Capitolo 68.

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«Se succede qualsiasi cosa devi dirmelo, io prendo il primo aereo e vengo» afferrò le mie guance tra le sue mani e mi guardò negli occhi.

Dopo aver finito il turno era venuto direttamente a casa mia per salutarmi, ma in realtà sapevo fosse soprattutto preoccupato per l'andamento dell'ospedale.

«Cosa dovrebbe succedere, Harry?» ridacchiai. «Calmati e parti tranquillo, andrà tutto bene» sorrisi, provando a calmarlo.

Sospirò frustrato, «sì, lo so. Però questa è una nuova sensazione per me» mormorò.

Aggrottai le sopracciglia, «quale?» domandai.

«Quella di andarmene sapendo che c'è qualcuno che mi fa venir voglia di ritornare, e che ovviamente non mi far venire voglia di partire» mi guardò negli occhi teneramente.

«Vieni qui» mormorai e lo avvicinai a me per i fianchi, volendolo stringere forte, «sono solo cinque giorni, andrà tutto bene» provai a calmarlo. Sapevo che le sue preoccupazioni non fossero rivolte solo a me, la sua più grande paura era che succedesse qualcosa in ospedale e lui non era presente per intervenire.

Nonostante odiasse il 99% della popolazione, teneva al suo lavoro più di qualsiasi altra cosa anche se cercava di non mostrarlo.

«Non sono mai stato via così tanto» rispose implicitamente ai miei pensieri e si passò una mano tra i capelli, «non so cosa fare per cinque giorni lì... devo ascoltare gente che parla di cose che non capirò mai, invece di stare qui ad aiutare» sbuffò.

«Scusa, ma devi andarci per forza?» domandai, vedendo quanto fosse contrariato.

«Purtroppo, sì. O io o la Richards, ma lei non può andarci perché sua figlia ha bisogno di lei. Stupidi figli» borbottò facendomi ridere.

«Lasciala stare, non sai come sarai tu se un giorno avrai figli» alzai le spalle.

«Di certo non saranno ancora papà-dipendenti per ogni singola azione a vent'anni» alzò gli occhi al cielo, «ad ogni modo, mi dirai tutto quello che succede, vero?» mi guardò dritta negli occhi.

«Ovviamente», annuii, mentendo. Non gli avrei detto nulla, altrimenti sarebbe corso qui in cinque minuti e avrebbe trascorso il tempo sull'aereo carico di stress e ansia. E già ne aveva fin troppa.

«Thys, ormai so quando menti» sorrise smascherandomi.

«Non stavo mentendo» inclinai la testa verso sinistra, provando a fare l'espressione più dolce del mondo.

«Nono, per carità. Tu non mi menti mai, vero?» afferrò i miei fianchi saldamente e mi spinse contro di lui in modo da far collidere i nostri petti.

«Mai», scossi la testa divertita, «sono la persona più onesta che esista al mondo. Come può questo faccino adorabile mentirti?» mi toccai le guance e lui rise, fissando ogni mio gesto con lo sguardo sereno.

Si abbassò verso di me lentamente e mi lasciò un dolce bacio sul collo, che mi costrinse ad inclinare la testa perché ne volevo ancora.

«È meglio che vada, devo ancora preparare la valigia e fare la doccia» mormorò sul mio collo. Involontariamente circondai il suo collo con le braccia e mi alzai sulle punte per abbracciarlo meglio.

Non volevo lasciarlo andare, ormai mi ero abituata alla sua giornaliera presenza e quelle rare volte in cui non ci vedevamo per due giorni sembravano infiniti.

Immaginiamoci cinque.

«Se mi stringi così non posso andarmene, e non nel senso che mi stai bloccando, ma nel senso che non voglio andarmene» sussurrò mentre mi lasciava un bacio sulla guancia e stringeva le braccia attorno al mio corpo.

Amethyst | H.S. #wattys2022Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora