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Una volta a casa, penso di non aver mai toccato un punto più basso di questo.

Mi richiudo la porta d'ingresso alle spalle mentre Simo va a sciacquarsi le nocche insanguinate in bagno.

Io devo mangiare. A questo punto è evidente, se non voglio svenire di fronte a mamma o, peggio, papà.

Lo aspetto in cucina. Apro il frigo, ma mi sembra ci sia solo cibo troppo impegnativo per il mio stomaco. Così mi verso un bicchiere di latte di riso e prendo una fetta biscottata dalla credenza.

«Per la cronaca» comincia un po' arrabbiato appena entra. «A Omar e Johnny ho detto che... che la questione riguardava Gaia. Anche se non sono certo che Johnny mi abbia creduto».

Non mi sfugge il modo in cui la voce gli si piega su quel nome. Credo che se io dicessi Carlotta tremerebbe allo stesso modo.

Annuisco a testa bassa. «Grazie. Tu stai bene?».

«Sì... come no».

«Dico davvero».

«Se io non posso chiederlo a te, tu non puoi chiederlo a me».

Be', ci sta. Mi sa che me lo merito.

«Possiamo non dire niente a mamma e papà?» chiedo dopo un po'.

«Della rissa o dello svenimento?».

Mastico piano e mando giù. «Tutt'e due».

Simo sbuffa. È esausto. Si siede di fronte a me e si prende la testa tra le mani. Che stanno ancora sanguinando, quindi gli passo uno Scottex.

«Linda, che devo fare con te?».

Bevo, nella speranza che in gola si materializzino le giuste parole. Glielo devo.

«Io...» comincio. «Oh, cazzo, è così difficile».

Simo mi guarda attento. «Provaci».

Prendo un bel respiro. «Io...» ritento. «Non è successo quello che tu o mamma e papà credete. Giuro, non è successo. Però vorrei tanto tornare indietro e non andare a quella festa».

Mi alzo, prendo del ghiaccio dal congelatore e lo avvolgo in uno straccio da cucina. Poi mi risiedo e glielo appoggio sulle mani. Lui non mi stacca gli occhi di dosso, ma non parla. Forse ha paura che, dicendo la cosa sbagliata, io possa tornare in silenzio stampa.

«Se ti dico cos'è successo» riprendo mentre il sollievo gli rilassa fronte e spalle «prometti che non lo dirai a nessuno?».

«Sì».

«A nessuno? Mai?».

«Ok».

Finisco di bere il latte e di mangiare la fetta biscottata. Lo stomaco un po' protesta, un po' ringrazia.

«Prometti anche che mi verrai a trovare almeno una volta al mese?» insisto, più per prendere tempo che per altro.

«Verrò non appena avrò una giornata libera» mi tranquillizza. «Giuro».

«Ok».

Lui sposta la sua sedia accanto alla mia. Lascia da parte il ghiaccio e mi prende le mani.

«Allora, forza. Vieni qui. Dimmi tutto».

E lo faccio. Gli dico tutto.

Ocean EyesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora