Capitolo 8.

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Avevamo trascorso il resto del venerdì e del sabato cercando di far chiarire Ava e Connor, ma con scarsi risultati dato che lei sembrava profondamente ferita dal comportamento del suo migliore amico. Non sapevo cosa fosse successo al liceo, ma dallo sguardo di Ava capii che ci stesse ancora soffrendo molto e cercava ogni giorno di superare quel brutto periodo della sua vita, e lo scherzo dei ragazzi è come se l'avesse fatta ritornare indietro di quindici anni, azzerando tutte le fatiche che avesse fatto e stesse ancora facendo.

Non avevo indagato, non ci conoscevamo ancora bene e volevo lasciarle i suoi spazi. Erano argomenti delicati e se avesse voluto parlarmene lei, io sarei stata lì pronta ad ascoltarla ed aiutarla, in ogni caso.

Dalla mattina della domenica, Yemaly era completamente in fibrillazione per l'uscita dato che non uscivamo quasi mai, e se lo facevamo eravamo sempre e solo noi due. O al massimo quel demente di Danny. Allargare le amicizie era sempre una buona scelta e ne avrei approfittato per cercare di diventare più espansiva, meno timida e più sicura di me stessa.

«Quindi Michela è la ragazza di colore, Everleigh è la bianca cadaverica, Ava ha il viso rotondo e paffuto, Anne è la mazza da scopa» ripeté Yemaly per la centesima volta, mentre ci dirigevamo verso il cinema.

«Sì», risi, «magari non chiamarle così, però» la guardai per qualche secondo, per poi riportare lo sguardo sulla strada e cambiare corsia. Il ciclo era quasi andato via, quindi riuscivo a non lamentarmi del mal di pancia per più di dieci secondi.

«Luke ci prova con Ava, Connor è gay e Case è un maniaco che ci prova con te» continuò, aggiustandosi i capelli dietro alle orecchie.

«Non ci prova con me» dissi, sbuffando, «e siamo a cento volte che te lo ripeto» alzai gli occhi al cielo.

«Lo valuterò con i miei occhi, tu non sei obiettiva» borbottò, guardandomi male e abbottonando meglio il suo cappotto, «perché diamine fa così freddo a gennaio?» sbuffò, chiudendo meglio il cappotto.

«Perché è inverno e tu hai indossato solo un vestitino con il cappotto semi-pesante?» dissi, retoricamente.

«Non posso controbattere insultando come se vestita tu perché per la prima volta sei vestita decentemente» mormorò, guardando il mio jeans nero aderente.

«Grazie?» dissi, retoricamente. Vidi che avesse controllato il cellulare per la quinta volta, così mi decisi a chiedere. «Danny?» ammiccai con il mento lo schermo.

«Non ci parliamo da giovedì e spero vanamente che si faccia vivo» mormorò, appoggiando la testa contro il vetro del finestrino.

«Hai provato a chiamarlo?» le chiesi, sperando dicesse di no.

«No, ha sbagliato lui, Thys» sbottò.

«Em, se questa cosa è perché mi ha risposto male, non importa» alzai le spalle, «mi ha sempre risposto male, quindi non vedo ora cosa cambi» scossi la testa.

«Non è solo per questo» sospirò, «è che mi sento usata» vidi che si stesse torturando le mani nervosamente.

«In che senso?» la guardai confusa e riuscii a trovare parcheggio poco distante dal cinema, stranamente.

«Mi sento usata, è come se esistesse solo il sesso nella nostra relazione. Non esiste che ci incontriamo e lui non allunghi le mani... e a me questa cosa dà fastidio perché potremmo anche avere una discussione, parlare di qualcosa, non necessariamente essere nudi su un letto» sbuffò e uscimmo dall'auto.

«Gliene hai mai parlato?» chiesi, chiudendo l'auto e abbottonando il cappotto.

«Sì, è per questo che abbiamo litigato» spiegò, «non accetta che gli si dica qualcosa per migliorare. A me piace quel lato di lui, però vorrei anche che potessimo essere amici e parlare, non per forza fare sesso» alzò gli occhi al cielo.

Amethyst | H.S. #wattys2022Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora