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-Oh tesoro, sono così felice! Crystal vuole farmi conoscere i suoi genitori durante le vacanze di Natale!- esclamò Neville Paciock alzando le mani in aria e spargendo un arco di terriccio attorno a lui.
Giardinaggio ed euforia erano una combinazione decisamente poco produttiva, pensò Alice.
La mora restava in silenzio sistemando i vasi delle piantine di Elleboro a testa bassa. Ogni tanto sollevava la sguardo e annuiva, facendo qualche sorriso forzato a suo padre, come da copione.
Neville era troppo felice per accorgersi che la figlia fingeva di esserlo.
-Poi è una donna deliziosa, vedrai ti piacerà passare le vacanze con lei e conoscerla...-
Le mani di Alice si fermarono nel terriccio, la ragazza s'irrigidì e alzò la testa verso il padre, senza nemmeno fingere di sorridere.
-Come?- chiese sperando di aver capito male.
Neville strabuzzò gli occhi verdastri sollevando le sopracciglia scure dalla sorpresa -Beh passeremo il Natale dalla famiglia Nightingale, te l'ho detto, Crystal vuole farmi conoscere i suoi genitori e...-
-Non riguarda me- disse di colpo Alice, desiderando improvvisamente di poter stritolare la pianta che aveva tra le mani. Appena vide l'espressione ferita del padre si corresse -Cioè, intendo che lei vuole far conoscere a te i suoi genitori, non a me. È importante che ci vada tu, non io-
-Ma abbiamo sempre passato le vacanze di Natale insieme in questi anni...-
-Papà- intervenne Alice abbassando lo sguardo sulla piantina davanti  a sé -A Natale c'è il compleanno di Rose, non posso mancare. Me lo sono persa per tanti anni quando stava a Ilvermorny- certo, quello era il motivo principale. Una parte di Alice però lo stava sfruttando come giustificazione, perché avrebbe preferito dare il cinque a ogni tentacula velenosa della serra piuttosto che passare il Natale con la nuova donna di suo padre.
-Oh.. ma... e se ti sentissi sola?- chiese Neville con tono triste.
Alice ridacchio -Non mi sentirò sola, papà. E poi sono grande ora, sai? Vai e passa il Natale con la tua dolce metà, te lo meriti- gli disse lei lanciandogli una spolverata di terriccio da sopra il tavolo, Neville la schivò ridendo.
-A proposito di dolci metà... mi è giunta una strana voce- disse Neville guardando la figlia con sospetto -su di te. Ho sentito che ci sarebbe del tenero tra te e uno dei figli di Harry. È vero? È James? Se così fosse non ci sarebbe nulla di male, è un ragazzo così brillante ed eccelle in ogni materia! Mi ha anche aiutato a travasare le Mandragole l'altro giorno e...-
-No- disse Alice di colpo, interrompendo il padre, che era certa sarebbe potuto andare avanti per ore a snocciolare lodi al maggiore dei Potter.
-È... è Albus, papà- disse Alice sentendosi arrossire dall'imbarazzo.
Vide suo padre richiudere la bocca e restare in silenzio a guardarla, battendo ripetutamente le palpebre come se non credesse a ciò che aveva davanti agli occhi.
-Albus Severus Potter- disse Neville con un tono di voce piatto, forse aspettandosi che Alice lo correggesse dicendogli che non era vero.
-Ma... figlia mia... davvero?- era incredulo.
Alice spostò il vaso che aveva davanti, allungandosi sul tavolo per prenderne un altro e trascinandolo verso di sé.
-Sì- disse semplicemente, strappando le foglie secche della pianta.
-Tesoro... non vorrei mettere il dito nella piaga ma... Albus è un piantagrane. È così, lo dice ogni professore, inoltre ha davvero un pessimo carattere...-
Alice non gli rispose, e continuò a compattare il terriccio del vaso con rabbia.
-Alice, lui ti tratta bene vero? Ti tratta bene come meriti?-
La mora si fermò, e strinse il bordo del vaso con le dita fino a farsi male.
Quella frase le aveva provocato un dolore acuto nel petto, e Alice ricordò nitidamente l'ultima volta che gli aveva parlato, e come Albus le avesse urlato addosso senza ascoltarla. E la volta prima nei sotterranei, in cui era diventato una furia appena Alice aveva nominato James. E tutti gli anni prima, in cui non aveva fatto altro che prenderla in giro e trattarla male appena ne aveva avuto occasione.
Inghiottì il grumo che le bloccava la gola, e si schiarì la voce cercando di non lasciar trapelare quanto vicina fosse alle lacrime.
-Sì, papà. Mi tratta bene, è un bravo ragazzo- non riusciva a dire quelle parole guardando il padre negli occhi. Era certa che se avesse incontrato il suo sguardo e vi avesse letto la pietà per lei, a quel punto Alice sarebbe scoppiata a piangere.
Si tolse i guanti da lavoro appoggiandoli sul tavolo vicino al vaso.
-Vado, Lily mi aveva chiesto di aiutarla con i compiti di Trasfigurazione- era una bugia bella e buona. Alice fece il giro del tavolo con un sorriso tirato, e si sollevò sulle punte per dare un bacio sulla guancia di suo padre.
