Capitolo 86.

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Harry's POV

Eravamo tornati da tre giorni a casa e già lo stress era ritornato a farsi sentire.

Quella sera invitai Thys a dormire da me perché avevo avuto una giornata pessima e non ero riuscito a passare nemmeno cinque minuti con lei.

«C'è una convention a Chicago questo fine settimana, su un nuovo tipo di tecnica per operare al colon. Mi hanno detto che è possibile portare una persona, a patto che sia dottore o infermiere, quindi, ho pensato che potessi venire tu con me» le sorrisi, «sempre se ti va» aggiunsi.

«Davvero?» sbarrò gli occhi e si avvicinò di un passo a me.

«Certo, ti è utile conoscere queste tecniche... prima o poi dovrai operare da sola» alzai le spalle.

«Mi piacerebbe molto venire» sorrise teneramente, «ma non so se Learn mi mette il turno di sabato.»

«Gli dico che devi venire con me, è pur sempre lavoro, quindi non dovrebbero esserci problemi» le accarezzai il collo e scostai i capelli dal viso.

«Non parlargli, per favore. Non voglio che nessuno faccia preferenze, non è leale nei confronti degli altri» sospirò.

«Ma non gli dico nulla di eclatante, solo che vieni con me a Chicago» scossi la testa.

«Harry», mi guardò seria.

«Thys, ho capito che non vuoi che ti dia la spinta e infatti non te la sto dando. Puoi anche dirlo tu a Learn se ti fa sentire meno in colpa» le accarezzai la nuca.

«Non voglio creare scompigli nell'organizzazione» mormorò.

«Quindi, cosa vuoi fare?» le domandai.

«Aspetto che ci dia i turni e poi decido se venire con te o no» disse.

«Se non vieni mi farai rimanere molto molto male» provai a metterla sul sentimentale, ma lei si mise a ridere perché forse ero risultato abbastanza ridicolo.

«Quanti giorni dobbiamo restare?» mi domandò, appoggiando la fronte contro il mio petto mentre le accarezzavo i capelli sulla nuca per farla rilassare.

«Solo due, sabato e domenica. La convention è sabato mattina per poi fare un buffet per ringraziarci di essere andati. Ovviamente io non ci vado mai perché non mi importa di socializzare con quelle teste di cazzo leccacu-» mi interruppe ridendo.

«Perché, non sono dottori e dottoresse brave?» mi chiese.

«Non lo so, non parlo con nessuno e nessuno si avvicina a me per paura quindi mi limito ad osservarli. Sono un ammasso di leccaculo, tutti amichevoli e poi alle spalle si parlano male a vicenda senza ritegno» sbuffai.

«Chicago dove precisamente?» mi chiese.

«Indovina» sbuffai.

«Dove vivono i tuoi» ridacchiò, centrando in pieno.

«Bingo.»

«Glielo dici che andiamo?» mi guardò.

«Assolutamente no, altrimenti vengono a prenderti all'aeroporto con il tappeto rosso e la limousine» risi.

«Tu non conti?» sorrise.

«No, ormai non esisto più da quando ci sei tu» le baciai la fronte, «però dobbiamo stare attenti, credo che ci sarà anche mia cugina alla convention e se ti vede è la fine» sospirai, pensando a cosa sarebbe potuto accadere.

«Cos'è la cosa peggiore che possa accadere? La rendi molto tragica questa situazione Harry» rise.

«Che ci invitano a cena con tutta la famiglia di mia madre e, credimi, è meglio che ti tengo alla larga da solo» sospirai pesantemente al pensiero di come fossero oppressivi i miei familiari.

Amethyst | H.S. #wattys2022Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora