Avevo trascorso tutta la notte con dei forti dolori al fianco e alla pancia, per cui non avevo chiuso occhio nemmeno per cinque minuti, ed Harry come me dato che non mi lasciava mai da sola.
Era adorabile.
Mi aiutava a fare qualsiasi cosa sebbene non ce ne fosse bisogno, e continuava a ripetere che fosse per non farmi sforzare e per far guarire prima la ferita.
Avevo annuito senza ulteriori indulgi, perché avevo capito che fosse solo una scusa per avere un approccio anche fisico con me.
Non che io lo rifiutassi, anzi. Infatti, l'avevo presa più come una scusa per sé stesso che per me.
Chissà quale blocco lo fermava dall'andare un tantino oltre con me...
Quando riuscii ad addormentarmi, verso le cinque del mattino, per fortuna il dolore si era alleviato un po' e fu per questo che quando aprii gli occhi verso le nove non sembravo un completo zombie, ma solo metà.
Allungai la mano verso destra, cercando il corpo caldo di Harry, ma andai a vuoto e quando mi voltai verso il suo lato mi resi conto che la stanza fosse vuota. Non mi aveva abbracciata durante la notte e non mi aspettavo che lo facesse, però di tanto in tanto allungava la mano per intrecciarla nella mia o semplicemente per assicurarsi che fossi accanto a lui.
«Harry?» mormorai, alzandomi dal letto e mettendo i piedi a terra. Appena provai ad alzarmi, però, dovetti risedermi perché faceva davvero male e mi accasciai in avanti per alleviare il dolore.
«Hei, cosa succede? Stai male?» la voce di Harry si fece spazio nella stanza e lo vidi accanto a me in meno di un secondo. «Thys» mi toccò la spalla e si accovacciò sulle ginocchia per guardarmi.
«Mi ha fatto male quando mi sono alzata» gli dissi, toccandomi il fianco.
«Stenditi, ti metto una crema» ordinò e si alzò per aprire un cassetto, «non volevo mettertela prima perché è un po' pesante, ma dato che sei stata male tutta la notte e ti fa ancora male te la metto. Non dirlo alla Richards, lei odia le creme e imbottisce di pillole i pazienti» aprì il tubetto e raggiunse il letto. Si sedette contro la testata con le gambe aperte e mi trascinò in mezzo a loro, con la schiena contro il suo petto e la sua mano che alzava la mia maglia fin sotto al seno. «È un po' fredda, mi dispiace» mormorò contro la mia tempia e iniziò a spalmarla sulla ferita con una dolcezza e delicatezza disarmante.
Ed io non ci stavo capendo più niente.
Abbassò leggermente il bordo del pantalone del pigiama e delle mutandine, passando la crema un po' ovunque, dato che i lividi dell'incidente non erano passati del tutto.
Non so perché facesse così, si spingeva sempre fino ad un certo limite e poi si fermava di botto. Come se qualcosa nella sua mente scattasse e gli dicesse di fermarsi, ma se quella cosa che scattava fossi stata io gli avrei detto tutt'altro che fermarsi.
«Tutte le tue pazienti le tratti così?» scherzai e appoggiai la testa nel suo collo, cercando di non fargli vedere che fossi arrossita per il suo tocco.
«Solo le pazienti più sexy e tra i venticinque e i trentacinque anni» sorrise ed io gli diedi un morso sulla guancia, «ahia» rise e si allontanò da me con il viso.
«Te lo sei meritato» borbottai mentre la sua mano continuava a massaggiarmi sempre di più, anche il livido quasi sotto al seno.
«Questi lividi passeranno tra qualche settimana, lo sai vero?» mi disse, scrutandoli.
«Sì», sbuffai, «mi fanno male, devo comprare dei reggiseni senza ferrettini. Oppure resto senza» dissi e poi mi resi conto che effettivamente a lui cosa importasse dei miei reggiseni?

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Amethyst | H.S. #wattys2022
ChickLitAmethyst Wilson vive a Los Angeles in un appartamento che condivide con la sua migliore amica Yemaly da più di sei anni, da quando lei si è iscritta alla facoltà di medicina e Yemaly a quella di economia. Amethyst sogna di diventare un chirurgo di f...