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È ovvio che lei non sia allo skatepark. Però io la cerco lo stesso.

Nel momento in cui sento il rumore dei deck che sbattono sulle rampe, i miei occhi corrono più avanti che possono. Sono costretta a strizzarli perché il sole mi abbaglia. Sento il calore scottarmi il cranio, così inesorabilmente esposto.

Salto sulla tavola e scivolo in avanti, superando Simo che sta ancora camminando con lo skate sottobraccio. Da quando siamo usciti da Maggie's Pantry non ha più detto una parola.

Voglio essere la prima ad arrivare. Non mi nasconderò dietro a mio cugino, che senso avrebbe? Ormai sono questa.

Trovo Omar vicino alla ringhiera del parcheggio. Johnny è lì, accanto a lui. Non l'ho più rivisto – né sentito – da quella sera al bowling, me ne rendo conto solo ora. Mi dispiace e mi sento in colpa, perché a me non è passato neanche per l'anticamera del cervello di scrivergli. Invece lui, forse, ha evitato di farlo per l'imbarazzo. Per la delusione.

Ora potrei andare da lui e scusarmi, certo. Però andrebbe contro la mia deliberata intenzione di fare terra bruciata, qui a Senigallia. L'ho fatto con Daria, e dovrò cercare di farlo anche con tutti gli altri. Solo così potrò liberarmi di Linda.

Quindi, no. Mentre i loro occhi ricadono distratti su di me, decido di fingere che tra me e Johnny non sia mai accaduto un bel niente. È la soluzione più semplice.

All'inizio non mi riconoscono subito. Continuano a parlare tra loro. Poi, quando scorgono Simo accanto a me, sgranano gli occhi e ci vengono incontro.

«Linda?!» sbotta Omar. Entrambi mi si avvicinano, increduli. «Ma che cosa...?».

È uno stupore genuino, me ne rendo conto subito. Non c'è traccia di pena nel suo sguardo, è come un bambino che si stupisce della neve. Quindi, deduco, nessuno di loro sa niente. Meglio così.

«Wow» azzarda Johnny, un po' fiacco. «Mi piace questo look alla Britney 2007».

Sopprimo un sorriso. Intanto mi siedo a terra e mi allaccio meglio le scarpe. «Dici?».

«Pazzesco! Ci vuole coraggio per fare una cosa del genere, grande!» continua Omar.

Annuisco e fingo di essere tutta concentrata sui lacci. Certo che ci vuole coraggio, vorrei dirgli. Infatti la scelta non è stata mia, è stata obbligata.

Poi, proprio mentre sto per rialzarmi e mettermi sullo skate, li vedo.

Mi si congela il sangue nelle vene.

Nel parchetto, poco più in là, Claudio ed Edoardo discutono. A giudicare dalle loro facce, non dev'essere un argomento piacevole.

E io... Io non riesco più a mettermi in piedi. Mi tremano le gambe. Ho paura.

«Sono stati loro».

La voce di Simo è poco più di un sussurro. Alzo di scatto la testa verso di lui, che per tutto il tempo ha seguito il mio sguardo. Serro le mascelle.

«Sono stati loro!» ripete, e stavolta la rabbia gli scoppia in gola.

Omar e Johnny si guardano, confusi. Io perdo il controllo delle mie articolazioni. Faccio per alzarmi, ma tremo in un modo vergognoso, tanto che quasi cado. È Omar a reggermi mentre tento di parlare. Eppure neanche le labbra vogliono obbedirmi. Non mi esce una parola, non una sola.

«Porca troia, io li ammazzo!» grida mentre si dirige a grandi falcate verso il parchetto.

Edoardo e Claudio se ne rendono conto. Vedono lui. Poi me. Il panico nei loro occhi mi sembra un'ammissione di colpa urlata a tutti i presenti.

«Merda!» sbottano mentre indietreggiano.

«Io vi uccido, cazzo!».

Omar non può corrergli dietro per fermarlo, visto che mi sta ancora tenendo su, altrimenti cascherei a peso morto.

Ma Johnny sì. Johnny, lui sì che può farcela, mi dico. Simo in confronto a lui è minuto. Johnny deve fermarlo prima che questa scenata diventi una pagliacciata.

«Ma che succede?» mi chiede Omar. «Cristo, ma tu stai svenendo!».

Ottimo. Benissimo. Questo sì che non dà nell'occhio.

Mi faccio adagiare a terra. La schiena brucia. Omar mi tiene su le gambe e parla, mi fa domande. Arriva un sacco di altra gente. Qualcuno mi porge dello zucchero, qualcun altro una Coca Cola. La cosa assurda è che so di avere gli occhi chiusi, eppure è come se vedessi la scena in alta definizione. Sento tutto, i miei sensi non sono mai stati più all'erta di così.

Però il mio corpo non risponde. Gli chiedo di aprire le palpebre, di dire a tutti: ok, ci sono, no problem, circolare! Ma non lo fa. Semplicemente non ne ha le forze.

Così aspetto per terra, con le gambe per aria, le braccia che mi formicolano e la schiena percorsa da brividi.

Passerà, mi dico. Ora passa. Ora passa.

Ha un calo di pressione.

Sì, fa troppo caldo oggi.

Datele un fazzoletto bagnato da mettere in testa.

Ha mangiato, che tu sappia?

E lentamente il mio corpo si risveglia sul serio. Mi accorgo che qualcuno mi sta facendo aria, qualcun altro ha appoggiato una bottiglietta di acqua fredda sui miei polsi.

«Forse dovremmo chiamare un'ambulanza?».

Che?! No! Ci manca solo questa!

«No, no... sto bene» dico.

E finalmente apro gli occhi. Tento un sorriso per tranquillizzare queste persone sconosciute che mi stanno fissando a distanza troppo ravvicinata. Mi sento così in imbarazzo che potrei svenire un'altra volta.

Poi lo sento.

Il rumore di una rissa. Le grida strozzate, i colpi, gli insulti.

Uno alla volta, i volti di chi mi stava assistendo fino a un secondo fa si voltano.

«Mi sa che l'ambulanza non ci vuole per te... ma per loro» mi sussurra Omar. Mi tiene d'occhio ma cerca anche di guardare se Simo e Johnny le stanno prendendo. O dando.

Faccio per mettermi seduta, nonostante qualcuno mi suggerisca di non farlo. Il mio sguardo passa attraverso il muro di gambe che mi separa da Simo.

Le sta decisamente dando. Edoardo non sembra nemmeno opporre resistenza. Claudio un po' sì, vuole colpire alle gambe di Simo per mandarlo a terra, ma Johnny glielo impedisce. Invece di fermare la rissa, la sta alimentando. Senza nemmeno sapere perché.

Sono praticamente due contro uno. È solo quando anche Claudio cade sul prato in posizione fetale che Simo pare placarsi. Ci ripensa, gli sferra altri due calci in pancia e poi gli sputa addosso.

«Provaci!» gli urla. «Provateci, a farvi vedere ancora qui! Vi scuoio vivi!».

Detto questo, si gira e viene zoppicando verso di me. Non mi guarda in faccia. E io un po' ne sono grata. Perché non ho mai visto i suoi occhi più neri di così.

Ocean EyesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora