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Dopo tre giorni di salto dello spoiler su ogni social, siamo finalmente pronte alla nostra maratona di Halloween: Stranger Things 2.

Niente feste stavolta. Solo io e Daria, sedute ai piedi del letto con due ciotole di popcorn caldi e una coperta di Harry Potter sulle gambe. Domani si sveglieranno prima i nostri brufoli che le nostre coscienze, ma ehi, si vive una volta sola. E poi, sono queste le serate che preferisco.

Siamo a metà del terzo episodio, ma Daria mi sembra deconcentrata. Mangia, cambia posizione, armeggia un po' col cellulare. Quasi distrae anche me. Regge fino a un certo punto, perché all'improvviso mette in pausa e si gira verso di me.

«Stavo pensando una cosa» comincia.

«Oh, no. Quando inizi così devo preoccuparmi».

Ha gli occhi sgranati, con l'indice si attorciglia i ricci neri fin quasi ad annodarseli. Poi si alza. Fa qualche passo avanti e indietro, sbuffa e infine si risiede accanto a me. Io la guardo paziente finché alla fine chiede: «Non è che mi insegneresti ad andare sullo skate?».

Lo dice tutto d'un fiato, come se fosse un'unica lunghissima parola, e non recepisco subito.

«Che?».

«Ecco, lo sapevo».

«Daria, parla piano, non ti ho capita. Rallenta».

Dopo un bel respiro, ci riprova: «Mi insegni ad andare sullo skate?».

Ah. Lo sapevo io che c'era da preoccuparsi.

Non rispondo subito. Sono un po' confusa. Non dalla domanda in sé, quella è facile, ma dal suo tempismo. In quattro anni non me l'ha mai chiesto, e stavamo benissimo così, no?

E poi in realtà non mi va. Già, non mi va affatto. Il mio è stato un processo lungo ma tutto sommato naturale. Conoscendola, non credo che lei possa avere la stessa perseveranza.

«Allora?» mi incalza, allarmata dal mio silenzio.

«È che...» cerco di prendere tempo. «Non intendevo questo quando ti ho detto di trovare un hobby in cui rifugiarti. Questa è la mia valvola di sfogo».

«Però potrebbe funzionare» risponde pronta. «Torneremmo a condividere di nuovo tutto, come prima che mi trasferissi».

Sono in difficoltà. Come posso dire di no senza offenderla?

«Insomma, non è una cosa facile» comincio. «Non sono neanche certa di essere in grado di insegnartelo».

«E se chiedo a tuo cugino?».

Oh, no, questo è fuori discussione. Simo non si tocca. E poi lo farebbe diventare matto.

«Ha molto da fare ultimamente, lo si vede poco allo skatepark. Non avrebbe tempo».

«Ma tu sì» mi incalza. «Tu il tempo ce l'hai, no?».

Silenzio. Non so cosa ribattere a queste osservazioni, tutte giuste. Cerco dentro di me la vera risposta, e quando la trovo mi sento egoista.

In realtà non mi va che Daria invada l'altra sfera della mia vita. Ho scoperto che mi piace avere due cassetti separati: lei a scuola e a casa, Simo e gli altri allo skatepark. Se mischiassi queste due cose, sono certa che non andrebbe bene.

«A meno che tu non voglia» sbotta poi, con la voce improvvisamente seccata. «Ecco, appunto, lo sapevo».

Adesso sono io quella a disagio. Mi alzo, cerco disperatamente una motivazione plausibile per il mio no.

«Daria, mi spiace. Non credo di riuscirci».

«No, non è che non puoi, tu non vuoi, giusto? Non so perché, ma sei gelosa del tuo hobby come... come di un fidanzato!».

Mi fermo. Resto colpita da questa frase. Perché è esattamente così.

«Hai ragione» dico senza rendermene conto. «Il mio skate è il mio fidanzato».

«Sì, ma non ti ho chiesto di prestarmi il tuo fidanzato, Linda. Ti ho solo chiesto di insegnarmi a... trovarmene uno mio».

«E perché il tuo fidanzato dev'essere proprio lo skate? Perché non può essere, che ne so, il punto croce?».

La piega che l'intera discussione ha preso ci fa scoppiare a ridere. Torno a sedermi, scuotendo la testa. Lei ancora mi guarda speranzosa.

«Allora facciamo così» concludo, certa di aver trovato una scappatoia. «Tu dimostrami che lo vuoi sul serio e che non si tratta solo di un capriccio temporaneo. Come quella cosa dell'anno scorso, che volevi imparare a cucire per boicottare il fast fashion».

«Ci sto ancora lavorando su!» mente, punta nell'orgoglio. «Non ho abbandonato il progetto».

«Ok» la assecondo. «Dimostrami che ci tieni davvero e io prenderò in considerazione l'idea».

Ci pensa su, poi annuisce. Sembra soddisfatta, ma lo sono anch'io. Perché sono certa che domani avrà già lasciato perdere. Sicuro. Più sicuro della morte.

Quindi premo play e mi risistemo sotto la coperta di Harry Potter.

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