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Rientro a scuola, ma la situazione non cambia. Anzi, peggiora, perché scopro che in mia assenza Daria ha cambiato posto. Ora accanto a me c'è un banco vuoto. Lei si è messa vicino a Marta. Un'altra ottima scelta, Daria. Grandiosa.

Quando entro in aula e mi accorgo del silenzio che si crea intorno a me, ringrazio il cielo che manchino poche settimane alla fine dell'anno scolastico. Per fortuna quasi tutti i professori sono in modalità estate: o sono concentrati a tartassare quelli di quinta con la maturità e le simulazioni d'esame, o sono così intenti a prenotarsi le ferie che ci lasciano ore e ore di fronte a un documentario di storia o a un film in lingua originale.

Così anche in classe posso crogiolarmi nella mia solitudine.

Quando suona la campanella mi attardo. Che fretta ho, del resto? Chi mi aspetta? Tiro fuori lo skate dallo zaino e cammino piano per i corridoi, pensando a quanto questa terza liceo sia stata distruttiva.

Poi, al cancello, la vedo.

È ferma, coi calzettoni alti, le Converse. Lo skate. Mi sento derubata, ma anche fiera di averle dato quella parte di me, che ora è sua. Il pensiero mi rattrista e mi consola insieme.

Si gira, come se avesse sentito il rumore dei miei pensieri che esplodono in mille pezzi. Mi guarda.

Ho l'impressione che stia per sorridere o per fare un passo verso di me. Ma resta ferma, lì dov'è. Poi una macchina accosta di fronte a lei, annunciandosi con due brevi colpi di clacson. Il guidatore si allunga verso la portiera del passeggero, aprendola.

Edoardo. Certo che è Edoardo.

«Salta su, Blondie. Si va a fare milioni di visualizzazioni».

Carlotta si distacca da me. Si ingobbisce, si siede, allaccia la cintura, chiude lo sportello. È solo quando lui parte con una leggera sgommata che il suo sguardo torna a cercare il mio. Dura un attimo, forse anche meno, ma basta a riaprire tutte le ferite che sto cercando così disperatamente di chiudere.

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