Capitolo 47.

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«Prendi queste tre volte al giorno prima dei pasti e con abbondante acqua. Questi altri, invece, prima di andare a dormire e possibilmente tre ore dopo aver cenato in modo da avere lo stomaco semi-vuoto. Entrambi per dieci giorni» mi disse la dottoressa Richards, indicando alcune medicine e scrivendo tutto su un foglio, prima di darmelo.

«Tutto chiaro» sorrisi, «la ringrazio» dissi, mentre mettevo tutto nella valigia.

«Figurati» mi accarezzò la spalla, «per qualsiasi cosa puoi chiamarmi, ma se ti vedo accostare all'ospedale per la prossima settimana ti lancio un divano contro» mi guardò severa, ma con gli occhi divertiti. Ecco da chi aveva preso Harry.

«Non si preoccupi, la settimana prossima ho gli esami quindi non mi vedrà per le prossime due settimane» risi e mi sedetti meglio sul lettino, pronta per andare via non appena Yemaly sarebbe arrivata a prendermi. Quando la dottoressa andò via richiamai per la decima volta Yemaly, ma ancora non aveva risposto ed io non avevo idea di come andarmene da lì dato che non potevo camminare bene. «Se mi odi dimmelo» borbottai contro il telefono.

«Con chi parli?» una voce alla porta mi fece voltare di scatto.

«Con me stessa, vedi che fine ho fatto» alzai gli occhi al cielo ed Harry entrò nella stanza, stranamente senza camice e divisa, ma solo con jeans e camicia. «Perché sei vestito così?» lo scrutai.

«Non ti piace come mi vesto?» abbassò lo sguardo sui suoi abiti.

«No, intendevo perché non hai la divisa» spiegai.

«Perché ho preso una giornata di ferie» sorrise e si sedette accanto a me, «e ho detto loro di non considerarmi nemmeno per la reperibilità.»

«Devi andare da qualche parte?» gli chiesi, toccandomi la testa per il dolore.

«Sono venuto a prendere una bellissima ragazza per portarla a casa mia e farle da dottore» mi sorrise maliziosamente.

«Hai chiesto un giorno di permesso per stare con me?» mormorai come una deficiente e mi alzai con la schiena, aiutandomi con il suo braccio.

«Si, ma non guardarmi così altrimenti mi vado a mettere il camice e ti lascio a piedi» si alzò sorridendo e mi afferrò con le mani sotto le braccia per aiutarmi.

«Mi mancava la tua gentilezza» scherzai e mi misi in piedi. «Quindi, devo venire a casa tua?» gli chiesi andando a prendere la mia borsa dall'armadietto.

«Se non ti va lo capisc-» lo interruppi subito.

«Certo che mi va» gli sorrisi e mi avvicinai a lui.

«Bene, ho avvisato io la tua coinquilina» infilò le mani nelle tasche e mi diede un bacio sulla fronte, «se mentre usciamo qualcuno fa qualche commento su di noi posso picchiarlo?» mi chiese, afferrando il manico della valigia.

«No», risi e lo seguii dopo aver messo il cappotto e le scarpe con enormi difficoltà.

«Risponderlo male?»

«Ancora mi chiedo perché hai deciso di fare il medico, dato che odi il novantanove percento della popolazione e il tuo lavoro si basa su curare questi individui.»

«Non chiederlo a me» sospirò. «Vuoi salutare quella banda di deficienti che chiami amici, prima di andarcene?» mi chiese, con la sua solita delicatezza.

«Oggi non sono di turno» dissi e cliccai il pulsante per il piano terra.

«Quindi vorranno vederti, suppongo» si voltò verso di me.

«Li vedrò domani o lunedì» alzai le spalle.

«Se vuoi ti accompagno da loro» sentii il suo tono stano.

Amethyst | H.S. #wattys2022Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora