Qualche giorno dopo rientro in casa e trovo papà sulla scala, in camera mia. È tutto intento ad applicare una serie di luci natalizie sul muro, sopra la scrivania.
«Papà?» lo chiamo dal basso. «Che ci fai qui?».
«Oh, ehi, ma sei già tornata!» esclama dall'alto. «Accidenti, speravo di finire prima che arrivassi. Che dici, sembra un po' quel telefilm che ti piace tanto?».
Mi ci vuole un attimo per capire a cosa si stia riferendo, ma quando ci arrivo sento un sorriso enorme allargarsi in faccia.
«Stai attaccando le luci al muro come in Stranger Things?!» chiedo, con gli occhi che mi brillano. Lui scende dalla scala, e io intanto mi levo sciarpa e giubbino. «Cioè, davvero?».
«Be', sì, l'intenzione era quella. Ma sei arrivata prima del previsto» risponde. «A proposito, com'è andata la prima lezione di Daria sullo skate?».
Alzo gli occhi al cielo e mi butto sul letto. «Diciamo che c'è una ragione se sono tornata prima del previsto, ecco. Non credo sia il suo forte, ma vedremo». Poi, ancora ammaliata dal lavoro che papà sta facendo, aggiungo: «È bellissimo. Mancano solo le lettere dell'alfabeto sotto ciascuna lucina e...».
Mi fermo. Inutile arrivare alla fine della fantasia.
«E...?» insiste lui.
«E... niente, mica posso mettermi a scrivere sul muro».
«Perché no?» mi chiede, sinceramente sorpreso. «Era proprio quello che volevo fare io, invece».
«Papà, la mamma mi ammazza» rispondo, stringendomi nelle spalle.
Lui alza le sopracciglia in una smorfia di finta innocenza, poi viene a sedersi vicino a me. «Ci ammazza» mi corregge. «Ma se ha qualcosa da ridire, sono stato io a fare tutto, giusto? E poi sono sempre io quello che imbianca casa, perciò... se a me va bene, andrà bene anche a lei».
Lo guardo, incerta ma speranzosa. Vorrei esultare, eppure non voglio illudermi. «Sicuro?» chiedo.
«Ma certo».
«Sicuro sicuro?».
«Massì, Linda, dai!». Si alza dal letto e va ad attaccare la spina delle luci. All'improvviso una parete bianca e sterile diventa un gioco di colori che danzano e si moltiplicano.
«Oh. Mio. Dio!» esclamo. «Papà, è bellissimo! Bellissimo!».
«Ottimo» fa lui, tutto soddisfatto. Si mette le mani sui fianchi e studia la sua opera. «Allora fai così: vai a metterti comoda e prendi due pennarelli. Stasera la mamma ha chiusura, quindi abbiamo campo libero fino a dopo cena».
«Jackpot!» urlo uscendo da camera mia. «Aspetta che lo veda Daria!».
Lo sento ridere mentre io corro in bagno, felice come una bambina.
Però alla fine la mamma rientra. Tardi, ma rientra.
Ci becca sul divano, davanti al film che sancisce l'inizio del periodo natalizio in casa mia: C'è posta per te. E fin qui tutto bene, se non fosse per le scatole vuote di pizza che abbiamo lasciato sul tavolino (errore da principianti) e per le macchie di pennarello che rendono le nostre mani simili a quelle dei bambini all'asilo.
Butta le chiavi all'ingresso e si ferma, carica di buste. La stanchezza le accende gli occhi, invece che spegnerli. Io e papà ci giriamo nello stesso istante, così immagino che i suoi peli sul collo si rizzino insieme ai miei.
La mamma sta studiando il soggiorno. Al suo occhio deve sembrare un campo di battaglia, ai nostri è solo un pigro dopocena.
«Sul serio?» esordisce senza neanche salutare. «Rientro alle dieci passate e vi aspettate anche che sia io quella che passa a ripulire i resti della vostra cena?».
Papà la butta subito sull'ironico. «Ma dai, su, non rompere. Ci penso io. È che abbiamo cenato tardi, abbiamo appena finito. Davvero, tu non preoccuparti».
Io rigiro la testa verso Meg Ryan che sbraita contro Tom Hanks. Lascio che sia papà a sbrigarsela.
La mamma sbuffa e va a togliersi la giacca. La sento trafficare prima in bagno, poi in cucina. Quando ritorna nel mio campo visivo è impossibile ignorarla. Mi si piazza di fronte, sulla poltrona. Sposta in modo super plateale le scatole della pizza e mette una busta sul tavolino.
«Questo l'ho preso per te» dice.
«Ah, ok» rispondo, un po' sorpresa. «Grazie».
Non mi dà neanche il tempo di sbirciare nella busta di H&M che subito riparte: «Se magari te lo metti inizi a sembrare più femmina che maschio».
Inspiro e mi mordo il labbro per non rispondere. Ti ha preso un regalo, sii carina, sii carina, sii carina, mi ripeto.
Pare mi abbia preso una cosa nelle mie corde. O almeno così sembra, perché all'inizio la scambio per una felpa normalissima, nera, con delle scritte fluo sulle maniche lunghe.
Può andare. Sì, ci sta.
Sto quasi per esultare, ma poi mi rendo conto che la felpa è cortissima. Cortissima. Quel tipo di abbigliamento che ti lascia scoperta la pancia.
È così che si veste Marta. Daria, a volte. Io... Io no. A me serve un bel po' di stoffa in più.
«Bella» fa papà. «Però, tesoro, mi sa che devi andare a cambiarla. Manca un pezzo, ti hanno dato solo la metà di sopra».
Io soffoco una risata, perché è esattamente quello che avrei detto io. Poi rimetto la felpa nella busta.
«Ma che ne capisci tu di moda, quello è un crop top, è fatto apposta così» lo rimbecca lei. Poi si rivolge a me. «Consideralo un regalo di Natale anticipato».
A metà novembre. Ok. Sii carina, sii carina.
«Be', grazie» dico alzandomi. «Daria ne ha una identica» mento.
«Visto?» fa la mamma rivolta a papà, come se le avessi appena dato ragione. E in un certo senso è così.
In un certo senso. Perché non ha capito che l'ho detto per coprirmi le spalle. Così, quando regalerò quella felpa a Daria e lei se la metterà, la mamma non sospetterà nulla.
E non mi preoccupo neanche del fatto che non me la vedrà mai addosso. Non corro questo rischio, perché per accorgersene la mamma dovrebbe darmi un minimo di attenzione. Cosa che avviene solo quando sbaglio, mai quando faccio bene.
Quindi ringrazio ancora, aiuto papà a rassettare in cucina e poi me ne vado a letto, ben consapevole che domattina la mamma sarà tutta un "cosa cavolo avete fatto a quel muro voi due?!".
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Ocean Eyes
RomanceLinda ha sedici anni e una vita normalissima. Le sue giornate ruotano intorno a tre cose: skate, amici e scuola. Almeno finché non arriva Carlotta...