«Oh, Dio sto svenendo Em» mi guardai per la centocinquantesima volta nello specchio e feci una giravolta su me stessa. Non volevo risultare fuori luogo, quindi avevo messo un pantalone azzurro pastello semi-elegante, una maglia bianca e le scarpe bianche.
«Stai benissimo, Thys. Respira, prima che ti venga un infarto» vidi il suo sorriso tramite lo specchio e si sedette meglio sul mio letto, «dove andate?» mi chiese.
«Non ne ho la più pallida idea, non so nemmeno come abbia fatto ad avere il mio numero ma mi ha inviato un messaggio dicendomi di essere pronta per le otto» sospirai.
«Gli hai detto dove abitiamo?» mi chiese.
«No, non so come faccia a saperlo» alzai le sopracciglia.
«Forse è nella tua cartella?» propose ed io annuii. Effettivamente aveva ragione.
«Si, forse s-» fui interrotta dal mio telefono che vibrava, «è lui? Che dice?» domandai a Yemaly dato che aveva afferrato il telefono prima di me.
«È qui giù» sorrise, «sei nervosa?» si alzò dal letto e mi seguì in cucina.
«Sto morendo!» esclamai e afferrai la borsa infilando il telefono dentro.
«Andrà benissimo!» sorrise e mi abbracciò. «Fammi sapere se litigate e ti lascia a piedi, vengo a recuperarti ovunque» sorrise.
«Non sei di incoraggiamento» mormorai e ad ogni passo che mi separava da lui il mio cuore perdeva un battito. E se non gli piacevo? E se mi trovava noiosa?
Appena uscii dall'ascensore, lo vidi preso in una conversazione con il portiere e quando uscii si girò a guardarmi di scatto, accennando una sottospecie di sorriso. Ricambiai e notai solo in quel momento quanto fosse bello senza il camice, ma con un semplice jeans e una semplice camicia bianca addosso. Senza la ruga tra le sopracciglia i suoi occhi erano ancora più visibili, di un verde stupendo.
«Signorina, questo giovanotto la sta aspettando da dieci minuti» il portiere mi sgridò ed io mi sentii subito in colpa, infatti mi rivolsi a lui e lo guardai dispiaciuta.
«Mi scusi, sono scesa appena ho ricevuto il suo messaggio» gli dissi, dandole del lei dato che non sapevo come relazionarmi.
«Sono qui da due minuti» scosse la testa e guardò male il portiere.
«Ma se sta qua da dieci minuti!» esclamò il portiere.
«Aggiusti il suo orologio, allora. Sono qui da due minuti» si impuntò e capii che era meglio andare, altrimenti non lo avrei fermato dal picchiare il portiere.
«Andiamo» lo raggiunsi e gli indicai di uscire dalla porta.
«Non venga più in questo palaz-» interruppi il portiere.
«E stia un po' zitto» esclamai e chiusi la porta alle mie spalle. Quando mi voltai verso di lui, lo vidi sorridere, «cosa?»
«Non sono l'unico scorbutico qui» scherzò e per la prima volta lo vidi fare una battuta. Quindi era divertente anche lui?
«È troppo invadente ed io sono introversa, quindi lo odio quando si impiccia più del dovuto. Mi dispiace se l'ha fatta innervosire» dissi e iniziammo a camminare verso la strada principale di Los Angeles.
«Non fa niente. E non darmi del lei» sorrise guardandomi negli occhi, «almeno fuori dall'ospedale» alzò le spalle.
«D'accordo» annuii, «posso farti una domanda?» dissi e lui annuì. «Come sai il mio numero e dove abito? È un tantino inquietante» sorrisi.
«La tua cartella» spiegò, «com'è andato l'esame?» mi chiese, guardando il pavimento per la cinquantesima volta da quando eravamo insieme. Perché non mi guardava in faccia, era forse imbarazzato?

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Amethyst | H.S. #wattys2022
ChickLitAmethyst Wilson vive a Los Angeles in un appartamento che condivide con la sua migliore amica Yemaly da più di sei anni, da quando lei si è iscritta alla facoltà di medicina e Yemaly a quella di economia. Amethyst sogna di diventare un chirurgo di f...