Capitolo 38.

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Avevo trascorso il weekend tra i decimi di febbre e le urla disperate di Yemaly che pensava stessi sul punto di morte semplicemente perché avevo poco appetito. Nonostante sembrasse una ragazza molto forte, nel profondo si spaventava per qualsiasi cosa, soprattutto per qualche problema fisico come la febbre. Per cui, ero finita per chiuderla fuori dalla mia stanza in modo da poter dormire senza lei che mi scuoteva ogni due per tre per chiedermi come stessi.

Non avevo detto nulla ad Harry perché era stato in ospedale per tutto il tempo, compreso qualche ora la notte, da come mi aveva detto per messaggio, quindi non volevo aggiungere preoccupazione allo stress che aveva già di base.

Quando la mattina del lunedì successivo mi alzai dal letto, sentii tutti i muscoli ancora doloranti ma la febbre era passata, lasciando tosse e raffreddore. Per fortuna Yemaly era andata a New Orleans per lavoro, quindi potei fare la doccia con calma, senza la sua presenza oscura vicino che pensava potessi svenire in bagno.

Arrivai in ospedale tossendo senza sosta e sperai che con i riscaldamenti mi passasse. Appena le porte si aprirono, vidi Harry accanto al bancone dell'accettazione mentre aggiornava le schede dei pazienti sul suo tablet. Notai che non ci fosse nessuno, per cui mi avvicinai a lui cautamente per salutarlo.

«Hei», gli sorrisi e il suo sguardo si spostò immediatamente su di me di scatto. Senza rispondermi mi scrutò il viso con attenzione, soffermandosi sul mio naso e i miei occhi.

«Hai la febbre» esclamò, sicuro di sé, «perché sei venuta? Vai a casa e riposati» disse.

«Come hai fatto a capire...» mormorai stupita.

«Mani screpolate, naso rosso, occhi lucidi, guance rosse, hai cappello e sciarpa cosa che non indossi mai e hai la lingua bianca, quindi hai preso la medicina» disse velocemente.

«Complimenti Sherlock» ironizzai, «sto bene, è passata» alzai le spalle.

«Quando ti è salita?» domandò.

«Venerdì notte» sospirai.

«Perché non me lo hai detto?» domandò.

«Perché sei stato impegnato, non volevo disturbarti con una stupida febbre» alzai gli occhi al cielo.

«Non mi disturbi mai, lo sai. Avresti dovuto dirmelo, soprattutto perché ti avrei detto di non venire» scosse la testa.

«È il mio primo giorno in oncologia, non posso mancare, farei una bruttissima figura» dissi.

«Sono pazienti estremamente delicati, fai attenzione. Metti la mascherina e mantieniti a distanza, così non rischi di passargli qualcosa» mi raccomandò.

«Non ti preoccupare» sorrisi, evitando di dirgli che ci avevo già pensato e andai verso l'ascensore per cambiarmi negli spogliatoi. Ma, prima che iniziassi a camminare, Harry mi fermò per il braccio.

«Ti... ti sei divertita venerdì?» mi domandò, balbettando leggermente e fissando il pavimento.

«Molto», sorrisi. Il suo sguardo era insicuro e non volevo che si sentisse così, per cui provai a deviare il discorso che sentivo sarebbe arrivato da lì a momenti. «Tu ti sei divertito?» gli chiesi, sentendomi anch'io leggermente insicura.

«Oltre al gelato osceno, sì» sorrise scherzando, «quindi, hai riso?» domandò, distogliendo momentaneamente lo sguardo dal mio.

«Certo, ho riso tantissimo. Perché mi fai ques-» iniziai, ma poi mi ricordai quello che mi aveva detto il venerdì prima, «smetti di fare paragoni, Connor è mio amico tu sei diverso» lo rassicurai e lui alzò gli occhi su di me sorpreso dalla mia risposta.

Amethyst | H.S. #wattys2022Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora