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Aspettiamo che Simo torni a prenderci seduti sugli scalini del parcheggio.

Omar è di nuovo sparito. Conosce ogni persona che saluta e sta delle mezz'ore a chiacchierare con tutti. Il risultato è che lascia me e Johnny in una piccola pozza d'imbarazzo.

Per parecchi minuti nessuno dei due parla. Io sorseggio la mia Pepsi, lui una Sprite. Si capisce che c'è qualcosa di anormale perché nessuno dei due ha il naso schiacciato sullo schermo del telefono. Il che significa che vogliamo dire qualcosa, anche se non sappiamo bene cosa.

«Linda, ascolta...» comincia lui. «Io ci scherzo su, lo sai, ma non è che mi dispiacerebbe se tu...».

Sento le guance accendersi. Mastico la cannuccia.

«Cioè, ormai sembra una barzelletta perché faccio sempre il cretino, però, sì, insomma... Un fondo di verità c'è».

Deglutisco. Fisso l'asfalto. Oh, madonna.

«E prima... Be', a me prima m'è sembrato ci fosse qualcosa, o sbaglio? Cos'era quell'abbraccio?».

Mi gratto il collo e aspetto che le parole si materializzino sulla mia lingua. Non succede.

«Linda? Puoi dire qualcosa, per favore?» ride nervoso.

«Ok» mi decido, schiarendomi la voce. Mi giro verso di lui e mi forzo a guardarlo negli occhi. «Ok, Johnny. Ecco come stanno le cose» comincio. «Non ho idea di come stiano le cose».

«Ah. Va bene. Cioè, ok» si ferma. Beve. Pensa. «Scusa, ma in che senso?».

«Nel senso che...» sbuffo. «Credo che mi piaccia una...».

Una ragazza. Una ragazza. Forza, dillo: una ragazza.

«Persona».

«O-ok».

«Ed è una sorpresa per me. Molto. Perché onestamente mi sono ritrovata a pensarci ogni giorno e non me l'aspettavo proprio, capisci? Quindi sto, tipo, cercando di digerire questa situazione prima di... Sì, prima di fare qualsiasi altra cosa».

Ascolta attento. La sua mascella è contratta, la vedo guizzare ogni tanto nonostante il buio.

«Giusto per evitare figure di merda» risponde «quella persona non sono io, giusto?».

Sorrido, mesta. «Sai, vorrei davvero che fossi tu» ammetto. «Renderebbe tutto molto più semplice».

«Quindi, quell'abbraccio... quell'approccio, dentro...».

«Quella ero io che mi rendevo conto di quanto potrebbe – e dovrebbe – essere bello stare con qualcuno. Qualcuno che magari ti vuole» dico in un sussurro. Poi torno a fissarmi i piedi.

Johnny sospira. «Odio essere una persona d'argento».

«Che?».

«Sì, cioè, quello che arriva sempre secondo. Sono il secondo migliore amico di Simo, dopo Omar. Sono il secondo figlio di mia madre. E ora sono il secondo arrivato anche con te» dice sbuffando, ma con un sorriso. «Dev'essere tipo una maledizione senegalese o che so io. Mia sorella me lo dice sempre che le stregonerie africane mi ammazzeranno, un giorno o l'altro».

Riesce a strapparmi una risata. E quasi mi salgono le lacrime agli occhi. «Vedi? Sarebbe così semplice, con te».

«Proprio non riesci a sforzarti e a fare in modo che anche io ti piaccia?» insiste come un bambino speranzoso. «Neanche un pochino?».

«Ehi, non fraintendermi!» lo tranquillizzo. «Guarda che a me tu piaci. Credo. Solo... Solo che non è bello essere la ruota di scorta, no?».

«Già, no. La ruota di scorta d'argento» bofonchia. «Credi che starebbe bene sulla mia tomba? "Johnathan Ethan: la ruota di scorta d'argento di chiunque l'abbia conosciuto". Come ti pare?».

Ocean EyesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora