Capitolo 32.

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«Buon due Marzo a tutti!» senti urlare da una signora, mentre mi affrettavo a raggiungere Harry per il giro di visite mattutino. Appena arrivai, lo vidi intento a discutere animatamente con due ragazzi, per cui aspettai che finisse di parlare per potermi avvicinare.

Notai che il reparto fosse silenzioso, molto più degli altri, e forse era dovuto al fatto che Harry non permettesse a nessuno di vagabondare per i corridoi senza meta.

«Ci sei?» sentii scuotermi la spalla e quando mi voltai lo vidi guardarmi attentamente.

«Sì, scusami» scossi la testa, «perché quella signora ci augura un buon due Marzo?» gli chiesi affiancandolo mentre raggiungevamo la prima stanza del reparto.

«Ha una fissa per Marzo, le piace la primavera o qualche stronzata di cui non potrebbe importarmene minimamente» rispose e mi passò il tablet per farmi controllare i pazienti.

«Tutto okay con quei ragazzi? Ti vedevo abbastanza nervoso» lo guardai.

«Invece di somministrare 5 mg di un farmaco ad un paziente, ne hanno somministrati otto e ora sta male. La cosa che mi ha fatto più innervosire è che hanno incolpato me, insinuando che io non sappia scrivere bene e che il mio cinque sembra un otto» sbottò.

«Coglioni» borbottai e aprii la cartella di un paziente.

«Ecco.»

«Harry!» una ragazza ci raggiunse a passo svelto e si mise accanto a lui. Chi diamine era? Dal suo camice e dalla sua divisa capii che fosse una specializzanda come me, ma da quando la gente chiamava Harry con il suo nome?

«Chi diamine è lei e come si permette di chiamarmi con il mio nome?» ecco. Harry si fermò di botto ed io con lui, voltandosi a guardarla innervosito.

«Il dottor Learn ti chiama Harry, quindi ho pensato che tutti potessero chiamarti così» rispose, un po' intimorita.

«Nessuno mi chiama Harry e nessuno mi dà del tu. Impari l'educazione prima della medicina» le rivolse un'occhiataccia e mi indicò di continuare a camminare, lasciandola dietro di noi con la bocca spalancata e gli occhi scioccati.

«Non pensi di aver esagerato un po'?» iniziai, consapevole che avrebbe iniziato ad urlare anche contro di me.

«No», guardò fisso la porta della prima stanza e mi indicò di entrare con un cenno del capo. Finimmo il giro di visite in un'ora circa e disse a noi specializzandi di raggiungerlo in una sala. Appena entrammo, vidi una serie di banchetti con dei fogli sopra e lo guardai confusa, non capendo cosa dovessimo fare.

«Cos'è siamo al liceo di nuovo?» un ragazzo rise, ma Harry restò serio.

«Se ha voglia di scherzare, esca» gli indicò la porta ed io alzai gli occhi al cielo per come si innervosiva facilmente.

«No, mi scusi» mormorò il ragazzo.

«Sono dei test che ho preparato per valutare le vostre conoscenze. Non è previsto dal vostro percorso, ma considerando che ormai chirurgia generale è diventata la specializzazione di tutti, soprattutto dei raccomandati, voglio sapere chi tra di voi sa davvero le cose» ci guardò uno ad uno.

«Se non lo passiamo?» domandò una ragazza.

«Considerate come se non esistesse per me» le rivolse un'occhiata e si andò a sedere dietro la scrivania, «avete le capacità motorie per sedervi da soli?» ci fissò male quando vide che nessuno di noi si sedeva. Da un lato non sopportavo come si stesse comportando, perché se avesse fatto questo anche con me mentre eravamo in ambito non lavorativo, allora avrei stoppato tutto sul nascere. Dall'altro lato mi faceva ridere, perché riusciva ad incutere timore come nessun altro.

Amethyst | H.S. #wattys2022Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora