Capitolo 74.

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Harry's POV

Appena finii di operare con quella specializzanda, ritornai nel mio ufficio per non sentirla esclamare ancora gioia.

Okay, aveva operato lei... ma non c'era bisogno di essere così felici e sorridenti tutto il tempo.

Era fastidioso ed irritante.

Mi sedetti con un tonfo sulla poltrona e appoggiai la nuca allo schienale per calmare un momento i pensieri.

Quando sentii bussare alla porta, sbuffai. Nemmeno cinque minuti da solo in pace riuscivo a stare.

«Avanti!» esclamai.

Quando la porta si aprì, vidi dei lunghi capelli rossi farsi spazio nella stanza e solo quando alzai gli occhi notai che fosse lei.

Ingoiai la saliva, non riscendo a parlare perché totalmente bloccato dall'ansia e dal nervosismo.

«Hei», mi sorrise.

Anni prima avrei pregato di rivedere quel sorriso, ma in quel momento l'unica cosa che provavo era disgusto.

«Vattene» esclamai immediatamente. Pregai tutte le forze che avessi in me di non cedere ad un altro attacco di panico e mi concentrai sul regolare il respiro.

Non potevo disturbare di nuovo Thys dal suo lavoro, dovevo imparare a cavarmela da solo.

«Voglio solo parlarti, non c'è bisogno di reagire così» specificò e sentii una rabbia montarmi dentro.

«Pensi davvero che io voglia parlarti?» domandai retoricamente. «Forse hai dimenticato quello che mi hai fatto?» provai a non urlare per non far accorrere nessuno, ma era davvero difficile.

«Non ti ho fatto niente, stai esagerando e forse ricordi male» mi guardò con quello sguardo, quello che era sempre stato capace di mettere in dubbio le mie sicurezze e di raggirare i miei pensieri a suo favore.

«Non attacca più, non sono più uno stupido ragazzino che ha lasciato dipendere sé stesso da un essere spregevole come te. Vattene e non ti avvicinare più a me» la guardai con gli occhi fumanti di rabbia.

Rabbia che celava paura, paura che non volevo mostrare altrimenti l'avrebbe usata a proprio vantaggio per entrarmi nel cervello e ferirmi.

Ancora.

«Forse sei un po' confuso nel parlarmi così, cosa ne dici di calmarti?» disse con calma. «Vuoi un caffè? Te lo preparavo sempre quando studiavamo, ti ricordi? Ti piaceva con un po' di cioccolata fondente dentro e poco zucchero» sorrise.

«Devi uscire» le indicai la porta del mio ufficio e notai che dall'altra parte del corridoio Amethyst ci stesse guardando. Appena incrociai i nostri sguardi, risentii la sicurezza che sentivo di star perdendo ad ogni sua parola, ma mi sentii perso quando si voltò per andare via.

«Non me ne vado finché non parliamo. Perché mi cacci, Harry? La tua nuova ragazza ti dice di starmi lontano?» rise amaramente ed io aggrottai le sopracciglia.

«Non ti permettere di parlare di lei, nella tua mente insignificante non deve nemmeno essere prodotto il suo pensiero» mi alzai in piedi.

«Non mi hai mai difesa così, la invidio molto» mormorò.

«Ti sbagli, ti difendevo ancora di più, ma solo perché mi avevi soggiogato con i tuoi stupidi giochetti mentali. Esci!» esclamai, ma lei non si mosse di un millimetro.

«Non ti ricordavo così scontroso, eri molto dolce quando stavamo insieme» mormorò.

«Non meritavi la mia dolcezza, non meriti niente. Solo dolore» sussurrai.

Amethyst | H.S. #wattys2022Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora