Il lunedì successivo avevo praticamente obbligato Harry a ritornare al lavoro, sia perché ormai stavo bene sia perché il reparto sarebbe andato sottosopra se fosse mancato per qualche altro giorno. Ed era l'ultima cosa che volevo. Gli avevo chiesto di accompagnarmi a casa mia dato che avevo bisogno di altri vestiti e volevo restare un po' da sola con me stessa, avevo bisogno della mia solitudine dopo quasi una settimana perennemente in compagnia.
«Vai, non ti preoccupare» lo spinsi fuori casa mia per la centesima volta, ma lui si oppose.
«Ancora non riesci a camminare bene, come fai se ti cade qualcosa per terra? Non puoi piegarti, lo sai» si impuntò e mi guardò dall'uscio della porta.
«La lascio per terra» alzai gli occhi al cielo.
«E se devi andare in bagno?» domandò ancora.
«Non penso che in questi giorni tu mi abbia accompagnata in bagno, quindi posso continuarlo a fare da sola» risi piano, «Harry, sei dolcissimo nel preoccuparti per me, ma io sto bene» appoggiai le mani sulle sue spalle e gli sorrisi.
«Mi chiami per qualsiasi cosa?» sbuffò cedendo, finalmente.
«Va bene» scossi la testa divertita e lui si avvicinò a me per afferrarmi le guance e baciarmi.
«Stasera vengo qui» mormorò sulle mie labbra.
«Per controllarmi?» sorrisi.
«Per controllare come stai» mi pizzicò la guancia, «ti visito e tutto» alzò le spalle.
«Ti ricordo che ho una laurea in medicina anch'io, penso di sapere quando ho qualcosa che non va» dissi.
«No, perché tu mi chiameresti solo sul punto di morte lo so» mi guardò male, «quindi, onde evitare la tua amica ti trovi dissanguata sul pavimento-» lo interruppi.
«Vattene» lo spinsi ridendo, ma dopo poco mi fermai per il dolore al fianco e lui se ne accorse.
«Vedi!» esclamò e si avvicinò a me, alzandomi la maglia. «Non fare sforzi e non spingere niente» mi accarezzò la ferita delicatamente e mi guardò negli occhi.
«D'accordo» mormorai e mi abbassai la maglia.
«Ti chiamo ogni ora» disse.
«No, vattene e chiamami stasera direttamente» indicai la porta.
«Okay, ti chiamo a pranzo» sospirò e andò via. Alzai gli occhi al cielo e andai nella stanza da letto per prendere i libri dato che quella settimana avrei dovuto sostenere gli esami, sia scritti sia orali riguardo argomenti dei reparti a cui ero stata assegnata.
Mi preparai del caffè per restare sveglia, dato che la notte dormivo poco e nulla per i dolori e per il fatto che non potessi dormire sul fianco su cui ero abituata. In più, si era aggiunto il mal di pancia del ciclo, quindi era meglio non parlarmi se non si voleva essere urlati contro.
Misi tutte le penne colorate sul tavolo e accesi il computer per fare alcuni riassunti che mi aiutavano sempre a fissare le idee. Avevo anche comprato una lavagna magnetica, ma Yemaly non aveva voluto appenderla in salotto per non rovinare lo stile quindi l'avevo mandata indietro. Dovevo accontentarmi della tavoletta grafica, anche se era tutta nera e non sapevo mai dove scrivere quindi finivo per scrivere in arabo antico.
Yemaly era fuori per lavoro, l'avrei rivista il giorno dopo.
Dopo circa venti minuti, sentii bussare alla porta e iniziai a pensare alla lunga sfilza di insulti da riversare ad Harry nel caso fosse stato lui. Mi stupii quando vidi tutti i ragazzi sull'atrio con i libri tra le mani e i sorrisi sui loro volti.
STAI LEGGENDO
Amethyst | H.S. #wattys2022
Romanzi rosa / ChickLitAmethyst Wilson vive a Los Angeles in un appartamento che condivide con la sua migliore amica Yemaly da più di sei anni, da quando lei si è iscritta alla facoltà di medicina e Yemaly a quella di economia. Amethyst sogna di diventare un chirurgo di f...