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Il padre di Carlotta le ha trovato una sistemazione ideale.

Ha un cliente che gli deve un favore, così riesce a rimediare alla figlia un bungalow in un camping appena fuori Senigallia. Abbiamo la spiaggia, un posto in cui dormire con i nostri sacchi a pelo e la scusa per ubriacarci. Non manca nulla.

Il posto è magico, davvero.

La spiaggia all'imbrunire appartiene a una trentina di adolescenti liberi da ogni dovere. La scuola per alcuni è appena finita per sempre. Per altri è solo in pausa. Per altri ancora l'idea di un futuro pieno di successi comincia a germogliare, qui, adesso.

Se qualcuno ha voglia di fare il nostalgico, la birra a fiumi e i cocktail preparati con grande maestria dalle ex compagne di Carlotta lo impediscono.

Facciamo la spola tra la spiaggia e il bungalow, coi costumi da bagno umidi e gli asciugamani in spalla. C'è chi gioca a beach volley, chi mangia patatine in veranda. Io resto sulle mie, ma non posso evitare di sentire l'aria frizzante della serata. Ho voglia di prendere Carlotta per mano e correre a piedi nudi sul bagnasciuga.

Non posso.

Trovo Daria. Anche lei, come me, se ne sta all'aperto ma in disparte. Fissa tutti gli invitati, uno alla volta, finché si sofferma su di me, e le sue spalle si rilassano. Si avvicina.

«Ehilà, Linda».

«Come va?» le chiedo.

«Un po' agitata» risponde rigirandosi un bicchiere di plastica in mano. È già vuoto. E pensare che siamo qui da meno di un'ora. «Stasera devo fare quella cosa. Stasera lo mollo, ho deciso».

Invece che guardare lei, i miei occhi vanno alla ricerca della testa rasata di Claudio. Non lo vedo. In compenso però trovo Edoardo, che essendo uno dei più grandi a questa festa sta tenendo banco.

«Mi sembra un'ottima scelta» dico per caricarla. In realtà però la voce mi esce debole, e sembra più un piagnucolio che un incoraggiamento.

Lei se ne accorge. Non dice niente. Semplicemente, va a prendere due Coca Malibu. Uno me lo pianta in mano. L'altro se lo tiene.

«Sai che ti dico? Ce ne serviranno parecchi, di questi» sorride. «Se resti a secco, batti un colpo e ci penso io».

Annuisco, ma non rispondo. Lei deve sentirsi a disagio. Silenzi di questo tipo non ci sono mai stati tra di noi, eppure ora eccoli qui. Mi si para di fronte.

«Senti, Linda... So di non essermi scusata come avrei dovuto» comincia, gli occhi bassi. «Quel pomeriggio... quando hai spaccato lo skate a Claudio, io avrei dovuto prendere le tue difese».

«Non chiedevo quello. Mi bastava che mi stessi ad ascoltare» ribatto. «Poi avresti capito da te con che razza di imbecille ti stavi andando a impelagare».

«Lo so, fidati. Ora lo so. Però sento che da quel momento in poi io e te non siamo più state le stesse, e vorrei metterci una pietra sopra. Voglio dire, ora che Carlotta andrà via, io e te dovremo sostenerci a vicenda. Come ai vecchi tempi» cerca di sdrammatizzare con un sorriso tirato.

Dovrei dirglielo. Dovrei dirle che l'anno prossimo anche lei resterà sola. Ma una parte di me teme che, se lo facessi, lei si rifugerebbe da Claudio. No, non deve succedere. Così taccio.

«Come ai vecchi tempi» ripeto io. Cerco di assaporare le parole, quel concetto così nostalgico. Ci bevo su per soffocarlo.

«Allora siamo a posto?» chiede lei, avvicinando il suo bicchiere al mio.

«A posto».

«Alle amiche che restano!» brinda lei.

E a quelle che se ne vanno, aggiungo io nella mia testa.

Dopo una mezz'ora di noia totale, decido di rifugiarmi nel salotto del bungalow. L'alcol sale in fretta al cervello ed è meglio se mi siedo sul divano.

Non so se sia una mia impressione o se stia accadendo davvero, ma all'improvviso Edoardo è accanto a me. Mi sorride.

C'è un gran rumore, tra vociare indistinto e musica a tutto volume. Devo concentrarmi per capire cosa stia dicendo.

«Resti a dormire?».

«Eh?».

«Ho detto, resti a dormire stasera?».

Faccio di sì con la testa. Lo vedo cambiare posizione sul divano, si avvicina a me, mi mette una mano sulla coscia. Il suo sorriso diventa tagliente, poi all'improvviso sparisce.

«Hai intenzione di rubarmi la ragazza anche stavolta?».

Non ho aria nei polmoni. Avvampo, tanto che di punto in bianco mi sento lucida al cento per cento.

Devo rispondergli a tono, mi dico. Devo ridere, oppure arrabbiarmi, minimizzare il suo astio, sbuffare, prenderlo in giro perché si sente minacciato da me, da una ragazza.

Invece no. Sto zitta e sento il sangue correre alle guance, tutto insieme, deciso a smascherarmi.

Lui mi fissa impenetrabile, di ghiaccio. Ho paura che si alzi e inizi a gridarmi addosso insulti della peggior specie, di fronte a tutti. Invece no. Si limita ad avvicinarsi al mio orecchio mentre con una mano tira fuori dalla sua tasca qualcosa di piccolo e lo mette nella mia.

«Io lo sapevo» sussurra «Lo sapevo».

Nelle mie mani c'è un Durex. Me lo scrollo di dosso come se fosse un insetto disgustoso, ma lui prosegue: «Questo tienilo, magari trovi qualcuno di buon cuore che può farti cambiare sponda».

Io non riesco a reagire. Sono bloccata in uno stato di paura e ribrezzo insieme.

«Tienilo» ripete, falsamente bonario. «Tanto io ne ho tanti. Così tanti che Carlotta potrebbe riconsiderare la partenza, vedrai».

Mando giù, guardo altrove. Devo vomitare.

«E non pensare di guastarmi la festa, Linda. Non ci pensare neanche. Ho aspettato troppo tempo, e se questa dev'essere la mia ultima occasione con lei... be', allora farò in modo che se la ricordi».

Si alza, ma prima riprende il preservativo che mi ha dato. Se lo rigira tra le dita, lo guarda come se stesse tentando di capire la sua funzione.

Poi, di punto in bianco, me lo lancia in faccia e se ne va.

Ocean EyesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora