più avere a che fare nulla con te, Rose, sei una manipolatrice che si diverte a giocare con le persone! Sono io che ho chiuso con te, okay? Ho chiuso! Ne ho le scatole piene di questa scuola, di questo Torneo e di te! Non vedo l'ora di andarmene!- gridò lui.
Rose abbassò la testa di scatto, senza riuscire a reggere ancora la rabbia sul suo viso, e anche perché aveva paura che Julian potesse vedere il dolore sul suo.
Sentì i passi del ragazzo attraversare la stanza e aprire la porta del dormitorio, per poi uscire e sbattersela alle spalle.
Rose indietreggiò e si lasciò ricadere sul letto, stringendo le lenzuola tra i pugni mentre sentiva come una mano stringerle la gola e il cuore.
Non poté impedire alle lacrime di scendere sul suo viso, né ai singhiozzi di risuonare nella stanza vuota.
Non pensava che le avrebbe fatto così male dire addio a Julian.
Rose si passò la mani sulle guance, per asciugare le lacrime, e lo sguardo le cadde sulla cestello di paglia poggiato sul suo comodino.
Si alzò e lo prese tra le mani, guardando gli orribili Churros al suo interno, che Julian aveva fatto con le sue mani per lei.
Rose strinse il cesto al petto e tornò a sedersi a gambe incrociate sul letto.
Dopodiché prese un Churros, che si afflosciò tra le sue dita come un serpente morto.
Sorrise, e gli diede un morso preparandosi al peggio, ma restò sorpresa.
D'aspetto erano terribili, ma avevano un buon sapore, identico a quelli che cucinava gli elfi.
Rose restò con il cestello tra le braccia, a guardare la scacchiera davanti a sé e i pezzi sparsi in modo disordinato sulle lenzuola, e mangiò i Churros uno ad uno, finché non finirono.

Dominique era seduta sul divano davanti al camino, a guardare il fuoco scoppiettare tra le braci ardenti.
Affianco a sé aveva Elvira, con la testa china nel libro di Trasfigurazione e con un pacco di api frizzole in grembo.
Era molto tardi, e la Sala Comune si era finalmente svuotata.
Dominique avrebbe potuto essere da qualsiasi altra parte, ma per qualche ragione stava bene su quel divano.
Si sentiva come se la sala fosse improvvisamente enorme, e le sembrava di percepire sua presenza molto di più, soprattutto perché aveva Elvira vicino.
A Dominique piaceva saperla accanto a lei, anche se stavano in silenzio.
Sapeva che se voleva, poteva guardarla con la coda dell'occhio e assaporare il profumo dolciastro delle api frizzole che aleggiava nell'aria.
Lo associava a lei. Elvira le faceva pensare a tutto ciò che c'era di più dolce al mondo.
Dai suoi capelli, del colore dello sciroppo d'acero, illuminati dal bagliore rossiccio delle fiamme che si specchiava in essi.
Alla sua pelle color caramello, così liscia lucida ed esotica, che la faceva somigliare davvero a una caramella.
E i suoi occhi color castagna, circondati da ciglia nerissime e... fissi nei suoi.
Dominique sobbalzò rendendosi conto che Elvira aveva alzando la testa dal libro, e la stava guardando.
-Vuoi?- chiese porgendole la scatola giallognola di apri frizzole.
Dominique non aveva mai amato troppo i dolci, troppo zuccherati e calorici, ma in quel momento li accettò con un sorriso, solo perché era Elvira a porgerglieli.
-È assurdo che non abbiate le api frizzole, in Brasile- disse Dominique, ridandole la scatola.
Elvira sorrise, e una piccola e adorabile fossetta le si formò sulla guancia sinistra -Già... mi mancheranno da matti. Potrò mangiarle solo per altri due o tre giorni... e poi adios-
Dominique si sforzò di non far vacillare il suo sorriso -A me mancherai tu. Da matti-
Elvira voltò la testa di scatto verso di lei, gli occhi da cerbiatto sgranati, e le labbra piene schiuse dalla sorpresa.
-Sai ho sempre guardato gli altri con invidia..- iniziò Dominique, spostando lo sguardo tra le fiamme del camino -...Lily e Lysander, Alice e Albus, Rose e Scorpius... e persino Julian e Rose... c'è così tanto amore attorno a me, così tanto che a volte mi viene da piangere. Compatisco me stessa... lo so, è da egoisti. Ma invidio così tanto le persone che si amano, perché io non ho mai amato nessuno e nessuno ha mai amato me. Ho sempre pensato di non esserne nemmeno capace, che ci fosse qualcosa di sbagliato in me... come se fossi una bambola rotta. Perché ne ho tutto l'aspetto sai? Di una bambola. E nessuno si interessa mai a vedere oltre, a chiedersi se ci sia qualcosa di più in me oltre a un bel faccino...- la voce di Dominique si incrinò dalle lacrime, e la bionda deglutì a vuoto cercando di non lasciarsi sopraffare.
-Sbagliano- disse Elvira, mentre Dominique cercava di riprendere fiato -Se guardassero oltre vedrebbero che c'è molto di più in te. Non sei solo bella. Ma sei anche intelligente, così brava in Aritmazia da far paura. E sei un'avida lettrice, che saprebbe citare Shakespeare in ogni frase, ma non lo fai mai con nessuno perché nessuno ti ascolta davvero. Per questo non parli molto, ma osservi tanto. E sei testarda come un mulo, hai un carattere che a volte fa esasperare ma poi... sei la prima a chiedere scusa, se ci tieni davvero. Tu sei fantastica, Dominique Gabrielle Weasley, e io lo so- Elvira inclinò la testa da un lato, guardandola con affetto, e Dominique si sentì stringere la gola dall'emozione.
-È così ingiusto che tu debba andartene... che mi restino solo un paio di giorni con te...- mormorò Dominique, con la voce roca dal pianto che si sforzava di trattenere.
Elvira aggrottò le sopracciglia e posò a terra il libro di Trasfigurazione, avvicinandosi poi alla bionda sul divano.
-Lo so, e Dios mio, non immagini quanto avrei voluto avere più tempo... avere più tempo per amarti come meriti- mormorò Elvira, e allungò una mano scostando una ciocca bionda dalla fronte di Dominique, e portandogliela dietro a un orecchio.
Una lacrima scivolò sulla sua guancia, ed Elvira la cancellò con il pollice prima che potesse arrivare al mento.
Dominique sorrise, con gli occhi lucidi -Lo so che sono stata un'incostante stronza con te ma... ti... ti andrebbe di passare questi ultimi giorni con me?- chiese Dominique piano, esitando -Potrei portarti a vedere la casa più infestata di spiriti della Gran Bretagna, e tu potresti farmi vedere il Brasile con la Stanza delle Necessità...-
Elvira sorrise, e gli occhi scuri le brillarono come due gemme d'onice. Prese una mano di Dominique e se la portò alle labbra, posandole un leggero bacio sul dorso.
-Con te, Nique, andrei ovunque-

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