-Ci vediamo a cena- gli disse con il sorriso più convincente che le riuscì.
Si voltò uscendo di corsa dalla serra, con una morsa ferrea e dolorosa ad artigliarle il petto. Le lacrime avevano ormai rotto gli argini, ma almeno ora era sola e poteva dare libero sfogo ai singhiozzi.
Camminò tra le serre del giardino finché non raggiunse una piccola fontana circolare. Si sedette sul bordo di essa, dando le spalle all'acqua; era certa di non riuscire a tollerare il suo  riflesso specchiandosi.
Quella mattina non era iniziata affatto bene. Aveva dovuto ingoiare lo sconforto e fingersi felice per suo padre mentre parlava della donna che avrebbe sostituito la madre di Alice, poi il fatto che suo padre avesse tirato fuori Albus... ciò che le aveva detto...
Alice chiuse gli occhi stringendo tra le mani il bordo della fontana.
I pensieri le si susseguivano velocissimi tra le palpebre chiuse e le sembrava che la testa le potesse scoppiare da un momento all'altro.
Avvertì una presenza accanto a sé, e la ragazza aprì gli occhi di scatto voltandosi.
Trovò Lucien seduto sul bordo della fontana insieme a lei. Il sole filtrava tra i suoi capelli color mogano dandogli sfumature bordeaux e gli occhi grigi la fissavano.
-Ciao- mormorò Alice con voce roca dal pianto, e si schiari la gola distogliendo lo sguardo -Cosa ci fai qui?-
Lucien piegò la testa da un lato e fece un mezzo sorriso -In realtà sei stata tu a condurmi qui- ammise il ragazzo stendendo le lunghe gambe davanti a sé e incrociando le caviglie.
-È stato come quella volta in Francia... la tua mente ha sovrastato le altre attorno a me, come se i tuoi pensieri stessero urlando con un megafono- spiegò Lucien infilando le mani nelle tasche, e guardandola di sottecchi.
Alice aggrottò le sopracciglia -Mi dispiace... non volevo...-
-Tranquilla, lo so- disse subito Lucien -È che tu hai una mente molto forte... i tuoi pensieri si farebbero largo in una folla intera-
Alice abbozzò un mezzo sorriso. Sapeva che Lucien era un Legilimens, quando erano piccoli il ragazzo le aveva confidato che i suoi pensieri erano i più belli e forti che avesse mai sentito. Aveva detto che la ragazza pensava all'ottanta percento a immagini, non a parole, ed era come guardare un film babbano.
-Ti va... di parlarne? I tuoi pensieri erano molto confusi- disse Lucien.
Alice prese un profondo respiro -Non voglio annoiarti o...- si interruppe, evitando di dire l'ultima parola, ma Lucien la sentì ugualmente nei suoi pensieri.
-Non dire sciocchezze, non potresti mai farmi pena. E ti prometto che non avrò pietà di te, okay?- le chiese mettendole una mano sulla spalla e abbassando il viso verso il suo per cercare il suo sguardo.
Alice sorrise e annuì, raccontandogli tutto. Parlò di suo padre, di come lui stesse superando la morte di sua madre ma lei no. Parlò del complicato rapporto che aveva avuto con Albus in quegli anni, e di cosa stava provando per lui.
-E io volevo davvero dirglielo, spiegargli come ci eravamo conosciuti io e te...- disse Alice, arrivando alla fine del suo racconto -...ma non potevo farlo in mezzo alla Sala Grande. Tu lo sai, è una cosa delicata e per me è tremendamente difficile parlarne o anche solo ricordarlo...- Alice fece una pausa, seppellendo di nuovo il ricordo che minacciava di riaffiorare -...ma lui non mi ha ascoltata, non ha fatto altro che urlare, e da quel giorno mi evita. Io vorrei dirglielo ma ho paura che...-
Smise di parlare, immaginando cosa sarebbe successo se si fosse confidata con Albus e lui avesse deciso ugualmente di non voler avere a che fare con lei.
-Davvero hai questa paura?- chiese Lucien sorpreso -Pensi che ti confiderai con lui, e lui ti spezzerà il cuore lo stesso?-
Alice fece un mezzo sorriso -Sì, ma va bene così. Credo che l'amore sia anche questo, e sono disposta a soffrire pur di provarlo. Io non ho mai...- "amato nessuno prima d'ora"
Sapeva di non aver bisogno di dirlo ad alta voce, Lucien l'avrebbe sentita.
Sentì il ragazzo accanto a lei fare un grosso sospiro e lo vide sporgersi e stringerla in un abbraccio.
Alice si lasciò abbracciare cercando di non scoppiare di nuovo a piangere.
-Tranquilla, andrà tutto bene. Te lo prometto- sussurrò Lucien accarezzandole la schiena e stringendola a sé.
Alice sorrise, e gli credette.
Perché erano le esatte parole che le aveva detto quel giorno di sette anni orsono, quando erano usciti insieme dallo squallido vicolo parigino, e Alice si era aggrappata a lui come se fosse la sua ancora di salvezza.

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