«Chi era quello?» mi chiese non appena mi avvicinai a lui.
«Il mio ex» risposi. Mentire non serviva a nulla.
«Il tuo che?» alzò un sopracciglio e guardò alle mie spalle, distogliendo lo sguardo dal mio.
«Il mio ex, Harry. Ho avuto degli ex prima di conoscere te» alzai gli occhi al cielo.
«E perché è qui?» sbottò.
«Ha accompagnato sua sorella a fare qualche esame dato che è incinta» spiegai.
«E chi era quella bambina? Ho sentito che ti ha chiamata zia» aggrottò le sopracciglia.
«Sua nipote» sospirai.
«E perché ti chiama zia?» sbottò.
«Perché quando stavamo insieme mi chiamava zia e lui non le ha ancora detto che ci siamo lasciati» spiegai sperando che non facesse altre domande dato che odiavo essere messa sotto interrogatorio.
«Ti sorrideva troppo, ti ha anche baciata» lo guardò da lontano e quando mi voltai notai che Leo ci stesse guardando attentamente, «ti sta guardando» disse.
«Come sta il signor Paul?» provai a cambiare argomento dato che mi dava fastidio ricevere duemila domande, ma lui ci ritornò.
«Cosa vi siete detti?» mi guardò.
«Mi dà fastidio quando una persona mi fa ottocento domande» iniziai ad innervosirmi.
«E a me dà fastidio quando qualcuno ci prova con te» rispose.
«Non ci stava provando con me, era solo educato» alzai gli occhi al cielo.
«E allora perché non ritorni con lui dato che lui è educato?» precisò il lui e si allontanò, andando nella stanza di un paziente.
Rimasi a sbattere le palpebre per qualche secondo, non riuscendo a credere a come si fosse comportato. Poi mi ricordai di quello che era successo un'ora prima e immaginai che fosse ancora nervoso.
Per quello, decisi di lasciar stare dato che sicuramente avremmo finito per litigare e decisi anche che sarei andata da lui una volta finito il turno in modo tale da far calmare entrambi dal poter dire qualcosa di cui ci saremo pentiti.
Alle nove precise bussai alla porta di casa sua e quando aprì, mi guardò confusa. «Perché sei qui? Il tuo fidanzato non ti ha invitato a cena?» chiese e si allontanò verso la cucina.
«Un altro commento da dodicenne e me ne vado» chiusi la porta di botto e lui si voltò verso di me.
«Scusa», borbottò.
«Si può sapere cos'era quella scenata che mi hai fatto stamattina?» gli domandai.
«Non mi è piaciuto come vi sorridevate» mormorò.
«Era per educazione, Harry» precisai.
«Io... Io odio sentirmi così vulnerabile. Odio l'effetto che hai su di me, mi sento debole e impaurito» si passò una mano tra i capelli, «odio di dovermi sentire così quando qualcuno ti bacia la guancia o ti mette un braccio sulle spalle, odio il fatto di sentirmi così insicuro ogni volta che vedo qualche ragazzo attorno a te, perché devo sentirmi così?» mi afferrò per le braccia. Sbarrai gli occhi e indietreggiai di scatto, impaurita da come si stesse comportando. Al di là delle sue parole, il fatto che mi avesse afferrata in quel modo mi spaventava. E da come mi guardò capì tutto.
«Thys, scusami» provò a riafferrarmi, ma io indietreggiai ancora e provai ad andare via, ma mi trattenne. «Thys, ti prego non andartene. Non so perché ti ho afferrata così, scusami... è che sono travolto dalle emoz-» non lo lasciai finire e provai a riuscire dal suo appartamento, ma mi fermò.
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Amethyst | H.S. #wattys2022
Chick-LitAmethyst Wilson vive a Los Angeles in un appartamento che condivide con la sua migliore amica Yemaly da più di sei anni, da quando lei si è iscritta alla facoltà di medicina e Yemaly a quella di economia. Amethyst sogna di diventare un chirurgo di f...