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Il giorno prima del funerale ci sono due sorprese.

La prima è Simo. Ha preso due giorni da lavoro appena ha potuto e si è fiondato a Mantova, portandomi anche il cellulare in modo provvidenziale.

La seconda, ma assolutamente non per importanza, è Carlotta. Che si è messa in macchina con lui.

Li vedo parcheggiare dalla finestra del piano di sopra e non posso credere ai miei occhi.

C'è una testa biondissima.

È lei. Carlotta è qui, a Mantova, con mio cugino.

Me la ritrovo sulla porta quando apro e non sono in grado di dire niente. Niente. Mi faccio abbracciare da Simo, che mi stringe più forte e più a lungo del solito. Però i miei occhi sono fissi su di lei, che se ne sta sul marciapiede, alle spalle di mio cugino, in attesa che tocchi a lei abbracciarmi.

Simo si fa da parte, entra in casa e si dirige verso il piano superiore, dove ci sono i miei. Carlotta si fa avanti titubante, con le braccia mezze aperte, un sorriso accennato, gli occhi lucidi.

«Ho torturato Simone finché mi ha detto dov'eri finita» mi spiega leggendomi la confusione in faccia. «Poi gli ho rotto l'anima finché ha accettato di portarmi con lui».

Io sono stordita. Sono felice, sono triste, sono sollevata.

Non trovo le parole. Così l'unica cosa che sento di poter fare è abbandonarmi tra le sue braccia.

È la prima volta che ci abbracciamo in questo modo, che ci incastriamo così perfettamente e senza bisogno di nasconderci.

È la prima volta.

Allora comincio a piangere. Mentre lei mi stringe le braccia intorno al collo e mi tiene strettissima, lascio andare tutto: la frustrazione, il rancore, la paura. I singhiozzi mi spezzano. Sono scossa al punto che Carlotta è costretta ad allentare l'abbraccio, ma solo per riuscire a entrare del tutto in casa e chiudere la porta. Poi mi afferra per le spalle. Abbassa il viso per guardarmi negli occhi, ma non glielo permetto. Le lacrime sono un muro tra me e lei.

Lo capisce. Torna ad avvolgermi.

«Ora ci sono io, ok? Ci sono io» mi dice, baciandomi sulla testa.

La sua voce è attutita dai miei capelli. Continuo a piangerle sulla spalla.

«Sono qui per te» continua. «Sarò sempre qui per te».

E io, anche se so nel profondo che è una bugia, decido di crederci.

Ocean EyesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora