Capitolo 34.

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Alle otto precise ero giù nel parcheggio ad aspettarlo, ma erano passati più di dieci minuti e lui non si era fatto ancora vivo, per cui feci partire la chiamata con Yemaly per dirle che non sarei tornata a cena.

«Dove sei? Ho fatto la spesa, comunque» mi chiese, appena rispose.

«Non torno a cena, Em» le dissi e mi sedetti su un muretto, provando a non ribaltarmi indietro.

«Esci con lui?» domandò e sentii il rumore degli sportelli dei mobili chiudersi, segno che stranamente stesse mettendo a posto la spesa.

«Vado a casa sua, in realtà» dissi.

«Che cosa?» urlò talmente forte che dovetti allontanare il telefono dall'orecchio.

«Calmati» risi, «si è scusato stamattina, dopo che ci siamo urlati contro, e mi ha invitata a casa sua per farsi perdonare» dissi.

«Con un orgasmo?» chiese.

«Yemaly!» esclamai.

«Non era meglio andare a mangiare fuori?» chiese.

«Ha detto che poiché fuori diluviava, ripiegavamo su casa sua. Ma indovina com'è il tempo? Non c'è una goccia d'acqua sul pavimento» risi.

«Mio caro Harry sei un pessimo bugiardo» canzonò.

«Ecco», sorrisi e lo vidi uscire dall'entrata dell'ospedale con Norma, ridendo. Rideva? Cioè, rideva con lei? Scesi dal muretto mentre attaccavo la telefonata, facendomi notare e lui si girò a guardarmi immediatamente. Appena mi vide, liquidò Norma senza nemmeno salutarla e venne da me velocemente. Alzai la mano, simulando un saluto alla ragazza e lei scosse la testa, sconfitta dal comportamento di Harry.

«Perché non l'hai salutata? È rimasta a parlare da sola senza accorgersene» lo seguii verso la sua auto.

«Sti cazzi» disse finemente e mi aprì la portiera, sbalordendomi, «sali o ti faccio sedere con la forza?» disse, accennando un sorriso.

«Ti addolcisci la lingua o te lo faccio fare con la forza?» risposi indietro, facendolo sorridere maliziosamente.

«Con la forza» ammiccò ed io salii subito in auto per togliermi dall'imbarazzo.

«Diluvia eh, aziona i tergicristalli alla massima velocità» commentai quando mise in moto.

«Non sei simpatica, lo sai?» mi guardò male e uscimmo dal parcheggio.

«E tu sei un pessimo meteorologo» sospirai, guardandolo con il sorriso sulle labbra.

«Se vuoi ti lascio qua e me ne vado» indicò la banchina laterale.

«Se vuo-» iniziai, ma mi interruppe.

«Hai sempre la risposta pronta, non posso mai minacciarti» borbottò e svoltò a destra.

«Ecco, iniziamo a ragionare ora» alzai gli occhi al cielo.

«Cosa vuoi mangiare, alphawoman?» mi chiese, senza staccare gli occhi dalla strada.

«Alphawoman?» alzai un sopracciglio e lo guardai confusa.

«Sì, sei un'alphawoman. Allora, cosa vuoi mangiare? Sei allergica a qualcosa?» mi guardò per un secondo.

«Alle fragole e ai gatti» dissi, «tu?» domandai.

«Ti sembrerà assurdo, ma sono allergico ai cavolfiori. Chi diamine li ha mai mangiati 'sti cavolfiori?» esclamò.

«Fanno pena» concordai, ricordandomi che mia madre li cucinasse spesso per contorno e mi obbligava a mangiarli.

«Allora, cosa vuoi mangiare?» chiese e si fermò per il traffico.

Amethyst | H.S. #wattys2022Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora