Capitolo 45.

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Amethyst's POV

Il giorno dopo l'operazione, mi sentivo sicuramente meglio, ma non me la sentivo ancora di alzarmi e camminare. Avevo vari lavaggi attaccati al braccio, quindi ogni volta muovessi il braccio sentivo dolore.

Ero annoiata, talmente tanto che avevo iniziato a ripetere le tabelline a mente per far passare il tempo il più velocemente possibile. Michela ed Ava erano ancora ricoverate con me, ma Michela dormiva la maggior parte del tempo e Ava aveva dolori lancinanti alla testa quindi preferivo non disturbarla per non peggiorare la situazione.

I ragazzi venivano solo durante l'orario di pranzo, dato che per il restante tempo non potevano allontanarsi dai reparti a cui erano stati assegnati.

Mentre Michela e Ava erano a fare alcuni controlli, ricevetti una chiamata da mio padre. Con difficoltà afferrai il telefono dal comodino e risposi.

«Papà» provai a non sfilarmi l'ago dal braccio.

«Amore mio, come stai?» mi chiese dolcemente.

«Bene, mi sento molto meglio» dissi per non farlo preoccupare.

«Vuoi che venga lì, Amy? Prendo l'aereo e vengo subito» mi disse.

«Non ti preoccupare, sto bene papà. È tutto okay, davvero» provai a convincerlo di non venire.

Non che non lo volessi qui, ma se fosse venuto lui sarebbe venuta anche mia madre e l'ultima cosa di cui avevo bisogno era mia madre che mi assillava anche mentre ero in post-operatorio mezza morta su un lettino di ospedale.

«Sei sicura? La tua voce non mi dice che stai bene» insisté.

«Sto bene, davvero» dissi, «non ti preoccupare, sono in ottime mani» dissi e immediatamente il mio pensiero andò ad Harry, che ancora non si era fatto vivo dal giorno prima.

«Non ho alcun dubbio su questo, ma se hai bisogno di qualcosa come fai? Ti conosco Amy, so che non disturberesti mai i tuoi amici. Per questo ti ho chiesto se volessi venissi lì, ti aiuto io» spiegò.

«Grazie papà, davvero. Ma sto bene e non mi serve niente in particolare, poi ho Yemaly che mi chiama ogni mezz'ora per chiedermi se ho bisogno di qualcosa» risi piano al pensiero di quanto fosse apprensiva in quei momenti.

«D'accordo, tesoro. Per qualsiasi cosa mi chiami? Anche se sono le tre di notte, prendo il primo aereo e vengo da te» disse dolcemente.

«Certo papà, non preoccuparti», sorrisi, anche se non lo avrei mai disturbato.

«Ci sentiamo più tardi, allora. Riposati e mangia» sospirò e attaccò.

Dopo un'ora, le due ragazze fecero ritorno in stanza e non appena gli infermieri uscirono si voltarono verso di me con gli sguardi interrogatori.

«Non è venuto?» mi domandò Ava e si alzò con la schiena contro i cuscini aiutandosi con le braccia per non aprire la ferita sul fianco.

«No», sospirai e guardai fuori alla stanza, per quanto la vetrata satinata permettesse. Non ero ancora riuscita a capire il perché Harry non fosse venuto a trovarmi, non riuscivo a giustificare quello che stesse facendo.

«L'ho visto di sfuggita in corridoio mentre uscivo dalla sala per fare la radiografia. Mi ha guardata e poi ha subito distolto lo sguardo» Michela si voltò verso di me.

«Perché non è venuto?» mormorò Ava tra sé e sé. «Insomma, state insieme o...?» mi guardò triste.

«No, non credo» risposi scuotendo la testa, «non lo so» sussurrai. Non avevo idea di cosa fossimo, non ci eravamo mai dato un'etichetta, ma ero abbastanza sicura da non essere una sconosciuta che lo giustificasse a non venirmi nemmeno a trovare dopo un'operazione.

Amethyst | H.S. #wattys2022Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora