Capitolo 63

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Harry's POV

La sera del giorno successivo invitai Thys da me per stare un po' insieme. Ormai, oltre qualche volta in ospedale non ci vedevamo molto, quindi approfittai che per la prima volta non avevo operazioni in nottata.

Lei aveva finito il turno alle sette, mentre io alle otto e mezza. Quindi le avevo detto di venire da me per le nove e mezza così avrei avuto il tempo di tornare a casa, fare la doccia e disintossicarmi dal nervosismo accumulato durante tutto il giorno.

Appena sentii bussare il campanello, mi affrettai ad aprire.

«Hei» mi sorrise e si sporse per lasciarmi un bacio sulle labbra.

Le afferrai le guance con entrambe le mani e la avvicinai a me ancora di più. Quanto mi era mancato averla attorno senza duemila persone in camice e cuffia.

Appena mi staccai, notai avesse un vassoio tra le mani, «cos'hai portato?» chiesi, non riuscendo a vedere il contenuto perché coperto dalla carta argentata.

«Ti ho fatto un dolce a cocco e cioccolata» sorrise e me lo porse.

Alzai lo sguardo su di lei e la guardai sorpreso, «come sai che mi piace il cocco?» domandai.

«Ricordi quando feci le graffe?» domandò.

Annuii, «oh, sì... ora mi ricordo. Vieni andiamo in cucina» con una mano tenni il vassoio e l'altra la incastrai nella sua. Le accarezzai il dorso con il pollice e lo portai alla bocca per baciarlo.

«Stai bene?» mi chiese.

Le lasciai la mano e misi il dolce in frigo. Quando mi voltai verso di lei, notai che si fosse seduta sul bancone della cucina e aveva calciato via le scarpe.

«Sì, perché?» mi passai una mano tra i capelli e mi avvicinai a lei, mettendomi tra le sue gambe.

«Ti vedo un po' assente, sicuro di stare bene? Qualcuno ti ha fatto arrabbiare in ospedale?» appoggiò le mani ai lati del mio collo ed io incastrai la testa nel suo collo.

Sospirai a fondo e appoggiai le mani sui suoi fianchi per stringerla a me. «Sono solo stanco, però sto bene» mormorai sul suo collo. Spostai i suoi capelli dietro alla schiena e le lasciai un bacio sotto alla mandibola.

«Grazie per il dolce» circondai la sua schiena con le braccia e la spinsi contro di me per abbracciarla meglio. Circondò i miei fianchi con le gambe e incastrò le caviglie sul mio sedere.

«Grazie per avermi aiutata ieri con la diagnosi» ribatté.

La guardai negli occhi e scossi la testa, «hai fatto tutto tu, Thys. Sei tu che pensi di aver bisogno di me, ma non è così. Sei capace di fare qualsiasi cosa e non sarà grazie a me se diventerai un grande chirurgo» le spostai una ciocca di capelli dietro l'orecchio per poi accarezzarle il lobo.

Vidi le sue guance arrossire come ogni volta le facessi un complimento, «grazie» sussurrò e si sporse verso di me per baciarmi.

Fece scivolare le mani sulle mie guance e mi tenne stretto a lei come se avesse paura che andassi via. Ma dove andavo? Non vedevo l'ora di stare con lei.

Infilò la lingua nella mia bocca e quando si intrecciò alla mia, emisi un sospiro e la strinsi a me. Solo quando sentii un piccolo gemito provenire dalla sua gola, mi resi conto di averla spinta contro di me.

Scese con un salto dal bancone, senza staccare le labbra dalle mie e mi trascinò con sé mentre camminava all'indietro.

Appena arrivammo avanti al divano, mi spinse per farmi sedere e si posizionò a cavalcioni su di me.

Amethyst | H.S. #wattys2022Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora